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In Italia oltre 1,2 milioni di bambini in povertà assoluta. Sono tre volte in più rispetto a dieci anni fa. Il rapporto di Save the Children
Bambini senza un’alimentazione adeguata né una casa: circa 500mila sotto i 15 anni non consumano regolarmente pasti proteici e 280mila sono costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. In caduta libera il numero delle nascite. I dati del X Atlante dell’infanzia a rischio diffuso in dieci città in occasione della campagna “Illuminiamo il futuro”. IL RAPPORTO.
21 OTT - In Italia oltre 1,2 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, un dato che nel corso degli ultimi 10 anni è triplicato, passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Un record negativo tra i Paesi europei che ha visto un peggioramento negli anni più duri della crisi economica, tra il 2011 e il 2014, quando il tasso passa dal 5% al 10%. In termini assoluti i numeri sono ancora più impressionanti: nel 2008 i minori in questa condizione erano circa 375mila, nel 2014 già sfioravano 1mln200mila. Oggi sono 1,26 milioni (563mila nel mezzogiorno, 508mila a nord e 192mila al Centro). Un trend che non cambia nemmeno per quei bambini e adolescenti che sono entrati a far parte della schiera della “povertà relativa”, che nel 2008 erano 1.268.000 e che a dieci anni di distanza sono diventati 2.192.000.

Fortissimi i divari territoriali, che emergono soprattutto nell’analisi dell’indicatore della povertà relativa: se in Emilia Romagna e Liguria poco più di un bambino su 10 vive in famiglie con un livello di spesa molto inferiore rispetto alla media nazionale, questa condizione peggiora in regioni del Mezzogiorno come la Campania (37,5%) e la Calabria (43%).
 
È questa la fotografia dettagliata e impietosa della condizione dei bambini e adolescenti scattata dal X Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, diffuso in 10 città, in occasione del rilancio della campagna “Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa.
 
“Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro – spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children – Un paese ‘vietato ai minori’, che negli ultimi dieci anni ha perso di vista il suo patrimonio più importante: i bambini. Impoveriti, fuori dall’interesse delle politiche pubbliche, costretti a studiare in scuole non sicure e lontani dalle possibilità degli altri coetanei europei. Ma che non si arrendono, che hanno trovato il coraggio di chiedere a gran voce che vengano rispettati i loro diritti, che gli adulti lascino loro un pianeta pulito e un ambiente di vita dove poter crescere ed esprimersi.  Chiediamo un forte segnale di inversione di rotta, per affrontare quella che è una vera e propria emergenza. Ci auguriamo – prosegue Neri – che il Presidente del Consiglio che nel suo discorso di insediamento ha voluto raccogliere l’appello lanciato da Save the Children per garantire ai bambini e alle bambine l’accesso all’asilo nido, nella prossima legge di bilancio sappia dare seguito concreto a quanto annunciato, a partire dalle aree del paese dove maggiormente si concentra la povertà minorile.”
 
La povertà si manifesta nella mancanza di beni essenziali, lo stretto indispensabile per una vita dignitosa: un’alimentazione e un’abitazione adeguata. Sono circa 500mila i bambini e ragazzi sotto il 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280mila sono costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. Nel 2018, 453mila bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari. La povertà dei minori si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti: in un paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14% dei minori ha patito condizione di grave disagio abitativo.
 
La denatalità e i “nuovi italiani”: nascono sempre meno bambini e sempre di più sono quelli di seconda generazione. La crisi economica ha avuto un impatto anche sull’aumento della denatalità. Nel 2008, in Italia i minori rappresentavano il 17.1% della popolazione residente, mentre nel 2018 sono ridotti al 16.2%. Un fenomeno che si è sviluppato in maniera non uniforme, ma che si è concentrato in particolare nel sud e nelle isole – che hanno perso 1 minore ogni 10 – e che al centro e al nord è stato meno incisivo per la presenza delle famiglie straniere. In Italia nascono pochi bambini e hanno in media genitori più anziani rispetto al passato: il percorso che consente di diventare genitori è sempre più lungo e complesso, anche in considerazione delle difficoltà per i più giovani di raggiungere l’autonomia necessaria per sostenere un nuovo nucleo familiare.
 
A compensare solo parzialmente questo fenomeno, la crescita del numero di bambini e ragazzi di origine straniera presenti nel nostro Paese: nel 2008 erano poco più di 700mila e a dieci anni di distanza sono oltre un milione. Oggi più di un residente minorenne su 10 in Italia ha la cittadinanza straniera. “A loro – sottolinea Save the Children - infatti, una legge obsoleta e tra le più restrittive in Europa, continua a riconoscere la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del 18esimo anno di età”.
 
 
La spesa sociale per l’infanzia: bassa e ingiusta, negli anni ha aggravato le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche. In un paese impoverito, in cui si fanno sempre meno figli e in cui il tema dell’integrazione dei “nuovi italiani” diventa sempre più urgente, l’Italia continua a non avere un Piano strategico per l’infanzia dotato di adeguati investimenti. L’Italia resta uno dei paesi europei che investe meno nell’infanzia, con divari tra le diverse regioni nel reale accesso ai servizi per i bambini e le loro famiglie. Basti pensare che a fronte di una spesa sociale media annua per l’area famiglia e minori di 172 euro pro capite per interventi da parte dei comuni, la Calabria si attesta sui 26 euro e l’Emilia Romagna a 316. Un divario che penalizza il Sud e in particolare tutte quelle aree che sono state colpite dalla mancata definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Lep) previsti dalla riforma del Titolo V della Costituzione. In mancanza di un intervento di riequilibrio da parte dello Stato centrale, i divari territoriali e regionali sono cresciuti, piuttosto che diminuire, nel corso degli anni. 
 
Scuole senza investimenti, sempre più insicure e in cui gli abbandoni restano alti. La spending review ha colpito pesantemente anche tutto il sistema dell’istruzione, contribuendo ad alimentare dispersione, fallimento scolastico e nuove povertà di futuro tra i più giovani. Secondo i dati Ocse, l’Italia spende per l’istruzione e l’università circa il 3,6% del Pil, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media dei paesi Ocse, pari al 5%.
 
 
Povertà educativa: aumentano i “disconnessi culturali” e aumentano gli “iperconnessi” alla Rete. In un paese in cui si è disinvestito sulle politiche sociali e sull’infanzia, la povertà educativa è una piaga in crescita. Basti prendere in considerazione alcuni indicatori: quasi un minore su 2 non legge un libro oltre a quelli scolastici durante l’anno, con profondi divari regionali, che vedono Campania (il 64,1%), Calabria (65,9%) e Sicilia agli ultimi posti (68,7%). E se nel 2008 i “non lettori” erano il 44,7%, questa percentuale è salita dopo dieci anni al 47,3%. Nel suo complesso la deprivazione culturale nei minori, pur leggermente attenuata, resta un tema di allarme: nel corso dell’ultimo decennio la quota dei “disconnessi culturali”[1] è diminuita di 4 punti, ma i minori che non svolgono sufficienti attività culturali restano ancora 7 su 10, con i consueti divari tra le regioni.
 
Anche lo sport resta per molti un privilegio: in Italia circa un minore su 5 (tra i 6 e i 17 anni) non pratica sport e il 15% svolge solo qualche attività fisica. Alcuni passi in avanti si sono visti su questo fronte negli ultimi dieci anni: se nel 2008 il 21,8% dei minori era “sedentario”, nel 2018 questo dato scende a 17,9%. Come al solito ampi i divari tra le regioni, ma con il Centro e il Sud che migliorano la loro condizione nel decennio.
 
Bambini che vivono in un ambiente sempre più cementificato. L’impoverimento materiale ed educativo dei bambini in Italia, si accompagna anche ad un impoverimento “ambientale”. Mentre il dibattito mondiale si accende sull’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta, i bambini e adolescenti italiani crescono in un paese in cui c’è sempre meno verde, con un aumento di 30mila ettari di territorio cementificato dal 2012 al 2018. Il 37% di dei minori si concentra in 14 grandi aree metropolitane, in ambienti non propriamente a misura di bambino, e in 1 città su 10 non si raggiunge la dotazione minima di verde pubblico di 9 metri quadri per abitante prevista dalla legge. Il fatto che ben il 44% dei bambini ed adolescenti italiani vada a scuola in macchina non stupisce, soprattutto se si considera che il rapporto tra ogni neonato che nasce in Italia e le macchine immatricolate nello stesso anno è di 1 a 4.
 
La campagna di Save the Children e la petizione contro i luoghi “vietati ai minori”. In occasione della sua campagna “Illuminiamo il futuro”, Save The Children ha voluto rilanciare una petizione per recuperare spazi abbandonati e restituirli a bambini e ragazzi affinché possano essere destinati ad attività dedicate a loro e scuole sicure. Una campagna e una petizione sulla scia di quella già lanciata lo scorso anno, in cui l’Organizzazione aveva scelto 10 luoghi simbolici da restituire ai minori e che quest’anno ne aggiunge di nuovi, portandoli a 16.
21 ottobre 2019
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