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Speciale Forum Risk management. Ranieri Guerra (Min. Salute): “Tassare fumo, cibo spazzatura e guida pericolosa. Perchè è giusto che chi mette consapevolmente a rischio la propria salute contribuisca al costo delle cure”
La sostenibilità del Ssn è sempre a rischio. Servono idee nuove e tra queste quella lanciata oggi dal Direttore della prevenzione del ministero della Salute farà discutere. In sostanza l'idea è quella di "tassare" i comportamenti a rischio così da creare un fondo aggiuntivo per la sanità pubblica che possa "liberare" risorse per le cure essenziali per tutti i cittadini. Altra idea quella di Cartabellotta (Gimbe) per razionalizzare finalmente la spesa privata e creare le basi per una vera sanità integrativa "per tutti". E Spandonaro (Crea Sanità) rivela: “Cresce il gap tra Italia e Europa: da noi si spende il 36% in meno procapite”.
29 NOV - “Non parliamo di negare le cure a nessuno, ma ci sono malattie che dipendono da cattivi stili di vita individuali, ed è eticamente ingiusto, oltre che insostenibile per il sistema, far pesare sulla fiscalità generale e sul finanziamento pubblico la totale copertura dell’assistenza a chi decide deliberatamente di esporsi al rischio di ammalarsi”. Per questo, Ranieri Guerra, direttore generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, propone di “aumentare il prezzo del pacchetto di sigarette di una certa cifra, ad esempio 2 euro, destinando quella somma alla costituzione di un fondo per la ricerca e per pagare le cure a chi si ammala di cancro ai polmoni e di malattie tabacco-correlate”. Un fondo “per chi fuma a carico di chi fuma”, insomma.

Una soluzione che, secondo Guerra, andrebbe adottata anche nel caso di chi mangia cibo spazzatura o corre in auto, prevedendo di tassare gli alimenti nocivi per la salute e aumentando il carico assicurativo per chi ha comportamenti pericolosi alla guida, mettendo la propria vita a rischio di sviluppare una malattia o una disabilità permanente. Nessun provvedimento punitivo, ribadisce Guerra: “Servirà a liberare risorse da impegnare per le cure essenziali di altri pazienti”. Una soluzione, insomma, per fronteggiare questo momento di grande difficoltà per il sistema sanitario, che deve fare i conti con opportunità terapeutiche sempre più efficaci, ma anche più costose, a fronte di risorse a disposizione contenute.

Sostenibilità ed innovazione nel Ssn, questo il tema della tavola rotonda promossa stamani nell’ambito dell'XI edizione del Forum Risk Management in corso a Firenze e alla quale, oltre a Guerra, hanno partecipato Federico Spandonaro, presidente del Crea Sanità; Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, e Alessandro Solipaca, dell’Istat.

Focalizzando l’attenzione sulla necessità di diffondere stili di vita corretti, il direttore generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute ha  evidenziato come “considerare il sistema ‘Prevenzione’ come un aspetto indipendente da tutto il resto” sia “profondamente sbagliato”. “La prevenzione – ha detto – si attua all’interno della società civile e delle politiche di governo. Deve essere parte della struttura del paese, perché è solo così che si possono mettere in atto politiche in grado di impattare positivamente sulla salute”.

Ma in Italia questa visione complessiva del quadro sembrerebbe ancora lontano dal momento in cui, ha ammonito Guerra, “continuiamo a vendere tabacco di sigaretta per raccogliere 11 miliardi all'anno di accisa sulla vendita. Così facendo riversiamo sul Ssn un costo di 23 miliardi per la cura del cancro a polmone e altre malattie correlate al consumo di tabacco. Non credo, quindi, sia da addebitare al sistema sanitario nazionale l’incapacità di gestire il fenomeno”.

Il direttore generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute ha richiamato quindi il Governo a “un approccio coeso per la tutela della salute”, da attuare “in tanti, diversi ambiti, tutti determinanti”.

Non solo. Per Guerra “ci son prestazioni che andrebbero valutate in base all’appropriatezza e ai benefici che restituiscono, in termini di salute e risparmio. Il problema è che chi si occupa di fare i bilanci non è lo stesso soggetto che propone”. Per questo si finisce, secondo il dirigente del Ministero, a valutare più i costi che non gli effetti. “La riformulazione di tali responsabilità andrebbe rivista”, ha sostenuto Guerra evidenziando che “il ministero della Salute è assolutamente in grado di definire gli interventi che rappresentano un costo ma offrono anche possibilità di risparmio”.

Non è mancato il monito ai medici. Nel campo dell’innovazione, ha infatti sostenuto Guerra, “c’è sicuramente un ritardo burocratico-amministrativo ed economico-finanziario, ma c’è anche una certa cultura medica che di fatto impedisce l’adozione dell’innovazione. Questo va detto con estrema franchezza e con profonda autocritica da parte della corporazione medica”. Per il dirigente del Ministero della Salute, “chi è abituato a fare diagnostica di un certo tipo, spesso resiste profondamente all’introduzione dell’innovazione o perché sarebbe costretto ad imparare qualcosa di nuovo o perché sarebbe costretto a lasciare posizioni dominanti di mercato a favore di qualcosa di completamente diverso” (vedi anche intervista video a Ranieri Guerra).

Per Federico Spandonaro, presidente del Crea Sanità, a limitare la possibilità dell’Italia di adottare le nuove opportunità terapeutiche “non è tanto il fatto che i prezzi siano troppo alti, quanto la mancanza di crescita del Pil”. E quello che ci differenzia e ci pone dietro ad altri Paesi. E i trend non fanno ben sperare.
 
Per Spandonaro l’Italia è stata “bravissima” ad utilizzare gli strumenti di sconto in grado di garantire al contempo profitti alle aziende e bassi costi al sistema. “Tuttavia credo che non ci sia più molto margine di azione con tali strumenti”. È quindi arrivato il momento di “chiedersi che sanità vogliamo offrire in una condizione di non crescita” o cercare nuove strade da percorrere. Ad esempio intervenendo sul rischio di mercato in carico alle aziende: “Se arrivano farmaci destinati a poche migliaia o centinaia di pazienti, è naturale che debbano costare tanto per permettere alle aziende di rientrare dai costi dell’investimento. Allo stesso modo, se le aziende rischiano di trovarsi il proprio farmaco in gara nel giro di un anno, dovranno sfruttare al massimo quell’anno per rientrare dall’investimento”. Questioni che, tuttavia, ha osservato Spandonaro, vanno affrontate a livello internazionale.

Per il presidente del Crea Sanità, l’Italia gode comunque di un vantaggio: “Se è vero che cresce il gap tra Italia e Europa, come dimostra l’ultimo dato rilevato dal Crea Sanità che registra come da noi si spenda il 36% in meno procapite che nel resto d’Europa, è altrettanto vero che il sistema sanitario italiano ha dimostrato di poter funzionare anche in condizioni low cost. Molti Paesi probabilmente si troveranno nel giro di qualche anno ad affrontare le nostre stesse difficoltà economiche, e credo che avranno qualche difficoltà in più a far funzionare i loro sistemi sanitari”.

Ciò non toglie che per recuperare terreno, il sistema sanitario italiano ha bisogno che il Pil torni a crescere. “Altrimenti – ha avvertito Spandonaro – avremo un sistema macro economicamente sostenibile, ma privo di innovazione e con livelli assistenziali sempre più bassi”.

Spandonaro ha quindi condiviso con Guerra la necessità che le politiche del sistema non siano più affrontate “a silos”. “Bisogna capire cosa fa risparmiare, premiare l’innovazioni che può rivelarsi un investimento, anche a breve termine”. In questo contesto il presidente del Crea Sanità si è detto completamente contrario ai tetti della farmaceutica e ha auspicato, piuttosto, “politiche del farmaco in grado di dialogare con gli altri settori”. Altrimenti, per Spandonaro, non solo l’Italia non sarà in grado di permettersi le opportunità terapeutiche più innovative e “assisteremo a un nuovo distacco del Nord rispetto al Sud del Paese in termini di livelli di cura, considerato che la spesa intermediata, rappresentata non solo da polizze ma anche da strumenti quali fondi integrativi e occupazionali, segna il 10-13% al Centro-Nord mentre è ferma al 3% al Sud” (vedi anche intervista video a Spandonaro).

Su questo aspetto ha concentrato il suo intervento il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. “Se da un lato la politica è stata in grado di sbarazzarsi progressivamente di una quota importante della spesa pubblica, dall’altro non è riuscita a mettere in campo un adeguato pilastro di sanità integrativa”, ha osservato Cartabellotta evidenziando come “ci sia una quota troppo elevata di spesa privata a carico dei cittadini”. Per il presidente della Fondazione Gimbe si renderà quindi necessaria “una revisione della normativa sui fondi integrativi, con l’adozione di una sorta di testo unico che consenta di chiarire meglio gli ambiti di intervento ed evitare rincorse in solitaria delle sole assicurazioni private” (vedi anche intervista video a Cartabellotta).
Aspetto su cui sarà necessario intervenire anche per Ranieri Guerra. “Solo l’1% della spesa privata viene garantita dai sistemi assicurativi, che sono in Italia ancora molto arretrati e primitivi, ma che dovrebbero essere riorganizzati allo scopo di avere come bersaglio proprio la spesa privata a carico dei cittadini”.
 
I dati sulla spesa privata li ha dati Alessandro Solipaca dell'Istat rivelando che per la massima parte è costituita soprattutto da prestazioni diagnostiche e specialistiche il cui costo equivale al ticket che si pagherebbe nel servizio pubblico e che i cittadini preferiscono effettuare nel privato, poi dalle cure odontoiatriche non erogate dal Ssn e dai ticket, che in ogni caso i cittadini versano come compartecipazione alla spesa dei cittadini.
29 novembre 2016
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