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Allarme dei pediatri: “In 3 anni triplicati casi di adescamento online di bambini e adolescenti”. “Non sottovalutare naturale ingenuità dei figli”
I casi di cyberbullismo e di dipendenza dalla tecnologia tra bambini e adolescenti sono in aumento. Il 30% dei piccoli con meno di due anni ha già avuto un primo contatto con un smartphone. Nove anni è l'età del primo profilo social. I casi di adescamento online sono triplicati in 3 anni. Ma, oltre alle insidie, la rete nasconde anche storie a lieto fine come quella “del bambino autistico che ha scoperto il mondo”. Di questo e di tutti i dati del fenomeno si parla oggi a Milano al sesto Convegno nazionale SiMPeF, il Sindacato medici pediatri di famiglia.
21 OTT - Hanno da poco imparato a camminare, forse ancora con qualche problema di equilibrio, non sono in grado di pronunciare un’intera frase di senso compiuto, eppure, già interagiscono con uno schermo touch, come quelli dei più comuni smartphone. Tre bambini su dieci, con un’età compresa tra i 18 e i 24 mesi, hanno già avuto modo di utilizzare questi strumenti tecnologici. È solo uno dei dati dell’Osservatorio nazionale adolescenza, che ha spinto i pediatri a lanciare l’allarme: “i casi di cyberbullismo e di dipendenza dalla tecnologia tra bambini e adolescenti sono in aumento”.
 
L’analisi del fenomeno sarà uno degli argomento al centro del sesto Convegno nazionale SiMPeF, il Sindacato medici pediatri di famiglia, in programma oggi a Milano.
 
I dati dell’Osservatorio nazionale adolescenza 
I ragazzini e gli adolescenti sono sempre più iperconnessi. Con il trascorrere degli anni e l’evolversi della tecnologia, si abbassa vertiginosamente l’età di utilizzo. Oggi il 98 per cento dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale. Tra i ragazzini della fascia 11-13 anni, l’età media di utilizzo della tecnologia informatica è scesa di un anno per quanto riguarda l’uso del primo cellulare, l’accesso a internet e l’apertura del primo profilo social che si aggira intorno ai 9 anni, rispetto a 4-5 anni fa.
 
“Il fenomeno, di per sé non deve preoccupare, sta nella normale evoluzione delle cose - ha detto Rinaldo Missaglia, Segretario generale SiMPeF - Certo è che deve cambiare l’attenzione che i genitori dedicano ai propri figli, circa l’accesso alle tecnologie. Infatti, l’evoluzione tecnologica porta con sé una serie di problematiche e pericoli che hanno come bersaglio i più giovani, facili prede per la naturale ingenuità di questa età. I genitori devono essere consapevoli che quando il proprio bambino o bambina usa un cellulare o un computer può andare su Internet, accedere alle chat, rischiare incontri potenzialmente pericolosi”.
 
“Al di là dei chiari problemi di bambini e adolescenti che subiscono abusi, cresce il disagio psicologico e questo lo misuriamo nel crescente numero di casi che vediamo nei nostri ambulatori - ha aggiunto Monica de Angelis, Direttore scientifico del Dipartimento formazione SiMPeF - Per questo, abbiamo deciso di dedicare una delle sessioni principali del nostro convegno nazionale al tema cyberbullismo e dipendenza dalla tecnologia. Con l’obiettivo, grazie al supporto dei colleghi psichiatri infantili e agli insegnamenti degli esperti del Compartimento Polizia postale e delle comunicazioni della Polizia di Stato, di inquadrare il fenomeno, conoscerlo meglio e poter sensibilizzare i genitori che troppo spesso mostrano scarsa consapevolezza di tutto ciò”.
 
“Anche il ruolo di educatori e consiglieri per i genitori, infatti, rientra tra le nostre competenze e le ricerche dimostrano che è molto apprezzato dalle famiglie”, ha sottolineato ancora  Missaglia.
 
 Bullismo, il rapporto Istat
Tra i giovanissimi, secondo un’idagine pubblicata lo scorso anno, tra i ragazzi e gli adolescenti che usano il cellulare o navigano su Internet, il 5,9 per cento denuncia di avere subìto atti di cyberbullismo, con le ragazze vittime più frequenti: 7,1 per cento rispetto al 4,6 per cento dei ragazzi.
 
“Il cyberbullismo - ha spiegato Giordano Invernizzi, Professore Ordinario di Psichiatria Università degli Studi di Milano e Presidente Centro Mafalda OggiDomani for Children and Adolescents - è la forma di bullismo attuato attraverso la rete, con l’invio di messaggi offensivi, immagini umilianti diffuse via mail, chat o sui social network. Si differenzia dal bullismo tradizionale perché è una prepotenza indiretta, mai faccia a faccia tra vittima e bullo. Può, tuttavia, essere potenzialmente più dannoso per la rapidità di diffusione e la possibilità di raggiungere un numero molto più elevato di spettatori”.
 
“Senza entrare nel dettaglio delle singole forme di addiction tecnologica, che vanno dalla social network addiction, una dipendenza da connessione, aggiornamento e controllo del proprio profilo, alla friendship addiction, la spasmodica ricerca di nuove amicizie virtuali, alla dipendenza da videogioco, al vamping ossia il trascorrere numerose ore notturne sui social media a parlare e giocare con gli amici o la fidanzata/o, e a molte altre – ha detto Cinzia Bressi, Professore Associato di psichiatria Università degli studi di Milano e Vice-Presidente Centro Mafalda OggiDomani for Children and Adolescents - si tratta di un problema che riguarda soprattutto gli adolescenti dai 13 sino ai 20 anni”.
 
L’effetto sulle età più precoci dell’uso e dipendenza dal cellulare e dal computer è sottovalutato dai genitori, che spesso inconsapevolmente lo avallano e sostengono. Non solo è dimostrato - ha aggiunto Bressi - che non vi sono miglioramenti nelle performance con tali strumenti, ma al contrario esistono elevati rischi di disagio psicologico per una dipendenza che può divenire totale. Inoltre, non vanno dimenticate altre insidie nascoste nel cyberspazio, tra quelle più significative, il rischio di fidarsi di sconosciuti, scaricare in modo non voluto materiale potenzialmente traumatico, oppure video pornografici, ricevere offerte sessuali, essere guidati verso siti che inneggiano all’autolesionismo o alla violenza e altro”.
 
Secondo Telefono Azzurro i casi di adescamento online sono triplicati in 3 anni, passando dal 4,4 al 14,2 per cento delle segnalazioni ricevute al numero 114 di Emergenza infanzia tra il 2012 e il 2014 – ha ricordato ancora Bressi - Ma ciò che è peggio, è la sottovalutazione di queste insidie da parte dei genitori; sempre per Telefono Azzurro, un genitore su 2 ritiene improbabile che il proprio bambino, chattando, possa incontrare un pedofilo e nuovamente uno su 2 considera impossibile possa essere esposto a immagini esplicite. Addirittura l’88,9 per cento esclude completamente che il proprio figlio possa spogliarsi e mettere propri video o immagini esplicite online”.
 
“Detto tutto questo, non è certamente nostra intenzione demonizzare la rete e il rapporto dei giovanissimi con le nuove tecnologie di comunicazione – ha concluso Missaglia - A fronte di alcune ombre, infatti, esistono importanti luci. Al nostro congresso che si apre domani, infatti, presenteremo il caso di un ragazzo autistico, oggi sedicenne, che proprio grazie a Facebook è riuscito a stabilire un contatto e un rapporto con il mondo esterno. Un fatto di grandissima importanza per aiutare questi ragazzi a un inserimento sociale efficace e positivo”.
21 ottobre 2017
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