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Infezioni ospedaliere. Cresce preoccupazione in tutta Europa. Soprattutto nelle lungodegenze. Al via una nuova indagine per aggiornare il data base del 2013
L'ultima indagine sul fenomeno (HALT-2) risale infatti al 2013 e aveva rilevato l'insorgenza di 4,2 milioni di infezioni nei reaprti di lungodegenza a fornte dei 3,5 milioni registrate nelle strutture per acuti. Il Centro eurpoeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) avvierà presto una nuova indagine (HALT-3) invitando tutti i partner europei a partecipare fino a fine giugno e poi da settembre e novembre 2017. IL RAPPORTO HALT-2.
01 MAG - Un'indagine a livello UE pubbloicata nel 2013 stima che 4,2 milioni di infezioni nosocomiali si verificano ogni anno in strutture di assistenza di lungodegenza, a fronte di una stima di 3,5 milioni che si verificano invece negli ospedali per acuti. E secondo il sondaggio ogni giorno oltre 116.400 residenti contraggono almeno un'infezione nosocomiali.
 
Questi dati sono stati al centro di una sessione sulla resistenza agli antimicrobici negli sanitari, svolta a Vienna la scorsa settimana durante Eccmid 2017, l’European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases e a parlarne è stato Pete Kinross, esperto di sorveglianza delle infezioni associate all'assistenza sanitaria presso il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). 
 
Kinross ha annunciato una nuova indagine HALT-3, i cui risultati saranno pubblicati nel 2018 sollecitando il maggior numero di strutture di assistenza di lungodegenza possibili a  partecipare ad HALT-3 tra aprile e giugno 2017, e settembre e novembre 2017
 
I dati finora conosciuti e che sono alla base dell'allarme Ecdc provengono dal progetto HALT-2, uno studio di prevalenza puntuale (Point Prevalence Survey - PPS) della frequenza di Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e Uso di Antibiotici sistemici (UA) nelle strutture socio-sanitarie per anziani, per il quale è stato condotto un sondaggio che ha raccolto informazioni su 77.264 residenti in 1.181 strutture di assistenza di lungodegenza  in 19 paesi europei tra aprile e maggio 2013.
 
In Italia hanno partecipato ad HALT-2 235 strutture da 11 regioni (Emilia-Romagna 87, Piemonte 56, Friuli Venezia Giulia 27, Lazio 24, Lombardia 11, Veneto 10, Liguria 7, Sicilia 7, Marche 3, Abruzzo 2, Toscana 1). Di queste 113 erano strutture pubbliche, 46 privati no-profit e 73 privati for profit, in 3 casi il dato era mancante.
 
La dimensione media delle strutture era di 84 posti letto (mediana 74; min 13 - max 589). Il tasso di occupazione mediano è stato del 96,7% (min 16,3% - max 100%).
 
L’assistenza medica era fornita da un medico interno della struttura nel 39% dei casi, dal medico di medicina generale del singolo ospite nel 33% dei casi, sia dal medico di struttura che dal medico dell’ospite nel rimanente 28% delle strutture.
 
Secondo i dati del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), nel 50% delle strutture risultava presente una figura addetta al controllo delle infezioni: nel 41% erano un medico e un infermiere, nel 39% il responsabile era un infermiere e nel 20% un medico. Principalmente questo ruolo era ricoperto da personale della struttura (74%) e in minor parte da personale interno coadiuvato da esterni (16%) o completamente esterno alla struttura (10%).
 
Il 30% delle strutture partecipanti ha dichiarato di avere in atto un programma di sorveglianza delle ICA. Largamente diffusi sono risultati i protocolli assistenziali per la gestione dei dispositivi medici: catetere urinario (92%), alimentazione enterale (84%) e catetere vascolare (83%). Protocolli che riguardano più strettamente il controllo della trasmissione di infezioni, quali la gestione dei microrganismi multiresistenti (MDRO) e la gestione degli ospiti portatori, sono stati indicati solo in 1 struttura su 2.
 
Tra i sistemi per la gestione e il controllo della diffusione delle infezioni erano molto frequenti l’isolamento/applicazione di precauzioni aggiuntive dei colonizzati (74%) ma in pochi casi è prevista la registrazione degli ospiti colonizzati/infetti (38%).
I protocolli sull’igiene delle mani (92%) sono risultati molto diffusi. Tuttavia il tema è stato oggetto di specifica formazione, nell’anno precedente la rilevazione, solo nel 45% delle strutture partecipanti. Destinatari sono stati prevalentemente infermieri e personale assistenziale (OSS, ADB, etc.) (45%), mentre medici (22%), fisioterapisti e animatori (24%) e personale delle pulizie (14%) sono stati coinvolti in minor misura. Il sapone liquido antisettico (98%) e il gel idroalcolico (73%) sono stati indicati quali prodotti più diffusi per l’igienizzazione delle mani. Il metodo di igienizzazione più frequente è stato il lavaggio con sapone liquido antisettico (41%) e quello con sapone NON antisettico (32%) mentre il gel idroalcolico è stato il metodo più usato solo dal 27% dei partecipanti. Sebbene i protocolli per l’igiene delle mani siano largamente diffusi, solo il 51% delle strutture partecipanti ha previsto regolare organizzazione dell’attività o verifica dell’adesione.
 
In generale sono risultati carenti i momenti di formazione sul tema delle ICA: solo il 36% delle strutture ha organizzato almeno un evento nell’ultimo anno destinato agli infermieri, appena il 16% ai medici.
 
La popolazione analizzata era molto anziana (51% età pari o superiore a 85 anni), di sesso prevalentemente femminile (i maschi sono stati il 26,5% degli eleggibili) e a elevato carico assistenziale: il 78,3% dei residenti presentava incontinenza fecale e/o urinaria, il 70,3% era allettato o non autonomo nella deambulazione e il 65,5% presentava disorientamento nel tempo e/o nello spazio.
 
L’esposizione a procedure o dispositivi invasivi è stata molto variabile. Il catetere urinario è stato utilizzato nel 9,8% dei casi, il catetere vascolare nell’1,9%. Le lesioni da pressione sono state riportate nell’ 8,5% di tutti i residenti mentre gli altri tipi di ferita nel 7,7%. Sono pochi gli ospiti che avevano subito un intervento chirurgico nei 30 giorni precedenti (mediana 0%) ma in alcune strutture questi rappresentavano il 13,5% di tutti i residenti eleggibili.
 
Durante lo studio 616 ospiti presentavano una infezione correlata all’assistenza il giorno dello studio per una prevalenza pari a 3,3%, equivalente a 1 ospite ogni 30. Il 6% degli ospiti infetti presentava più di una infezione. Le infezioni delle vie respiratorie sono state le più frequenti (38% del totale). Di queste le infezioni delle basse vie respiratorie (23%) e le polmoniti (4%) rappresentavano 1 infezione su 4 tra tutte le infezioni diagnosticate. La prevalenza è pari a 1,4/100 ospiti. Il secondo sito di infezione in ordine di frequenza era quello delle vie urinarie: 29% di tutte le infezioni. Il 47% è confermato da urinocoltura positiva. La prevalenza è pari a 1,1/100 ospiti.
 
La cute è stato il terzo sito d’infezione più riportato: 16% di tutte le infezioni, in particolare infezioni di cute, tessuti molli o ferite (14%). La prevalenza è pari a 0,6/100 ospiti. Le infezioni gastrointestinali sono state il 5% di tutte le infezioni. La prevalenza è pari a 0,2/100 ospiti. Le infezioni di occhio, orecchio e bocca sono state il 5% del totale, in maggior parte congiuntiviti (4%). La prevalenza è pari a 0,2/100 ospiti. Episodi febbrili non spiegabili sono stati riportati nel 4% dei casi. La prevalenza è pari a 0,2/100 ospiti. Il 2% sono state altre infezioni non incluse nelle definizioni, principalmente infezioni dell’apparato sessuale maschile e femminile e infezioni odontoiatriche. Le batteriemie sono state estremamente sporadiche: sono state riportate solo in 3 casi (0,5% del totale) per una prevalenza pari a 0,01 infezioni/100 ospiti.
 
Durante lo studio 739 ospiti erano in trattamento con un antibiotico sistemico, per una prevalenza pari a 4% dei residenti eleggibili, equivalente a un 1 ospite in trattamento ogni 25. Le prescrizioni antibiotiche totali sono state 786, pari a 4,3 trattamenti ogni 100 ospiti. Il 90% dei trattamenti è stato prescritto in struttura, il 9% in ospedale e 1% in altro servizio (esempio guardia medica). Più della metà dei trattamenti è stata prescritta dal medico di struttura (55%). Gli altri sono stati prescritti dal medico di medicina generale dell’ospite (33%), medici specialisti (9%), o altro professionista, ad esempio farmacista (2%). Il 57% dei trattamenti è stato somministrato per via orale, il 41% per via parenterale. Pochi i trattamenti per inalazione (1%) o con indicazione mancante (1%). I trattamenti topici o locali non sono stati inclusi nell’analisi. Tra gli ospiti, 645 erano in terapia (88% di tutti i trattamenti), 94 in profilassi (12% di tutti i trattamenti).
 
Le infezioni correlate all’assistenza e la diffusione di microrganismi antibiotico resistenti nelle strutture residenziali per anziani rappresentano secondo il Ccm un fenomeno rilevante anche in Italia. Per ridurre il rischio di ciascun residente di contrarre una infezione e il rischio per la comunità, che vengano selezionati e diffusi microrganismi antibiotico resistenti, è necessario mettere in atto prioritariamente:
 
1. disporre in ciascuna struttura di dati sulle infezioni, l’uso di antibiotici e l’isolamento di microrganismi antibiotico resistenti. Solo sulla base di dati locali, è infatti possibile promuovere una maggiore attenzione al problema, formare gli operatori, adattare le linee guida terapeutiche;
 
2. promuovere l’uso di pratiche assistenziali “sicure”. Per raggiungere tale obiettivo i protocolli rappresentano un primo passo, ma sono necessari programmi formativi adeguati e soprattutto programmi di audit, che consentano di verificare l’effettiva adesione a quanto raccomandato nei protocolli;
 
3. individuare gli ambiti prioritari delle infezioni e di uso non appropriato di antibiotici. Tra questi vi sono sicuramente: o la corretta igiene delle mani o l’uso di guanti e sovra camici ove appropriato o la sanificazione ambientale e la corretta decontaminazione delle attrezzature o l’identificazione tempestiva dei residenti con segni e sintomi di infezione in modo da ridurre il rischio di casi secondari (e quindi di eventi epidemici) o l’utilizzo di dispositivi invasivi solo ove necessari o non trattare con antibiotici i residenti con batteriuria asintomatica.


Il progetto HALT è stato sviluppato da Ecdc insieme a un consorzio guidato da l'Istituto scientifico della sanità pubblica a Bruxelles.
L'indagine ha anche mostrato a livello europeo che in un giorno, più di 150.650 residenti lungodegenti in strutture di assistenza hanno ricevuto almeno un agente antimicrobico per il trattamento di infezioni. Oltre l'85% delle infezioni nosocomiali riguardano la pelle, infezioni urinarie o respiratorie. La maggior parte delle strutture che hanno partecipato allo studio erano case di cura generale (65%), strutture di assistenza miste a lungodegenza (19%), centri di riabilitazione (6%) e abitazioni (5%) di soggetti lungodegenti.
 
Inoltre, il 46% delle strutture che hanno partecipato  non aveva attuato nessuno dei dieci elementi chiave della gestione antimicrobica tra cui molto importanti: comitati di amministrazione antimicrobici, formazione annuale sulla appropriata prescrizione di agenti antimicrobici, richiesta di autorizzazione per la prescrizione di antimicrobici, monitoraggio per un feedback sul consumo di antimicrobici per i medici di medicina generale, linee guida per l'uso appropriato degli antimicrobici, un formulario terapeutico. Un centro su dieci non ha avuto accesso alla prevenzione e il controllo delle infezioni.
 
Pete Kinross ha detto: “Le infezioni nosocomiali rappresentano una grave minaccia per la salute pubblica in strutture di assistenza a lungodegenza in Europa. Le strategie per prevenire e controllare queste infezioni, oltre ad un uso prudente degli agenti antimicrobici, devono essere in grado di proteggere la salute di chi si trova in queste strutture. Ci auguriamo che questi risultati possano aiutare le autorità nazionali e le strutture che partecipano a indirizzare i propri interventi”.
 
Ha poi aggiunto: “Siamo particolarmente grati con le strutture che hanno partecipato alle indagini HALT-1 e HALT-2, perché questo mette in evidenza il loro interesse e l'impegno per identificare le opportunità di miglioramento, anche con risorse limitate”.
 
Attualmente, l'Ecdc sta coordinando l'indagine HALT-3, i cui risultati saranno pubblicati nel 2018. Pete Kinross ha aggiunto: “Vorremmo sottolineare l'importanza per le autorità nazionali di  incoraggiare il maggior numero di strutture di assistenza di lungodegenza possibili a  partecipare ad HALT-3 tra aprile e giugno 2017, e settembre e novembre 2017 . Queste indagini sono molto importanti, in quanto servono come strumento per aumentare la consapevolezza e la prevenzione delle infezioni nosocomiali in queste strutture di assistenza di lungodegenza a livello locale, nazionale ed europeo”.
01 maggio 2017
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