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Il Ssn verso ‘La Tempesta perfetta’. Ecco perché siamo vicini al ‘naufragio’ e come uscirne ‘vivi’
Siamo il paese più vecchio del mondo ma se non cambiamo l’organizzazione della nostra sanità rischiamo il corto circuito. Ma invertire la rotta si può con: programmazione, risorse adeguate, governance centrale, educazione dei pazienti alla prevenzione e formazione degli operatori. Presentato oggi a Roma il libro di Walter Ricciardi, Claudio Cricelli, Vincenzo Atella e Federico Serra.
19 MAG - Negli ultimi 60 anni il numero di over 65 è aumentato di oltre 30 volte. Oggi sono 13 milioni. Ipertensione, diabete, cardiopatie e tumori le patologie più diffuse. Il Servizio Sanitario Nazionale è paragonabile a una nave che si sta dirigendo verso la tempesta perfetta. Gli elementi per prevedere lo scenario imminente sono chiari: aumento progressivo delle malattie croniche (ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e tumori), tagli alla spesa sanitaria, scarsi investimenti strutturali, blocco del turn over. 
 
Bastano alcuni numeri per comprendere la portata del possibile ‘naufragio’: negli ultimi 60 anni in Italia il numero di cittadini di età pari o superiore ai 65 anni è aumentato di oltre 30 volte. Nel 2015 sono previsti oltre 13 milioni di over 65 e, in base ai dati ISTAT, nel 2030 saranno più di 16 milioni. Nell’ultimo ventennio la proporzione di italiani affetti da almeno una malattia cronica è aumentata dal 35,1 al 37,9% (pari a 2,7 milioni di cittadini), mentre la percentuale di persone colpite da almeno due di queste patologie è passata dal 17,7 al 20% (2 milioni). I ‘multicronici’ saranno quasi 13 milioni nel 2024 e oltre 14 milioni nel 2034, pari rispettivamente al 20,2% e 22,6% della popolazione (nel 2013 si attesta al 14,4%). Il sistema rischia di non riuscire a reggere le crescenti richieste di salute di questi cittadini. 
 
Ma la nave si può salvare e la ricetta è contenuta nel volume “La tempesta perfetta” (ed. Vita e Pensiero, pp. 138), presentato oggi al Ministero della Salute con l’intervento del Ministro, Beatrice Lorenzin, e degli autori, Walter Ricciardi, Claudio Cricelli, Vincenzo Atella e Federico Serra.

“Siamo certi che se non si agisce per tempo saremo in una ‘tempesta perfetta’ – ha detto Walter Ricciardi, Ordinario di Igiene presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità - . Ma siamo altrettanto certi che si deve e si può evitare se si guardano oggettivamente i dati. No a testa sotto la sabbia. Dato più impressionante è la demografia, siamo i più vecchi del mondo. Sta iniziando ad avere ripercussioni. Dobbiamo organizzarci. Siamo ssn più grande del mondo e dobbiamo preservarlo”.
“Innanzitutto – spiega Ricciardi – è necessario evitare che il Sistema Sanitario Nazionale sia l’espressione, a volte schizofrenica, delle volontà di 21 Regioni e Province Autonome che, in nome della riforma federalista, interpretano il dettato costituzionale come possibilità di operare senza vincoli, salvo poi trovare un salvatore di ultima istanza nello Stato. Questo non significa voler tornare indietro al dirigismo centralista precedente agli anni 2000. I vantaggi di una gestione locale più vicina al paziente sono a tutti noti e, quindi, vanno preservati. Deve però essere rivalutato il ruolo di cooperazione e di scambio di esperienze tra Regioni e tra Centro e Regioni che in questi anni è venuto a mancare per vari motivi. Questa fase di ristrettezze economiche potrebbe rappresentare un’opportunità proprio per migliorare l’efficienza del sistema, eliminando la corruzione e gli sprechi che lo affliggono grazie ad una vera e sistematizzata valutazione delle performance e all’applicazione di una logica dell’accountability”. Nel 2011 in Italia la spesa sanitaria rappresentava il 9,2% del PIL, una percentuale leggermente inferiore alla media dei Paesi dell’OCSE (9,3%), ma decisamente più bassa rispetto a quella di altre nazioni europee come i Paesi Bassi (11,9%), la Francia (11,6%) e la Germania (11,3%).
 
“Le dinamiche osservate dal 2011 fino a oggi sul fronte del finanziamento pubblico alla Sanità ci lasciano immaginare che non vi saranno risorse aggiuntive in questo settore – sottolinea Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). La sanità nel nostro Paese va cambiata in modo strutturale. È necessario introdurre politiche efficaci per prevenire le malattie, rafforzare l’accesso a un’assistenza primaria di qualità e migliorare il coordinamento delle cure, soprattutto per le persone con patologie croniche. I vantaggi di questa operazione sono elevatissimi e consentiranno di traghettare la nave del sistema sanitario verso un porto sicuro”. L’Italia, in merito ai corretti stili di vita, si attesta fra le peggiori realtà europee. Il nostro Paese è, infatti, terzo, dietro a Grecia e Stati Uniti, presentando il 30,9% di bambine tra i 5 ed i 17 anni di età in condizione di sovrappeso o obesità, nonostante un patrimonio di tradizioni e cultura legato ai benefici della dieta mediterranea. Differisce non di molto la situazione legata ai maschi che vede i bambini italiani dietro ai coetanei di Grecia, Stati Uniti e Spagna, con il 32,4% di obesi o sovrappeso (media europea: 22,9%). E il 39,2% degli italiani (23 milioni di persone) è sedentario. “La nuova rotta – continua il dott. Cricelli - dovrà spostare risorse economiche e umane dalla cura delle malattie alla prevenzione. Questo imporrà di dover ‘re-ingegnerizzare’ l’intero Servizio Sanitario Nazionale, formando una nuova classe di professionisti della salute preventiva e trasformare, mettendole in rete, le strutture già esistenti sul territorio (ad es. strutture sanitarie, scuole alberghiere, scuole primarie e secondarie, palestre pubbliche) per educare attivamente i cittadini alla tutela della propria salute”. 

Un altro aspetto centrale riguarda gli investimenti. Da tempo, infatti, il sistema sanitario ha fortemente contenuto le spese per il rinnovo e lo sviluppo strutturale, infrastrutturale e tecnologico, soprattutto nelle Regioni del Sud, portando a strutture sanitarie, soprattutto pubbliche, sempre più vetuste che spesso si confrontano con centri privati che al contrario risultano più moderni, confortevoli e all’avanguardia. “Ma non sono solo le mura degli ospedali ad invecchiare – sottolinea Vincenzo Atella, Direttore del CEIS Tor Vergata (Center for Economic and International Studies). Il blocco del turnover pone il problema di un personale sanitario sempre più anziano e spesso numericamente insufficiente per soddisfare le necessità dei pazienti: il personale in dotazione alle strutture sanitarie pubbliche è infatti in continua riduzione dal 2010, come testimoniato dal tasso di turnover, sceso in media di oltre il 78%, con le Regioni del Centro-Nord che presentano valori più elevati rispetto al Meridione”.
 
“Negli ultimi 13 anni – continua Federico Serra, Vice Presidente Public Affairs Association – vi è stata una totale assenza di visione strategica e di governance nel settore della programmazione delle risorse umane in Sanità, che ha visto arrivare l’intero sistema sull’orlo della non sostenibilità, a causa della perdita di equilibrio tra accesso alla formazione pre-laurea, alla formazione post-laurea (Scuole di Specializzazione e formazione specifica di Medicina Generale) e al mondo del lavoro. Si potrebbe dire che le modalità di contenimento della spesa adottate finora hanno preferito il razionamento alla razionalizzazione. In altri termini, si è scelto di perseguire la logica del ‘fare lo stesso con meno’, senza assicurarsi di soddisfare davvero i bisogni di salute dei cittadini. Proseguire sulla linea dei tagli lineari, riducendo ulteriormente la spesa sanitaria pubblica, che è tra le più basse del mondo, finirebbe per compromettere il lavoro virtuoso di riduzione dei disavanzi fatto da molte Regioni, costringendo molte Aziende ad operare con fortissime restrizioni che minano pesantemente la tenuta del sistema e, in alcuni casi, la possibilità di mantenere l’adeguata erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza”. “La realtà che abbiamo vissuto negli ultimi anni – conclude il prof. Ricciardi - è quella di una frammentazione esasperata, di una conflittualità latente e dell’aumento esponenziale delle differenze nella qualità e quantità dei servizi, non solo tra Regioni, ma anche all’interno della stessa Regione. È possibile fare bene anche con le risorse attualmente a disposizione, purché vengano utilizzate correttamente, ad esempio riducendo gli sprechi e riallocando le risorse facendo attenzione all’andamento degli indicatori di processo e di risultato, premiando le buone pratiche e incentivando trasparenza e merito”.
 
“Il libro lancia molti spunti – ha affermato Renato Botti, Dg programmazione Ministero della Salute - . Credo che la direzione, la rotta, dev’essere chiara. Sanità è complessità. Non ci sono ricette facili ma è continua ricerca e monitoraggio e di questo ne abbiamo bisogno. Problema sono le disuguaglianze tra le varie Regioni. Libro spinge ad una riflessione su questo tema e non c’è dubbio che governo centrale e ministero debbano giocare ruolo importante. Su tante tematiche il governo ha diritto d’intervenire per garantire l’uniformità e il nostro impegno in questo senso dev’essere forte. Dobbiamo prendere le migliori esperienze e renderle dei fatti. Ma per farlo serve coraggio per ripensare organizzazione Ssn. Poi c’è il tema del management dove il sistema dev’essere attrattivo per le migliori figure professionali e oggi non lo è. In tema di farmaci poi, se entrano farmaci che possono cambiare il processo assistenziale dobbiamo capire con quali regole gestire questo fenomeno. Siamo in grado di capire i costi del farmaco ma non i benefici. Su epatite C devo misurare l’impatto su organizzazioni servizi e su questo tema dobbiamo ancora lavorare”.
19 maggio 2015
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