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L'effetto dei trasferimenti sociali (pensioni escluse) sulla riduzione della povertà. Analisi Eurostat
Per celebrare l’anno del Pilastro europeo dei diritti sociali, Eurostat analizza uno degli indicatori chiave per la protezione sociale e l'inclusione: l'incidenza con la quale i trasferimenti sociali riducono il numero di persone a rischio di povertà. E l’Italia è tra i fanalini di coda (terzultima con una riduzione del 19,4%) dei paesi della Ue 28. IL PILASTRO EUROPEO DEI DIRITTI SOCIALI,
13 NOV - È passato un anno da quando che i leader europei hanno proclamato il Pilastro europeo dei diritti sociali , che si concentra sulle pari opportunità e sull'accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque;  protezione sociale e inclusione. 

E l’Italia è tra i fanalini di coda (terzultima con una riduzione del 19,4%) dei paesi della Ue 28 che sono riusciti a ridurre il numero di persone a rischio di povertà grazie ai trasferimenti sociali.

Per celebrare l’anno del Pilastro europeo dei diritti sociali, Eurostat analizza uno degli indicatori chiave per la protezione sociale e l'inclusione: la misura in cui i trasferimenti sociali (le pensioni di vecchiaia e superstiti che però non sono state considerate nel calcolo Eurostat; l’indennità di disoccupazione; i benefici per la famiglia; i benefici per malattia e invalidità; i benefici relativi all'istruzione; l’indennità di alloggio; l’assistenza sociale; altri benefici) riducono il numero di persone a rischio di povertà.

Il tasso di rischio di povertà è la quota di persone con un reddito disponibile equivalente (dopo il trasferimento sociale) al di sotto della soglia di rischio di povertà, che è fissata al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale dopo il reddito sociale trasferimenti. Questo indicatore, spiega Eurostat, non misura ricchezza o povertà, ma reddito basso rispetto ad altri residenti in quel paese, il che non implica necessariamente un basso tenore di vita.

Si stima che nel 2017 i trasferimenti sociali abbiano comportato una riduzione di quasi un terzo (32,4%) del numero di persone classificate come " a rischio di povertà " all'interno dell'Unione europea. A parte il 2013, questa cifra è diminuita in ogni anno dal 2010, quando era del 36,8%. Le pensioni non sono considerate come trasferimenti sociali in questi calcoli.
 

 
E ci sono 16 nazioni che hanno fatto meglio della media Ue, ma 12 che hanno fatto peggio.

La misura in cui i trasferimenti sociali riducono il numero di persone a rischio di povertà varia tra gli Stati membri dell'Ue. Nel 2017 c'erano due Stati membri in cui il numero di persone a rischio di povertà era più che dimezzato grazie ai trasferimenti sociali: Finlandia (riduzione del 57%) e Danimarca (51%) (il dato dell’Irlanda – 52,2% è riferito al 2016). In nove Stati membri la riduzione è stata inferiore al 25% e di queste le riduzioni minori si sono registrate in Grecia (16%) e Romania (17%).


 

In realtà nell’ultimo anno sono solo quattro (Finlandia, Polonia, Cipro e Grecia) ad aver migliorato la percentuale di miglioramento del tasso di povertà da parte dei trasferimenti sociali. Tutte le altre sono andate peggio con punte che sfiorano il -15% in Lussemburgo e sono comunque superiori al 10% in Ungheria, Pesi Bassi, Slovacchia e Lituania.

In Italia la riduzione è stata abbastanza contenuta (-1,7%) anche se tuttavia il paese non si è mai discostato negli anni da una percentuale compresa tra il 21,7 e il 19,4%, il valore peggiore registrato proprio nel 2017.

 
   
 
13 novembre 2018
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