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Covid. Per la Corte di Giustizia Europea “irricevibile” la domanda pregiudiziale del Tribunale di Padova contro l’obbligo vaccinale
La domanda veniva presentata nell’ambito di una controversia tra una infermiera e l’Aou di Padova, sospesa con effetto immediato e senza diritto alla retribuzione per violazione dell’obbligo di vaccinazione contro il Covid. Per la Corte, pertanto, la domanda è irricevibile perché non soddisfa i requisiti richiesti dal regolamento di  procedura secondo cui la decisione di rinvio deve contenere “l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione”. LA SETENZA
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La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza del 13 luglio 2023, ha dichiarato irricevibile la domanda pregiudiziale del Tribunale ordinario di Padova sull’interpretazione dell’art. 4 del Regolamento (CE) n. 507/2006, nonché degli articoli 3, 35 e 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea con riferimento all’incompatibilità con la normativa europea dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario.

La domanda veniva presentata nell’ambito di una controversia tra una infermiera professionale e l’Azienda Ospedale-Università di Padova, sospesa con effetto immediato e senza diritto alla retribuzione per violazione dell’art. 4 del DL n. 44/2021, per non aver rispettato l'obbligo di vaccinazione contro il Covid-19.

Il giudice del rinvio - tra le varie questioni sollevate – chiedeva alla Corte di accertare se i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata, ai sensi e agli effetti del citato Regolamento (CE) n. 507/2006, potessero essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria anche nei confronti dei sanitari naturalmente immuni a seguito di contagio ovvero se i sanitari medesimi potessero opporsi all’inoculazione, quanto meno fintantoché l’autorità sanitaria deputata avesse escluso in concreto, da un lato, eventuali controindicazioni e dall’altro, che i benefici del vaccino fossero superiori a quelli derivanti da altri farmaci a disposizione, operando l’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La domanda di pronuncia pregiudiziale del Giudice italiano è stata dichiarata irricevibile sulla base delle seguenti considerazioni. In merito alla validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate, per la Corte, il giudice del rinvio si sarebbe limitato ad affermare “di nutrire dubbi quanto alla validità di dette autorizzazioni” senza, tuttavia, approfondire in alcun modo la natura concreta di tali dubbi e, di conseguenza, impedendo “di comprendere sotto quale profilo le autorizzazioni in parola potrebbero, a parere di tale giudice, non essere più valide alla luce dei requisiti derivanti dall’articolo 4 del regolamento n. 507/2006 o dagli articoli 3 e 35 della Carta”.

Sotto altro profilo – rileva la Corte – “ né l’ordinanza di rinvio, né il fascicolo presentato alla Corte consentono di comprendere in che modo il fatto di mettere in discussione la validità delle autorizzazioni condizionate possa incidere sull’esito della controversia di cui al procedimento principale che, in effetti, appare dipendere non già dalla validità delle suddette autorizzazioni, bensì dalla legittimità – contestata da D.M. – dell’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 e delle sanzioni che tale disposizione stabilisce in caso di inosservanza dello stesso”.

Inoltre - per i Giudici europei - il Tribunale del rinvio non ha precisato il collegamento esistente, da un lato, tra il contenuto o l’oggetto di tali autorizzazioni, concesse conformemente all’articolo 4 del regolamento n. 507/2006, e, dall’altro, la configurazione, nel diritto interno, delle condizioni e delle modalità dell’obbligo vaccinale in relazione alla controversia di cui al procedimento principale. Con riferimento alla proporzionalità e ragionevolezza della sospensione, la Corte osserva che “il regolamento non mira segnatamente, in applicazione di detti principi, a definire criteri che consentano di valutare la fondatezza delle misure sanitarie adottate dagli Stati membri per far fronte alla pandemia di COVID-19 qualora esse siano tali da limitare la libera circolazione, come l’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021 di cui al procedimento principale, né ad agevolarne o incoraggiarne l’adozione, dato che il considerando 36 del medesimo regolamento precisa che quest’ultimo «non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati»”.

Per la Corte, pertanto, la domanda è irricevibile – in relazione alle questioni sollevate - perché non soddisfa i requisiti richiesti dal regolamento di procedura secondo cui la decisione di rinvio deve contenere “l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale”.

17 luglio 2023
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