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Infortuni sul lavoro e malattie professionali. Anche la sanità è a rischio, soprattutto per gli infermieri. Il Rapporto Anmil
Presentato ieri al Senato il Primo rapporto dell'Associaizone dei mutilati e invalidi del lavoro. Osservando i primi tre mesi del 2017 rispetto all'anno scorso, si registra un aumento degli incidenti del 5,9% e un incremento di quelli mortali dell'8%. Anche i lavoratori della sanità sono a rischio, soprattutto per punture di ago e ferite da taglio con conseguente rischio di infezione. A questo si aggiungono le patologie muscolo-scheletriche, le aggressioni da parte di terzi sul luogo di lavoro e ai rischi psicosociali. Mentre è allarmante l’impatto negativo delle turnazioni sulla salute, soprattutto in termini di rischi coronarici. LA SINTESI DEL RAPPORTO.
18 MAG - Nel periodo 1° gennaio – 31 marzo 2017 sono stati denunciati circa 161.600 infortuni, in crescita di 9.000 unità rispetto ai 152.600 dello stesso periodo dell’anno precedente, con un incremento pari al 5,9%. La crescita degli infortuni sul lavoro risulta più consistente tra quelli cosiddetti “in occasione di lavoro”, passati da 132.500 a 138.900 (+6.400 casi), rispetto a quelli “in itinere” saliti da 20.000 a 22.600 (+2.600). 
 
Questi i dati del primo Rapporto Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) presentato ieri al Senato. L’aumento ha interessato in misura maggiore la componente femminile (+7,0%) rispetto a quella maschile (+5,2%) ed è risultato particolarmente accentuato nelle regioni del Nord Est (+8,8%) e del Nord Ovest (+8,7%), mentre nelle altre aree geografiche si registrano incrementi di modesta rilevanza.
Per quanto riguarda le attività economiche, i confronti tra i due periodi a livello di singolo settore di attività economica risultano, allo stato attuate, scarsamente significativi e poco attendibili in quanto per gran parte dei casi denunciati non risulta ancora determinato il codice di attività economica.
 
Ancora più preoccupante risulta l’andamento delle denunce degli infortuni mortali che fanno registrare un aumento pari a 8,0% (dai 176 casi dei primi 3 mesi del 2016 ai 190 dell’analogo periodo 2017). Vale a dire 14 vittime del lavoro in più.  
L’incremento dei decessi è avvenuto esclusivamente “in occasione di lavoro” dove si è passati dai 130 morti del 2016 ai 147 del 2017; mentre per quelli “in itinere” si registra un lieve calo di 3 casi (da 46 a 43). L’aumento ha interessato in misura molto maggiore la componente femminile che ha raddoppiato il numero dei decessi (da 15 a 30), mentre quella maschile è diminuita di 1 caso (da 161 a 160).    A livello territoriale la crescita risulta diffusa, in misura più o meno intensa, in tutte le aree geografiche del Paese, tranne che al Centro dove si registra un calo di 10 unità (da 42 a 32). Per quanto riguarda le attività economiche, il confronto tra i due periodi evidenzia un sostanziale calo degli incidenti mortali in Agricoltura (dai 23 casi del primo trimestre 2016 ai 13 del 2017); per gli altri principali settori di attività si registrano, invece, incrementi diffusi e percentualmente molto elevati (anche se in valore assoluto si tratta di variazioni non molto consistenti): Trasporti +44,4%, Commercio +37,5% e Costruzioni +18,8. Da notare che si tratta proprio di quei settori in cui si incominciano ad intravedere i primi timidi segnali di una lenta ripresa economica.  
Per le malattie professionali invece, dopo quasi un decennio di consistente crescita delle denunce, iniziatasi nel 2008 con l’emanazione della nuova “Tabella delle malattie professionali”, il fenomeno sembra arrestarsi sui valori di circa 60.000 casi annui protocollati dall’INAIL nel 2016 (erano meno di 30.000 nel 2007); anzi il primo trimestre 2017 segna una diminuzione del 3,9% che coinvolge anche le patologie dell’apparato muscolo scheletrico (-2,1) che finora erano state le protagoniste di questo enorme sviluppo delle patologie da lavoro. 
Dal rapporto Anmil emerge chiaramente la necessità di una profonda revisione normativa nel campo della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.    Nonostante i numerosi e significativi sforzi fatti dal Legislatore per migliorare l’apparato normativo in materia di sicurezza e prevenzione - si lege nel rapporto - i livelli di efficacia delle tutele restano ancora insoddisfacenti, specie in alcune aree del Paese ovvero in alcuni ambiti produttivi. Ad aggravare la situazione è la crisi economica, a fronte della quale gli investimenti in materia di sicurezza spesso diventano, agli occhi di alcuni operatori dei differenti settori economici, una "voce di spesa" sacrificabile.   Anche i dati forniti dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel Rapporto 2016, descrivono una situazione allarmante. Infatti, nel complesso, a fronte di 25.864 aziende ispezionate, sono state riscontrate 30.251 violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui ben 27.480 di carattere prevenzionistico e 2.771 di tipologia tecnica. Per di più, rispetto al 2015, si registra un sensibile aumento del tasso di irregolarità del lavoro, riscontrato in sede ispettiva.   Oltre alle norme inattuate, c’è poi un più ampio problema di natura culturale, collegato alla necessità di veicolare e diffondere al meglio i contenuti prescritti da norme complesse, attraverso strumenti agevoli, multilivello e gratuiti, alla portata di tutti: imprese pubbliche e private; lavoratori; specialistie professionisti che, a qualunque titolo, si occupano di tale materia.   “Tutti sappiamo – ha detto alla presentazione il Presidente nazionale Anmil Franco Bettoni - che, a circa 10 anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza), sono ancora una ventina i provvedimenti da attuare e alcuni riguardano materie di grande rilievo.Né le più recenti riforme del mercato del lavoro hanno potuto contribuire significativamente a questo processo. Sempre nell’ambito della attuazione della normativa, tutti noi siamo consapevoli di quanto sia importante riavviare il lavoro operativo Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro che stenta però a ripartire nella sua nuova composizione”.    “Una circostanza quest’ultima - ha detto ancora Bettoni - che purtroppo lascia ancora in panchina l’Anmil, pur formalmente entrata a far parte della Commissione da settembre 2015, per effetto del Jobs Act e del nuovo art. 6 del decreto legislativo 81/2008. Oltre a questi temi, c’è però anche un problema di natura culturale, collegato alla necessità di veicolare e diffondere al meglio i contenuti prescritti da norme complesse, attraverso strumenti agevoli, multilivello e gratuiti, alla portata di tutti: imprese pubbliche e private; lavoratori; addetti ai lavori; consulenti e professionisti. Ciò, tanto più se si tiene conto della rilevanza costituzionale e non negoziabile dei beni della vita e della salute della persona, alla cui tutela la materia è preposta”.   Per quanto riguarda gli addetti del settore sanitario, l’Anmil li segnala tra i lavoratori a maggior rischio di punture di ago e di ferite da taglio, e tali infortuni sono pericolosi perché il lavoratore può essere infettato da diversi agenti patogeni presenti nel sangue (ossia virus, batteri e altri microrganismi). Per garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro sanitario, tramite la prevenzione delle ferite provocate da tutti i tipi di dispositivi medici taglienti (punture di ago comprese), il Legislatore nazionale ha integrato, con il d.lgs. n.19 del 19 febbraio 2014, il Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro con le disposizioni del Titolo X bis (Protezione dalle ferita da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario).    È importante sottolineare che a tale rischio risultano particolarmente esposti gli infermieri, come dimostra un recente studio americano. Infatti, sono proprio gli infermieri a essere vittima di più della metà delle ferite da taglio e da punta. Nondimeno, il settore infermieristico è particolarmente esposto alle patologie muscolo-scheletriche, a causa della faticosa assistenza fisica ai pazienti, alle aggressioni da parte di terzi sul luogo di lavoro e ai rischi psicosociali, mentre è allarmante l’impatto negativo delle turnazioni sulla salute, soprattutto in termini di rischi coronarici.   C’è poi la problematica del rischio biologico nel comparto sanitario, con particolare riferimento alle infezioni occupazionali degli operatori sanitari in seguito a esposizioni muco-cutanee o accidentali con sangue, liquidi biologici o materiale contaminato.    Il tema dei Dispositivi di protezione in dividuale (DPI) e delle malattie infettive è inoltre sotto la lente d’ingrandimento dell’istituto statunitense NIOSH, il quale nel 2016 ha elaborato le linee guida per la protezione delle vie respiratorie del personale sanitario.    I principali rischi sono infatti correlati alle malattie respiratorie infettive, a fronte di uno scarso utilizzo dei DPI. Le misure consigliate – a partire dalla necessaria dotazione dei DPI – sono dunque l’accurata selezione, il collaudo preventivo e la formazione circa il loro corretto uso. L’INAIL ha altresì pubblicato on-line la terza edizione in lingua italiana del Codice internazionale di etica per gli operatori di medicina del lavoro che, pur mantenendo la struttura esistente del 2002, si arricchisce di nuovi materiali di lavoro e documentazioni.    La Regione Lombardia e la Regione Sicilia hannp approvato Linee guida per la valutazione e gestione dello Stress Lavoro Correlato nelle strutture sanitarie. Chiarimenti  operativi in merito all’applicazione delle norme prevenzionistiche per gli operatori del settore sanitario ci pervengono anche dalla Commissione per gli interpelli. Quest’ultima, con l’interpello n. 5/2016, ha puntualizzato che gli infermieri associati devono essere considerati lavoratori in senso prevenzionistico qualora svolgano la propria attività professionale nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori.    Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati lavoratori autonomi, assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente o dell’associazione.Mentre, con l’interpello n. 15/2016, la Commissione ha chiarito che per i medici di continuità assistenziale sussiste l’obbligo di sottoporsi a sorveglianza sanitaria se svolgono la propria attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro orientrando, in tal caso, a pieno titolo nella definizione di lavoratore di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81/2008.   Le recenti risultanze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, poi,  mettono in luce, a livello mondiale, una crescente esposizione ai rischi correlati all’utilizzo di sostanze pericolose sul lavoro. Sono infatti altissime le percentuali di morti, persone con disabilità e malati a causa dell’esposizione professionale a tali sostanze, tanto che le Nazioni Unite hanno altresì deciso di includere tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile la riduzione o la completa eliminazione degli agenti chimici pericolosi sul lavoro. Questo scenario è confermato dai dati europei, secondo cui la prima causa di morti lavoro-correlate è il tumore professionale.    Di riflesso, l’Europa paga annualmente un altissimo prezzo in termini di mortalità, morbilità e perdite socio-economiche. Le istituzioni europee hanno risposto attivamente, impegnandosi da una parte a migliorare la normativa europea in materia di sostanze pericolose e, dall’altra, a finanziare studi specifici; gli obiettivi prefissati sono la definizione di un quadro normativo aggiornato, la formazione e l’informazione delle figure coinvolte nella lotta contro le sostanze pericolose e, allo stesso tempo, la ricerca delle risposte più urgenti agli irrisolti interrogativi sulla pericolosità di alcune sostanze.    A supporto di questa mission, il rapporto Anmil evidenzia l’importante ruolo ricoperto dall’European Chemicals Agency (ECHA), che ha recentemente individuato e illustrato le modalità di sostituzione delle sostanze chimiche secondo il Regolamento REACH.   L’intera strategia europea poggia sul quadro strategico di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020 e ha portato, nel corso dell’anno 2016 e nella prima metà dell’anno 2017, al raggiungimento di primi risultati:
• le prime due proposte di revisione della direttiva 2004/37/CE sugli agenti cancerogeni e mutageni – datate rispettivamente maggio 2016 e gennaio 2017 – elaborate dalla Commissione europea e rispondenti all’obiettivo di identificare nuovi valori-limite di esposizione agli agenti chimici pericolosi. Le proposte sono sottoposte, nel momento in cui si scrive, al vaglio del Parlamento europeo;   • il processo di valutazione e revisione, nell’arco dell’anno 2017, del Regolamento REACH sulla commercializzazione e sull’uso delle sostanze;   • l’approvazione della Direttiva 2017/164 della Commissione europea, che rappresenta la quarta revisione di alcuni valori-limite di esposizione professionale agli agenti chimici. L’obbligo in capo agli Stati membri di adeguarsi alle nuove previsioni relative a trentuno sostanze ha come termine il 21 agosto 2018, con alcune eccezioni per le quali si è stabilito il termine al giorno 21 agosto 2023;    • le proposte riguardanti i criteri identificativi dei prodotti fitosanitari e biocidi, elaborate dalla Commissione europea nel 2016. Al riguardo, sono state avanzate numerose critiche circa il mancato rispetto del “principio di precauzione”, a causa dell’elevato onere della prova per la valutazione degli effetti negativi degli interferenti endocrini sulla salute umana. Parallelamente, nel febbraio 2017 il REACH comittee ha riconosciuto quattro ftalati come interferenti endocrini. Si attende la pronuncia dei Comitati dell’ECHA per il definitivo voto del Comitato.            
18 maggio 2017
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