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Intelligenza artificiale migliora performance in terapia intensiva
Dopo la diagnostica, l’intelligenza artificiale potrebbe entrare in modo efficace nella gestione clinica dei pazienti. Ad avanzare questa possibilità è un team della TU Wien, in collaborazione con l’Università di Medicina di Vienna, che ha condotto uno studio basato sull’utilizzo di ampi set di dati provenienti dalle unità di terapia intensiva di vari ospedali. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dal Journal of Clinical Medicine.
17 MAG - I ricercatori della TU Wien, in collaborazione con l’Università di Medicina di Vienna, hanno sviluppato un sistema di intelligenza artificiale che dà suggerimenti per il trattamento delle persone che necessitano di terapia intensiva a causa della sepsi. I dati raccolti a oggi già mostrano che il sistema è in grado di proporre decisioni qualitativamente superiori a quelle degli operatori.

Il sistema di Intelligenza Artificiale messo a punto, “non è un semplice classificatore che separa, per esempio, immagini di tumore da quelle che non lo sono, ma è un sistema che lavora in progressione, prevedendo l’andamento della patologia del paziente”, sottolinea Clemens Heitzinger, della TU Wien.

Il sistema, quindi, prende le decisioni e se l’esito è positivo, viene” ricompensato”, mentre se l’esito è negativo, per esempio se il paziente peggiora o muore, il sistema viene “punito”. ”E’ una forma di apprendimento automatico chiamata apprendimento per rinforzo”, spiega Heitzinger, “Il programma ha il compito di massimizzare la ricompensa virtuale attraverso le sue azioni”

Nello studio il sistema si è dimostrato efficace nell’aumentare i tassi di guarigione dalla sepsi, valutati in termini di mortalità a 90 giorni, con percentuali che sono cresciute del 3%.

“Questo non vuol dire che la decisione debba essere lasciata solo al sistema, ma l’intelligenza artificiale può funzionare come un dispositivo aggiuntivo e il personale medico può consultare il sistema e confrontare la sua valutazione”, concludono gli autori.

Fonte: Journal of Clinical Medicine (2023)
17 maggio 2023
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