Malattie cardiovascolari. È sempre un’Italia a due velocità. Iss: “Meno morti ma non al Sud. Combattere le disomogeneità di assistenza”
06 GIU - Le malattie cardiovascolari, con oltre 390.000 nuovi ricoveri all’anno (di questi ricoveri, circa l’11% sono attribuibili per infarto e l’8,5% per ictus), rappresentano una delle principali cause di ospedalizzazioni in Italia. Ma se negli ultimi vent’anni si è ridotta di molto la mortalità per malattie cardiovascolari in Italia, tuttavia il calo non è stato uniforme su tutto il territorio nazionale, con le regioni del sud che hanno visto anzi aumentare il divario con quelle del nord, con il risultato che nel Mezzogiorno sono maggiori i ricoveri (ad eccezione per quelli per ictus dopo il 2020) e la mortalità, ma anche il ricorso a cure fuori regione e persino i comportamenti sbagliati dal punto di vista della prevenzione. Lo afferma il secondo rapporto del Gruppo di Lavoro su equità e salute nelle Regioni dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), pubblicato oggi sul sito dell’Iss, che segue quello analogo fatto su alcune patologie tumorali.
“Le variazioni regionali dipendono dalla prevalenza delle condizioni a rischio, dalla disomogeneità dei modelli assistenziali e dalle risorse organizzative presenti nel territorio – spiega in una nota il presidente dell’Iss
Rocco Bellantone -. Ho voluto questo gruppo di lavoro con la speranza che i dati prodotto potranno essere molto utili per elaborare strategie che riescano a mitigare le disparità regionali nell’accesso all’assistenza sanitaria, di gran lunga il problema principale della sanità nel nostro paese”.
Le analisi presentate nel rapporto si basano sulle principali fonti di dati disponibili presso l’Iss, i Sistemi di sorveglianza Passi e Passi d’Argento, l’Italian Health Examination Survey del Progetto Cuore dell’Iss; le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) del Ministero della Salute; i dati di mortalità per causa dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Ecco i risultati principali
RicoveriNegli uomini il tasso italiano di ricovero per infarto acuto del miocardio è sceso da 270,3 nel 2010 a 208,3 nel 2023 diminuendo di circa il 20%, nelle donne si è passati da un tasso pari a 109,2 nel 2010 a 71,5 nel 2023 (-34%). In entrambi i sessi le Regioni del Sud presentano i tassi più alti soprattutto nell’ultimo periodo. Nel 2023 le popolazioni del Centro Italia presentano i tassi più bassi (TSI 200,20 e TSI 66,40 per uomini e donne), seguiti dalle Regioni del Nord (TSI 206,88 e TSI 68, 29), mentre considerando il Sud e Isole il tasso standardizzato è pari a 223,46 negli uomini e 78,29 nelle donne. Concentrandoci sul 2023 la Valle d’Aosta presenta il tasso standardizzato più alto sia per gli uomini sia per le donne; a seguire la Calabria e la Liguria per gli uomini, la Calabria, il Friuli Venezia Giulia e la Sicilia per le donne. L’andamento per l’ictus è meno chiaro e evidenzia tassi più alti nelle regione del nord nell’ultimo periodo. Analizzando i tassi standardizzati dell’ultimo anno i valori più elevati si trovano in Liguria, nella Provincia di Bolzano e in Umbria.
Mobilità regionaleE’ stata inoltre analizzata la mobilità regionale per due interventi cardiovascolari : per l’intervento di bypass aortocoronarico l’analisi della mobilità per macro-aree territoriali mostra livelli contenuti nel Nord del Paese con un trend sostanzialmente stabile su valori intorno al 6%. Le Regioni del Centro fanno registrare un andamento più variabile nel tempo con una tendenza alla crescita a partire dal 2012, il raggiungimento di un picco nell’anno 2016 e una successiva riduzione. Nel Sud comprese le Isole sono presenti livelli di mobilità sempre più elevati rispetto al Nord.
Analizzando le singole Regioni si evidenzia una importante eterogeneità con livelli di mobilità particolarmente elevati in alcune Regioni del Sud (Molise, Calabria e Basilicata) e alcune del Nord (Liguria e Trentino-Alto Adige). “La Regione Calabria – riferisce in particolare l’Iss - presenta tassi molto più elevati rispetto alla media nazionale in tutto il periodo analizzato con un trend in diminuzione fino al 2019 (da 31,9% nel 2010 a 14,6% nel 2019) e una crescita importante iniziata nell’anno pandemico e continuata nei due anni successivi (29,5% nel 2023)”.
Per quanto riguarda gli interventi sulle valvole cardiache si evidenzia come le Regioni del Nord presentino livelli molto inferiori rispetto alla media nazionale in tutto il periodo analizzato, con valori tra il 9 e il 10%. Al contrario le Regioni del Sud mostrano sempre livelli dell’indice di fuga molto più alti rispetto alla media nazionale con un picco che ha raggiunto il 27% nel 2014 e una riduzione negli anni successivi per arrivare negli anni post-pandemia a recuperare i livelli degli anni precedenti.
MortalitàNegli ultimi vent’anni si è osservata una progressiva riduzione della mortalità per malattie del sistema circolatorio: si è passati da un tasso standardizzato pari a 903,70 ogni 100.000 abitanti nel 1980 ad uno pari a 266,28 nel 2021 con una riduzione del 70%, il tasso negli uomini è sceso da 1.099,90 a 316,59 e nelle donne da 783,82 a 228,65. Analizzando l’andamento nelle ripartizioni geografiche: nel Nord per gli uomini il tasso nel 1980 risultava più alto della media mentre nelle donne è sempre risultato inferiore alla media nazionale. Negli uomini del Sud i valori nel 1980 erano leggermente inferiori alla media mentre nel 2021 risultano superiori (362,17), mentre le donne del Meridione hanno sempre presentato un tasso di mortalità per malattie del sistema circolatorio superiore alla media.
Anni di vita persiLe malattie del sistema circolatorio (malattie ischemiche e cerebrovascolari) rappresentano la principale causa di decesso in Italia e in Europa, in termini di anni di vita persi contribuiscono al 20% negli uomini e al 16% nelle donne degli anni persi in totale dalla popolazione. Osservando l’andamento temporale dei tassi si registrano per entrambe le cause di decesso una riduzione costante degli anni di vita persi con valori che restano comunque più alti nel Sud-Isole.
Stili di vitaIn riferimento ai fattori di rischio comportamentali coinvolti nell’insorgenza delle malattie cardiovascolari, i dati non mostrano alcun reale miglioramento dal 2008 ad oggi: ad eccezione del fumo di sigaretta (la quota di fumatori è diminuita dal 30% al 24%, la sedentarietà aumenta dal 23% al 28%, ), l’obesità (43% della popolazione, con il 33% di sovrappeso e il 10% di obesità ) e il consumo di frutta e verdura peggiorano e restano ampi il gradiente geografico, a sfavore del Sud Italia, e le disuguaglianze sociali, a sfavore delle persone con maggiori difficoltà economiche o bassa istruzione.
L’analisi sull’andamento dei fattori di rischio fisiologici e bio-chimici evidenzia, sia per gli uomini che per le donne, una diminuzione significativa della prevalenza di pressione elevata e di ipertensione non diagnosticata ma con differenze legate alla geografia e alla condizione sociale.
Combattere le diseguaglianze regionali“Così come visto nel precedente rapporto riguardante i tumori della mammella e del colon-retto – si legge nel Rapporto - emerge uno svantaggio sia in termini di distribuzione dei fattori di rischio che in termini di outcome (ospedalizzazione e mortalità) riguardante le Regioni del Meridione. Tali differenze sono da imputarsi in primis ad una non equa distribuzione dei determinanti socioeconomici che è da sempre presente nel nostro Paese e che emerge chiaramente nella composizione dei fattori di rischio indagati. Tuttavia, alle differenze geografiche contribuisce anche l’organizzazione sanitaria delle Regioni. Significativo in questo senso è il dato relativo alla migrazione sanitaria, fenomeno che interessa in maniera significativamente più elevata le Regioni del Sud. Non si può pertanto prescindere da interventi che tengano conto anche dei determinanti socioeconomici distribuiti in maniera disuguale nel nostro Paese”.
Per ridurre le diseguaglianze nella prevenzione e trattamento delle malattie cardiovascolari, spiega inoltre l’Iss, “occorre anzitutto migliorare l’alfabetizzazione sanitaria, a cominciare dall’età scolare. È dunque rilevante inserire contenuti relativi alla promozione della salute all’interno dei piani didattici delle scuole”. Occorre inoltre “promuovere programmi di promozione della salute, contrasto ai comportamenti a rischio, promozione e supporto al cambiamento verso comportamenti più salutari. In concomitanza con definizione di questi programmi di screening, occorre potenziare la comunicazione diretta al cittadino, favorendo un uso consapevole degli strumenti di prevenzione e cura a disposizione a sua disposizione. Occorre inoltre promuovere un approccio integrato che miri al contrasto delle disuguaglianze osservate in termini territoriali, con il prerequisito condiviso da tutti gli attori del Servizio Sanitari Nazionale ai diversi livelli organizzativo-istituzionali coinvolti, di mirare al miglioramento del sistema di diagnosi, presa in carico e cura, non solo sulla base della patologia ma anche tenendo appunto conto del concetto di equità”.
Infine, “va sottolineata l’importanza di dati di alta qualità che sono fondamentali per orientare le future strategie politiche”, spiega l’Iss ribadendo che “in Italia, il rafforzamento della raccolta primaria di dati e dei sistemi di monitoraggio è essenziale per generare prove scientifiche affidabili a supporto di politiche efficaci”.