Un’epidemia di difterite, malattia infettiva considerata rara in Europa, ha colpito duramente alcuni Paesi europei nel 2022, interessando soprattutto migranti recentemente giunti nel continente. I nuovi dati genetici pubblicati sul New England Journal of Medicine confermano che i batteri responsabili dell’epidemia si sono diffusi lungo le rotte migratorie dirette in Europa. E sebbene l’ondata sia stata contenuta entro la fine del 2022 grazie a misure sanitarie tempestive, i dati del 2025 segnalano la presenza continua degli stessi ceppi in nuovi casi, ora rilevati anche tra persone senzatetto e altri gruppi vulnerabili.
La difterite, prevenibile con un vaccino sicuro ed efficace, è oggi rara grazie alle campagne di immunizzazione di massa. Tra il 2016 e il 2020, nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo si contavano in media 27 casi all’anno. Ma nel 2022 i casi sono schizzati a 320, con dieci decessi registrati fino al 2025, in particolare tra chi aveva sviluppato la forma respiratoria della malattia, la più pericolosa. La maggior parte dei casi del 2022 si presentava invece nella forma cutanea. In quell’anno, l’epidemia ha riguardato quasi esclusivamente migranti appena arrivati, ospitati in centri di accoglienza o in sistemazioni temporanee. Le misure di sanità pubblica – tracciamento dei contatti, sensibilizzazione dei medici e screening attivi – hanno consentito di contenere il focolaio entro la fine del 2022.
Nella nuova pubblicazione, un consorzio europeo guidato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha analizzato 363 isolati batterici prelevati in dieci Paesi europei durante l’epidemia del 2022. L’analisi genomica ha rivelato un’elevata similarità genetica tra i ceppi, dominati da quattro genotipi principali, e ha confermato che la trasmissione del batterio è avvenuta lungo il tragitto migratorio, probabilmente in condizioni igienico-sanitarie precarie. “Le nostre analisi dimostrano che i ceppi erano strettamente correlati tra loro e diffusi in diversi Paesi europei. Questo indica che le persone si sono infettate durante il viaggio, non nei Paesi d’origine”, spiega Andreas Hoefer, microbiologo dell’ECDC e coautore dello studio.
L’indagine ha incluso anche dati su 169 casi del 2023 provenienti da sei Paesi, evidenziando che la trasmissione del batterio non si è limitata ai migranti. I nuovi contagi hanno interessato persone senza fissa dimora e soggetti con fragilità sociali, come tossicodipendenti. I genotipi batterici riscontrati erano gli stessi del 2022, a conferma della persistenza dei ceppi epidemici. Secondo gli esperti, la situazione impone la massima vigilanza: “Non conosciamo ancora l’estensione esatta della circolazione né il punto preciso d’infezione. Per questo è fondamentale che il personale sanitario e i decisori pubblici restino all’erta”, sottolinea Hoefer. “La difterite può presentarsi in forme molto varie, ma le complicanze respiratorie delle infezioni tossinogeniche possono essere letali”, aggiunge il Prof. Adrian Egli, direttore dell’Istituto di microbiologia medica dell’Università di Zurigo e coautore senior dello studio.
Nel 2023 l’ECDC ha rafforzato la sorveglianza epidemiologica, pubblicando valutazioni rapide del rischio e aggiornamenti mirati per contenere nuovi focolai. Ma il lavoro è tutt’altro che concluso: il rischio che la difterite si stabilisca in nuove nicchie epidemiologiche in Europa è concreto, specialmente in contesti dove la vaccinazione non è sistematicamente garantita. L’epidemia di difterite del 2022, inizialmente confinata ai migranti in arrivo, si sta lentamente espandendo ad altri gruppi fragili. La sorveglianza genomica ha permesso di comprendere meglio i meccanismi di diffusione, ma la prevenzione passa anche da una risposta solidale e strutturata che garantisca vaccinazioni, accesso alle cure e dignità sociale a chi è più esposto.