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Pandemia. Perse dal 2020 un milione di diagnosi oncologiche, calano anche le diagnosi di Hiv: -56% rispetto ai tre anni precedenti
Ma anche appuntamenti per visite e controlli annullati( 86%), Pronto Soccorso sovraffollati a causa dell’access block e un aumento dei tempi del percorso diagnostico-terapeutico a causa di monitoraggi sempre più lunghi e complessi. A fotografare l’impatto della pandemia sulle patologie in acuto e in cronico diverse dal Covid 19 è uno studio della Fondazione The Bridge realizzato con l’Università di Pavia, Intexo e Simeu.
27 GEN - Ben 1 milione di mancate diagnosi di tumore dall’inizio della pandemia con un possibile incremento di nuovi casi del 21% entro il 2040. Un peggioramento delle condizioni di vita e di salute degli utenti già in carico ai servizi, in particolare in termini di diminuzione dell’aderenza al trattamento e un incremento del rischio suicidario. E ancora, se la pandemia non ha avuto ricadute particolarmente importanti sul percorso terapeutico dei pazienti con Hiv, al contrario ha impattato sulle attività di screening: sono diminuite intorno il 56% rispetto ai 3 anni precedenti, con picco tra marzo e maggio (-71,9%), le cui ripercussioni si vedranno nel medio periodo.
 
E poi, Pronto Soccorso sovraffollati a causa dell’access block (ossia l’impossibilità di accedere ai reparti di degenza ordinaria per mancanza di disponibilità di posti letto in un reparto di degenza che costrinde i pazienti a stazionare in Ps per più di 8 ore), ma anche un calo degli accessi in Ps di circa il 40% rispetto all’anno pre-pandemico. Oltre ad un aumento dei tempi del percorso diagnostico-terapeutico a causa di monitoraggi sempre più lunghi e complessi.
 
Infine pesanti effetti economici sulla spesa sanitaria nazionale: nel 2020 quella totale è cresciuta fino a 123,4 mld (+ 6,5%, dove tra il 2012 e il 2019 i tassi di crescita non hanno superato il 2%, con un tasso medio annuo dello 0,9%).

A fotografare l’impatto della pandemia sulle patologie in acuto e in cronico diverse dal Covid 19 è uno studio della Fondazione The Bridge con Università di Pavia, Intexo e Simeu.
 
L’obiettivo principale dello studio è stato quello di misurare quanto successo durante la pandemia e di evidenziare come abbia permeato la vita di tutta la popolazione. “Innanzitutto – ha dichiarato Rosaria Iardino presidente della Fondazione The Bridge – lo studio ha mostrato come la crisi sanitaria abbia messo in evidenza i limiti del Sistema Sanitario italiano, ascrivibili principalmente ai tagli lineari alla spesa avvenuti negli ultimi anni. È necessario configurare un sistema resiliente a questo tipo di shock al fine di poter operare al meglio nel futuro in situazioni analoghe”.
 
Diagnosi mancate in oncologia. Riguardo all’oncologia, nel 2020 le diagnosi mancate in ambito oncologico dall’inizio della pandemia ammontano a 1 milione e si prevede un incremento di nuovi casi che potrebbero aumentare del 21% entro il 2040; le interruzioni che si sono registrate nella regolare assistenza ai pazienti, tra il 2020 e il 2021, avranno conseguenze specialmente per quanto riguarda i tumori individuati in stadio avanzato. La pandemia non ha causato un impatto particolarmente significativo sulle terapie farmacologiche del cancro, grazie anche all’implementazione di strategie di prescrizione e di somministrazione di farmaci alternative. Fattori quali il ritardo o interruzione nelle cure, preoccupazioni circa la contrazione del COVID-19 e le sue ripercussioni sono stati alla base di una maggior prevalenza di ansia e depressione nei pazienti oncologici.
 
Rispetto al tema della fragilità mentale, dai risultati della survey, che ha visto il coinvolgimento di 55 associazioni di pazienti e di una società scientifica, è emerso come, soprattutto nei primi mesi di pandemia, ci sia stato un peggioramento delle condizioni di vita e di salute degli utenti già in carico ai servizi, in particolare in termini di diminuzione dell’aderenza al trattamento e incremento del rischio suicidario. Secondo la Società Scientifica, il rischio di infezione da Sars CoV-2 e di sviluppare quadri clinici più gravi è risultato più elevato tra i minori di 18 anni e nella fascia 18-35 anni.
Per quanto riguarda la popolazione generale, è stato riportato un rischio maggiore di sviluppare sintomi ansiosi, depressivi e stress correlati, l’aumento di dipendenze patologiche e di consumo di farmaci non soggetti a prescrizione come gli ansiolitici e gli psicotropi.
 
Nel primo anno di pandemia si è diffuso l’annullamento di appuntamenti per visite e controlli (86%), che secondo le associazioni è dipeso maggiormente dagli erogatori di servizi o dai medici di riferimento, sebbene sia stato riferito che spesso anche gli utenti o i loro caregiver abbiano richiesto l’annullamento, dato che può essere confermato dalla paura di accedere ai servizi sanitari e di recarsi in ospedale.
 
Se gli enti sono risultati per lo più soddisfatti dei servizi implementati per garantire la psicoterapia anche da remoto, considerati dal 63% efficaci per assicurare la continuità terapeutica de paziente, non è dello stesso parere la società scientifica, che li considera non molto efficaci, e allo stesso modo ritiene che anche gli utenti non li abbiano ritenuti validi. Tra le strategie per implementare per migliorare la presa in carico dei pazienti, sono risultati in assoluto al primo posto gli strumenti di medicina digitale (41%), l’investimento su interventi socioriabilitativi integrati basati sulla persona (29%) e una migliore organizzazione di alcuni servizi in altre strutture (15%).
 
Rispetto all’HIV, una survey, che ha visto il coinvolgimento di 32 associazioni di pazienti e 63 centri clinici, ha evidenziato come la pandemia non abbia avuto un impatto particolarmente grave sul percorso terapeutico dei pazienti, sia naive che già in terapia: gli ambiti su cui ha impattato in misura minore sono risultati essere l’accesso e l’aderenza alla terapia, mentre in misura maggiore sui ricoveri e il monitoraggio del percorso terapeutico. La pandemia sta condizionando poco la retention in care dei pazienti, così come la qualità assistenziale secondo il parere dei clinici; solo il 7% ha infatti riferito un impatto forte della pandemia sulla retention in care e, in misura maggiore, il 19% sulla qualità assistenziale.
 
È stato registrato, invece, un forte calo per quanto riguarda lo screening, stimato intorno il 56% rispetto ai 3 anni precedenti, con picco tra marzo e maggio (-71,9%), le cui ripercussioni si vedranno nel medio periodo. Anche in questo caso è stato riferito che un problema ricorrente ha riguardato l’annullamento di appuntamenti per visite e controlli, sia secondo le associazioni di pazienti (84%) che i clinici (94%), ma con un punto di vista opposto: i primi ritengono che ciò sia imputabile nella maggior parte dei casi ai centri clinici, i secondi alle associazioni di pazienti.
 
Analizzato anche l’impatto di Covid-19 sul consumo dei farmaci: i dati del report OsMed sui farmaci antipsicotici/antidepressivi e anti-demenza, sottolineano come nel primo caso ci sia stato un aumento delle prescrizioni, a dimostrazione di una situazione di malessere che ha avuto ripercussioni sulla salute e qualità di vita di tutta la popolazione, nel secondo caso invece si è osservato un decremento importante nei consumi, probabilmente ascrivibile alle limitazioni di accesso ai Centri specialistici durante la pandemia.
 
In conclusione, si può affermare che in questo momento non sia ancora possibile valutare la portata del fenomeno pandemico nella sua interezza, dal momento che i dati pubblicati sono relativi a un periodo limitato nel tempo e, soprattutto perché si prevede che Covid-19 continuerà ad avere influenza per un periodo prolungato nel tempo. Sarà quindi possibile dare una misurazione puntuale del fenomeno solo nel medio-lungo periodo, continuando ad osservare e monitorare in maniera costante gli esiti della pandemia.
27 gennaio 2022
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