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Cuore. Farmaci beta-bloccanti, dopo infarto non riducono rischio di un secondo attacco e di mortalità nei pazienti meno gravi
Lo dimostra lo studio multicentrico REDUCE-AMI condotto su oltre 5mila pazienti per valutare l’efficacia dei beta-bloccanti, farmaci di routine nel trattamento post-infarto. La ricerca, presentata al congresso dell’American College of Cardiology ad Atlanta è stata  pubblicata sul New England Journal of Medicine
08 APR -

È tempo di ridimensionare l’efficacia dei beta-bloccanti nel trattamento dei pazienti colpiti da infarto del miocardio?
Sembrerebbe proprio di sì, la terapia considerata uno dei pilastri nella cura di eventi cardiovascolari, è stata, infatti, messa in discussione nello studio REDUCE-AMI pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato al congresso dell’American College of Cardiology in corso ad Atlanta, secondo il quale l’uso di questi farmaci non ridurrebbe il rischio di morte o di infarto miocardico nei pazienti colpiti da questa patologia.

“L’utilizzo dei beta-bloccanti nel post infarto è una pratica clinica consolidata – afferma Ciro Indolfi, Past-president della Società Italiana di Cardiologia (Sic) – si tratta di una classe di farmaci che agisce inibendo i recettori beta-adrenergici e inducendo la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. L’efficacia terapeutica di questi farmaci si basa però, ancora oggi, sull’effetto dimostrato in studi clinici datati, condotti prima della diffusione delle attuali tecniche di rivascolarizzazione con lo stent, dell’implementazione sistematica delle statine, della disponibilità di efficaci farmaci per la prevenzione primaria e secondaria e delle moderne terapie antiaggreganti. Da quando questi nuovi trattamenti sono diventati accessibili, il valore della terapia con beta-bloccanti nei pazienti con infarto miocardico, senza insufficienza cardiaca, è stato messo in dubbio, ma fino ad oggi erano disponibili solamente studi osservazionali che fornivano risultati contrastanti”.

“REDUCE-AMI rappresenta, pertanto, il primo studio moderno sui benefici dei beta-bloccanti ed evidenza la mancanza di efficacia di questa terapia nel ridurre il rischio di morte o infarto nei soggetti colpiti da infarto del miocardio, trattati con angioplastica coronarica che hanno una normale contrattilità del cuore”, aggiunge Pasquale Perrone Filardi, Presidente SIC e Direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli.

08 aprile 2024
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