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In Italia retribuzione oraria in crescita ma sempre sotto media UE. Da noi si ferma a 29,4 euro l’ora, 10 in meno di Francia e Germania
Nel 2022 un’ora di lavoro nel nostro Paese veniva retribuita mediamente 29,4 euro con un incremento del 2,2% rispetto al 2021. Nell’area euro della UE la media oraria è di 34,3 euro e l’incremento annuo è stato del 4,7%. il costo orario del lavoro più basso registrato in Bulgaria (€ 8,2) e Romania (€ 9,5), e il più alto in Lussemburgo (€ 50,7), Danimarca (€ 46,8) e Belgio (€ 43,5). Il report Eurostat.
21 APR -

Nel 2022, il costo orario medio del lavoro nell'intera economia è stato stimato a 30,5 euro nell'UE e 34,3 euro nella zona euro.

Tuttavia, questa media nasconde notevoli differenze tra gli Stati membri dell'UE, con il costo orario del lavoro più basso registrato in Bulgaria (€ 8,2) e Romania (€ 9,5), e il più alto in Lussemburgo (€ 50,7), Danimarca (€ 46,8) e Belgio (€ 43,5).

In Italia la retribuzione oraria nel 2022 era di 29,4 euro a fronte dei 40,8 della Francia e dei 39,5 euro della Germania.



Lo rileva un nuovo report Eurostat che ha evidenziato anche come, rispetto al 2021, la retribuzione oraria sia aumentata del 5% nell'UE e del 4,7% nell'area dell'euro.

Anche in questo caso gli aumenti sono stati però molto diversi tra un paese e l’altro.

Gli aumenti maggiori sono stati registrati in Lituania (+13,3%), Irlanda (+9,3%) ed Estonia (+9,1%).

In Italia l’incremento si è fermato al 2,2% a fronte del + 3,6% della Francia e del +5,8% della Germania.

Per gli Stati membri dell'UE al di fuori dell'area dell'euro, anche il costo orario del lavoro espresso in valuta nazionale è aumentato in tutti i paesi, con le variazioni maggiori registrate in Bulgaria (+15,3%), Ungheria (+13,9%), Romania (+12,2%) e Polonia (+11,7%). Sono aumentati di meno in Danimarca (+2,3%).



Nel 2022 la maggior parte degli Stati membri dell'UE ha gradualmente eliminato i regimi di sostegno introdotti nel 2020 e prorogati nel 2021 per alleviare l'impatto della pandemia di COVID-19 su imprese e lavoratori. Si trattava principalmente di accordi di lavoro a breve termine e licenziamenti temporanei compensati in tutto o in parte dal governo.

Tali regimi erano generalmente contabilizzati come contributi (o sgravi fiscali) con segno negativo nella componente non salariale del costo del lavoro. Pertanto, la graduale eliminazione dei regimi di sostegno legati al COVID contribuisce positivamente alla crescita del costo orario del lavoro.

21 aprile 2023
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