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Cure all’estero 2015-17. Un flop: vi ricorrono solo 280mila europei l’anno, con una spesa pari allo 0,004% dei budget sanitari Ue. Nel triennio solo 35mila le richieste di rimborso degli italiani
L’analisi dei flussi di pazienti che viaggiano per motivi sanitari dopo aver ricevuto l’autorizzazione preventiva rivela che il flusso più consistente è stato quello proveniente dalla Francia verso la Spagna. Nei casi in cui l’autorizzazione non era richiesta, il flusso più consistente è stato quello dalla Francia verso la Germania. Gli italiani per i quali risulta una richiesta di rimborso per cure all'estero sono stati 35mila nei tre anni osservati dal report. IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE UE - I DOCUMENTI ALLEGATI.
22 SET - Cure transfrontaliere: la Commissione europea fa il punto sulle cure autorizzate e quelle eseguite senza autorizzazione nel 2017.

Poche le richieste: le autorizzazioni preventive rilasciate nel 2015 (ultimo anno di cui la Commissione fornisce il dato specifico) sono state 55mila (ma il report sottolinea che sono in aumento negli anni successivi e che nel 2017 sono più che raddoppiate).
 
A queste si aggiungono le prestazioni autorizzate non soggette ad autorizzazione preventiva: nel 2015 sono state accolte in totale 180.704 richieste in 19 Stati membri e in Norvegia; nel 2016 sono state accolte 209.568 richieste in 22 Stati membri e nel 2017 sono state accolte in totale 194.292 richieste in 20 Stati membri.
 
Complessivamente, quindi, si possono stimare annualmente circa 280 mila richieste l'anno di cure all'estero autorizzate (preventive e non) nel periodo di riferimento del report (ndr. per realizzare questa stima abbiamo sommato i dati del triennio relativi alle richieste autorizzate senza autorizzazione preventiva con quelle con autorizzazione preventiva. Per queste ultime, di cui il report dà solo il dato 2015, abbiamo ipotizzato, seguendo quanto scritto nel report sulla tendenza, che le autorizzazioni preventive siano state circa 85mila nel 2016 e circa 120mila nel 2017).

Basse anche le spese. Secondo la Commissione Ue nel 2016 sono stati spesi in tutto 65 milioni di euro, lo 0,004% del bilancio della spesa sanitaria complessiva dell’Ue.

L’Italia è a mezza classifica sia dal punto di vista delle uscite dal paese (quindi Italiani che vanno a curarsi all’estero), sia da quello delle entrate, ma è anche uno dei paesi che non ha praticamente fornito dati numerici certi alla Commissione Ue, si sa solo che le richieste di pagamento ricevute nei tre anni oggetto del rapporto sono state poco più di 35mila, di cui 20mila vengono dalla Francia.

Le classifiche
Per quanto riguarda le cure soggette ad autorizzazione preventiva (AP) , le mappe dei flussi e i dati grezzi, dimostrano che la maggior parte dei pazienti si sposta dalla Francia verso altri paesi e che la mobilità principale di queste è verso la Spagna e dalla Francia verso la Germania.

Nel 2015 e 2017, quando la Francia non è stata in grado di fornire dati sulla mobilità dei pazienti con AP, i flussi più frequenti in termini di mobilità dei pazienti hanno incluso quelli dal Lussemburgo verso la Germania e dall’Irlanda verso il Regno Unito.

Per le cure non soggette all’autorizzazione preventiva sempre la Francia è il paese con il maggior numero di pazienti che si recano all’estero per ottenere assistenza sanitaria, soprattutto in tre paesi: Spagna, Portogallo e Belgio in tutti e tre gli anni considerati.

Dopo i flussi dei pazienti francesi, i casi più frequenti di mobilità dei pazienti sono stati quelli dalla Danimarca verso la Germania, seguiti da quelli delle Polonia verso la Repubblica ceca e dalla Norvegia verso la Spagna.

I dati aggiuntivi forniti dalla Danimarca rivelano che gran parte di questa mobilità dei pazienti è finalizzata a cure odontoiatriche.

La classifica della mobilità dei pazienti che hanno usufruito delle cure all’estero con autorizzazione è, per paese di provenienza, guidata dalla la Francia, seguita rispettivamente da Irlanda, Lussemburgo, Slovacchia, Regno Unito, Italia, Belgio, Danimarca, Spagna, Cipro, Grecia, Bulgaria, Islanda, Slovenia, Croazia, Malta, Romania, Austria, Polonia, Portogallo. 

Quella invece dei “riceventi” di questo tipo di esodo sanitario autorizzato, dove i pazienti con autorizzazione vanno cioè a farsi curare di preferenza, ha al primo posto la Germania, paese più gettonato, seguita da Spagna, Repubblica Ceca, Regno Unito, Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Francia, Austria, Portogallo, Lituania, Italia, Grecia, Cipro, Paesi Bassi, Ungheria, Lettonia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Croazia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Bulgaria, Estonia, Islanda, Malta, Norvegia.

Dall’Italia quindi con l’autorizzazione non escono un gran numero di pazienti rispetto ad altri paesi, ma l’Italia non è nemmeno uno dei paesi di prima scelta di chi cerca cure all’estero, posizionandosi solo al tredicesimo posto tra le destinazioni degli autorizzati.

Ci sono poi i pazienti che si curano all’estero senza bisogno di autorizzazione preventiva.
Tra i paesi di provenienza (quelli cioè da cui i pazienti se ne vanno) c’è ancora al primo posto la Francia, seguita questa volta da Danimarca, Polonia, Norvegia, Finlandia, Slovacchia, Svezia, Belgio, Slovenia, Regno Unito, Irlanda, Repubblica ceca, Romania, Croazia, Italia, Estonia, Lituania, Grecia, Islanda, Lettonia, Spagna, Austria, Bulgaria, Malta, Portogallo. 

I paesi riceventi di questi pazienti sono nell’ordine Spagna, Portogallo, Belgio, Germania, Repubblica ceca, Lussemburgo, Italia, Polonia, Estonia, Svezia, Grecia, Ungheria, Austria, Paesi Bassi, Regno Unito, Croazia, Francia, Romania, Bulgaria, Finlandia, Danimarca, Lituania, Irlanda, Cipro, Malta, Norvegia, Slovenia, Lettonia, Slovacchia, Islanda.

Per autorizzazione preventiva si intende, spiega la Commissione, la previsione della direttiva che gli Stati membri possano subordinare ad autorizzazione preventiva il rimborso dei costi dell’assistenza sanitaria ricevuta in un altro Stato membro.

“Un ricorso eccessivo a tale opzione – commenta il report - non rientra affatto nello spirito della norma, in quanto sarebbe considerato una restrizione alla libera circolazione dei servizi . Attualmente, sei Stati membri e la Norvegia non dispongono di un sistema di autorizzazione preventiva; in tal modo, i pazienti hanno libertà di scelta e si riducono gli oneri amministrativi”.

Comunque, spiega ancora la Commissione, gli Stati membri possono subordinare ad autorizzazione preventiva il rimborso dei costi dell’assistenza sanitaria transfrontaliera se questo è “necessario e ragionevole”, ma il sistema “deve essere basato su criteri oggettivi e non discriminatori”.

La direttiva accetta l’autorizzazione preventiva per l’assistenza sanitaria se comporta il ricovero per almeno una notte o richiede l’utilizzo di un’infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose.

I dati finanziari
Il 2016 (ossia l’anno per cui sono disponibili i dati più completi) è l’anno di esempio utilizzato dalla Commissione per il livello di rimborsi effettuati per l’assistenza in base alla direttiva.

Sulla base delle risposte fornite dagli Stati membri, nel 2016 in tutti i paesi dell’Ue sono stati spesi complessivamente circa 65.000.000 euro per l’assistenza con e senza AP.

Considerando che la relazione Health at a Glance (Uno sguardo alla sanità) dell’OCSE per il 2017 stima che nei paesi dell’Ue la spesa media per l’assistenza sanitaria ammonta al 10% del PIL, e che secondo Eurostat il PIL dell’Ue nel 2017 è stato di 15.300 miliardi di euro, la spesa per l’assistenza sanitaria transfrontaliera sostenuta nell’Ue in base alla direttiva può essere stimata nello 0,004% del bilancio annuale per la sanità a livello dell’Unione.

La Commissione però sottolinea che si tratta di dati estremamente schematici. Tuttavia, se esaminati insieme a quelli relativi al costo dell’assistenza sanitaria transfrontaliera a norma dei regolamenti (circa lo 0,1%), è evidente, sottolinea la Commissione, che gran parte dei bilanci per la sanità viene spesa in ambito nazionale.

“Poiché i dati sono rimasti modesti e stabili nel corso degli anni – è il commento del report -  l’impatto prodotto sui bilanci nazionali per la sanità dai pazienti che desiderano accedere all’assistenza sanitaria transfrontaliera risulta marginale.Tale constatazione vale per tutti i paesi, indipendentemente dal fatto che abbiano introdotto o meno il sistema dell’autorizzazione preventiva”.
 
Analisi di sintesi dei flussi della migrazione sanitaria all'estero
Dai dati sulla direzione dei flussi dei pazienti (con o senza autorizzazione preventiva) emergono due tendenze significative. La prima è che negli ultimi tre anni la mobilità dei pazienti si è diretta, per la maggior parte, verso paesi confinanti. Ciò suggerirebbe che, nel complesso, i pazienti preferiscono ricevere assistenza sanitaria vicino casa, se possibile, e che, se decidono di recarsi all’estero, privilegiano gli spostamenti in un paese confinante. La seconda tendenza risulta dall’andamento complessivo delle mappe dei flussi riportate nell’allegato.
 
Se circa la metà della mobilità dei pazienti riguarda i flussi dalla Francia verso i paesi confinanti, l’altra metà dei flussi consta di numeri esigui di pazienti che si recano nei vari paesi dell’UE per ricevere assistenza – sia in paesi confinanti sia in quelli più lontani.
 
Ciò suggerirebbe che, mentre il 50% della mobilità dei pazienti può essere dovuta ad aspetti legati alla prossimità, ed eventualmente anche a collaborazioni tra medici di regioni confinanti, una parte molto considerevole della suddetta mobilità può anche riflettere il desiderio di ricevere assistenza sanitaria in un luogo liberamente scelto.
 
Questa scelta può essere motivata dal desiderio di farsi curare nel paese in cui si è nati (una sorta di “ritorno a casa”), o di avvicinare un familiare a un luogo in cui possa essere assistito da un parente, o ancora di avvalersi di competenze non disponibili nel proprio paese di origine.
22 settembre 2018
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