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Rapporto Eurispes. Pandemia, complottista 1 italiano su 4. Più del 55% boccia le strategie adottate
Il 62% degli italiani non è più disposto a limitare la propria libertà a causa del Covid. La maggioranza (il 55,8%) non approva la strategia adottata per gestire la pandemia, contro il 44,1% che la promuove. Giudizio negativo anche sulla qualità dell’informazione per 7 italiani su 10. Ma si continua a credere nella scienza. LA SINTESI DEL RAPPORTO
27 MAG -

Poco meno della metà degli italiani (46,6%) ammette di non avere idea di come si sia originata la pandemia da Covid- 19. Poco più di uno su 4 (25,7%) ritiene che ci sia dietro qualcuno - e la Cina o i cosiddetti poteri forti sarebbero colpevoli della diffusione del virus - mentre per il 22,9% è stato solo una casualità. Un più contenuto 4,8% afferma, al di là di ogni evidenza, che non esiste nessuna vera pandemia.  Maggiori profitti e controllo sociale sarebbero lo scopo della diffusione pandemia tra quanti pensano che la pandemia non sia scoppiata per caso. 
Quando si parla delle strategie adottate per gestire la pandemia, le critica 55,8% degli italiani, contro il 44,1% che invece la promuove. In ogni caso lla fedeltà alla scienza non è stata intaccata.
Ma una cosa è certa, la maggioranza non è più disposta a limitare la propria libertà:  il 38% si dice disposto ad accettare eventuali ulteriori restrizioni, se necessario, ma per il 62% dice no.

Tra dietrologia e complottismo è questa l’opinione degli italiani sulla pandemia sondata dall’Eurispes in un’indagine e i cui risultati sono stati contenuto nel Rapporto Italia 2022.

L'identikit dei complottisti.
La tendenza ad individuare un colpevole della pandemia caratterizza in misura maggiore quanti possiedono un basso titolo di studio: il 35,6% dei privi di titolo e possessori di licenza elementare. All’innalzarsi del livello di istruzione sale la quota di chi ritiene che non sia colpa di nessuno (31,8% dei laureati). Tra i laureati i sostenitori dell’ipotesi che si sia trattato di un caso prevalgono rispetto a chi crede che ci sia un colpevole. I laureati rispondono con minor frequenza (38,5%), rispetto agli altri, di non sapere se il Covid-19 abbia origine casuale o colposa.

I più propensi ad attribuire a qualcuno la responsabilità della pandemia sono i cittadini che non si sentono politicamente rappresentati e quelli di destra (rispettivamente 32,4% e 32,1%). È soprattutto a sinistra e centro-sinistra che si sposa l’ipotesi dell’origine casuale del virus (28,6% e 31,1%). Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle è superiore alla media il dato riferito alla negazione della pandemia (9,2%); tra i 5 Stelle prevalgono, inoltre, in modo molto netto coloro che non hanno un’idea precisa sulle origini della pandemia (60,5%).

Come si sarebbe generato il virus? Tra coloro che non credono che la pandemia derivi semplicemente da una casualità (ricordiamo che sono il 25,7%), il 42,1% ritiene che il virus sia stato creato in laboratorio e poi sfuggito dal controllo, il 25,7% pensa invece che sia stato creato in laboratorio e diffuso di proposito nel mondo. Per un 15,4% ci si sarebbe accorti troppo tardi dell’esistenza del virus e non si è stati capaci di fermarlo, per l’11,3% il virus è un normale virus influenzale ma è stato usato per altri scopi.

La Cina o i cosiddetti poteri forti sarebbero colpevoli della diffusione del virus. Nell’indicare un responsabile, gli intervistati convinti in larga parte che la pandemia non sia una casualità citano in quasi un terzo dei casi (31,4%) il governo cinese; un altro 27,3% attribuisce la responsabilità ai poteri forti globali, un 12,1% alle multinazionali farmaceutiche.

Tra gli elettori di centro-sinistra (42,9%) destra (37,1%) centro- destra (39,7%) prevalgono le risposte che indicano la Cina come colpevole della pandemia, mentre tra i 5 Stelle e al centro vengono citati più spesso i poteri forti globali (rispettivamente 30,6% e 28,6%). I 5 Stelle e a sinistra vengono indicate come responsabili le multinazionali del farmaco con un dato superiore alla media (rispettivamente 18,4% e 17,5%).

Maggiori profitti e controllo sociale sarebbero lo scopo della diffusione pandemia. Ai cittadini che credono che la pandemia non sia scoppiata per caso è stato chiesto anche quale sia, a loro avviso, lo scopo per cui è stata creata. Fare enormi profitti risulta l’obiettivo più citato (29,3%), seguito da “controllare meglio le persone” (20,1%) e “indebolire le democrazie” (18,4%). Ottengono percentuali degne di nota anche “ridurre la popolazione mondiale” (14,7%), “creare un clima di paura” (10%), “consolidare il potere delle élite internazionali” (9,2%) e, con percentuali più contenute, “nascondere altri problemi gravissimi” (7%) e “giustificare l’intervento dello Stato in economia” (6%).

I cittadini di destra si concentrano, nelle loro risposte, sull’obiettivo di controllare meglio le persone (26,2%), quelli di sinistra sull’intenzione di fare enormi profitti (27,1%). Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle si cita più spesso della media l’obiettivo di consolidare il potere delle élite internazionali (16,4%), tra quelli di sinistra quello di nascondere altri problemi gravissimi (10,6%).

Il giudizio sulla gestione dell’emergenza da parte dello Stato. Dopo poco più di due anni e due diversi governi agli italiani è stato chiesto come lo Stato, a loro avviso, abbia gestito la pandemia da Covid-19.
In misura maggiore il campione si esprime negativamente sulla gestione italiana della pandemia: il 55,8% non approva la strategia adottata (per quasi uno su 5, il 19,2%, è stata addirittura pessima, “hanno sbagliato tutto”), contro il 44,1% di giudizi positivi (per il 10% siamo d’esempio al mondo),

Nelle Isole la netta maggioranza approva la strategia adottata nella lotta al Covid (60,6%; per il 22% è stata ottima), mentre il Nord-Est vede la quota più alta di pareri critici (63,3%; solo il 36,7% dei pareri sono positivi). I laureati sono l’unico gruppo nel quale prevalgono i giudizi positivi sulla gestione della pandemia (53,4%).

Bocciato il ruolo dell’informazione nella pandemia. I cittadini, danno un giudizio negativo sulla qualità dell’informazione italiana sulla pandemia: il 68,5% è critico, a fronte di un 31,5% soddisfatto. In particolare, per un 6,9% l’informazione è stata ottima, per il 24,6% più positiva che negativa, per il 42,4% più negativa che positiva, per il 26,1% pessima.

Crediamo ancora nella scienza? Solo il 17,6% del campione ha visto diminuire la propria fede nella scienza, mentre per la maggioranza è rimasta invariata (61,9%) e per uno su 5 (20,4%) è aumentata. Lo scetticismo sembra riguardare dunque una quota limitata di italiani, come confermano anche l’ampia adesione alla campagna vaccinale e, più in generale, alle disposizioni volte a contenere la diffusione del Covid.

Covid 19 e restrizioni: non più disposti a limitare la propria libertà. La netta maggioranza dei cittadini ha avvertito, dall’inizio della pandemia, limitazioni della propria libertà personale. Oltre un terzo (35,6%) afferma di essersi sentito  limitato sia per la situazione sanitaria sia per le scelte governative, il 29% per i rischi legati al Covid-19, il 19,1% solo a causa delle scelte del Governo. Soltanto il 16,3% degli italiani non ha mai avvertito questo disagio.

Agli intervistati è stato poi chiesto se, in caso di necessità, sarebbero disposti ad un’ulteriore limitazione della loro libertà individuale. Il 38% si dice disposto, se necessario (il 29,5% abbastanza, l’8,5% molto), ma un più cospicuo 62% manifesta un atteggiamento di chiusura (il 39,3% è poco disposto, il 22,7% per niente).

 

 

La condizione psicologica degli italiani durante l’emergenza sanitaria. La maggioranza dei cittadini afferma di essersi sentita di umore più instabile (58,4%), più demotivata (57,3%), più ansiosa (53,3%) dall’inizio della pandemia. Meno della metà del campione, ma una percentuale certamente rilevante (42,9%) riferisce di essersi sentito più depresso.

I giovani si sono sentiti depressi dall’inizio della pandemia con frequenza maggiore rispetto agli adulti e, ancor più, agli anziani. Tra i ragazzi dai 18 ai 24 anni lo riferisce oltre la metà (53,9%) e tra i 25 ed i 34 anni il 47,4%; la percentuale cala al 43,7% dai 35 ai 44 anni, al 42% dai 45 ai 64 anni, fino al valore più basso dai 65 anni in su (37,8%).

La stessa tendenza si osserva, infatti, indagando il senso di demotivazione: ammette di averlo sperimentato maggiormente con la pandemia il 68,5% dei giovanissimi, a fronte del 48,5% dei più maturi.

 

Anche l’instabilità dell’umore ha riguardato quote maggiori nelle fasce d’età più giovani: il 71,6% dei 18-24enni, il 65,5% dei 25-34enni, il 60,3% dei 35-44enni, il 57,3% dei 45-64enni e la metà degli ultrasessantaquattrenni (50,9%). Sia pur con differenze meno marcate, i ragazzi dichiarano di essersi sentiti più ansiosi con maggior frequenza rispetto ai più maturi (il 59,4% dei più giovani, contro il 48,5% degli anziani).

27 maggio 2022
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