06 DIC - “Non desta purtroppo meraviglia la fuga dalla sanità pubblica denunciata nel 53° Rapporto CENSIS, con gli italiani costretti a rivolgersi sempre di più alle strutture sanitarie private, spesso a causa delle lunghe liste di attesa. Così come non desta meraviglia il costante incremento dell’aumento dell’out of pocket in un contesto nazionale che vede sempre più ridotta la sostenibilità del nostro SSN. Le motivazioni stanno tutte nella ridotta offerta sanitaria, legata alla progressiva riduzione di risorse umane e in particolare di medici specialisti, e al sottofinanziamento del SSN e in particolare dei LEA, questi ultimi finanziati solo per il 50%, (800 milioni l’anno contro un fabbisogno di 1,6 mld)”.
Sono queste le prime considerazioni di
Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED.
“La difficoltà nell’assicurare le prestazioni sanitarie nei tempi previsti e l’allungamento dei tempi di attesa, genera sfiducia da parte dei cittadini e fuga verso il privato; ed ecco che i fondi integrativi si trasformano in sostitutivi poiché gli iscritti ai vari Fondi, non riuscendo ad avere risposte concrete in termini di accesso alle cure per effetto dei lunghi tempi di attesa, chiedono sempre maggior sostegno agli stessi Fondi facendo aumentare i rischi in termini di esposizione economica. Il cortocircuito porta anche alla sfiducia da parte dei medici dipendenti, sempre più incentivati ad uscire dal SSN per una complessa serie di motivazioni ad iniziare dalle attuali condizioni di lavoro, dalla esposizione alle aggressioni fino alla demotivazione derivante dal recente contratto di lavoro, fortemente penalizzante sia in termini economici che giuridici”, continua Quici.
CIMO-FESMED sottolinea inoltre che la futura Legge di Bilancio sembra mettere a disposizione "solo apparentemente" maggiori risorse (2 mld.) e che il nuovo Patto per la salute "è strettamente correlato alla pianificazione del triennio 2019-2021". "Tuttavia sottolinea il sindacato - lo stesso finanziamento non tiene conto di alcune dinamiche che sono intervenute di recente, ovvero la necessità di maggiori impegni economici derivanti dai rinnovi contrattuali e dall’assunzione di personale".
"Infatti - prosegue la nota - tenuto conto della possibilità di assumere personale sanitario entro un tetto di spesa del 15% (300 mln), dell’abolizione del superticket (-60 mln), dell’incremento della spesa sanitaria privata del 2% (160 mln), della riduzione dei tempi di attesa per il 2020 (100 mln), dei rinnovi contrattuali appena intervenuti (circa 1300 mln per il 2019 CCNL 2016-18), dei futuri rinnovi contrattuali del 1,3% - 2019 e 1,9% - 2020 (565 mln e 697 mln), ad invarianza di attività emerge un fabbisogno aggiuntivo per la sanità pubblica di almeno 3,5 miliardi".
“Anche se fosse in parte compensato dal pay back, non cambia in ogni caso l’offerta sanitaria, non cambia il sostegno alle cronicità e alla prevenzione, non cambierà la percezione dei cittadini e dei medici dipendenti e la fuga dal SSN difficilmente si arresterà. A questo hanno portato anni di disinvestimento dalla sanità pubblica e la mancanza di una programmazione seria da parte delle Regioni”, conclude il Presidente della Federazione sindacale.