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Fibrillazione Atriale. Crioablazione meglio dei farmaci come terapia di prima linea
Il New England Journal of Medicine ha pubblicato due studi che hanno fatto emergere evidenze positive per la crioablazione della fibrillazione atriale a confronto con la terapia farmacologica. “Credo che queste evidenze cambieranno le linee guida, che attualmente raccomandano l’ablazione solo se la terapia farmacologica fallisce”, dice Oussama Wazni, della Cleveland Clinic in Ohio, autore principale dello studio STOP-AF, uno dei due studi pubblicati.
17 NOV - (Reuters Health) – Due studi – pubblicati dal New England Journal of Medicine – hanno esaminato la crioablazione come terapia di prima linea per pazienti con fibrillazione atriale giungendo alla conclusione che la procedura con criopallone riduce il rischio di fibrillazione atriale (Afib) del 52% rispetto alla terapia farmacologica convenzionale.

“È chiaro che prima si interviene, migliori sono gli esiti”, ha dichiarato il Dott. Oussama Wazni della Cleveland Clinic in Ohio, autore principale dello studio STOP-AF. “Credo che queste evidenze cambieranno le linee guida, che attualmente raccomandano l’ablazione solo se la terapia farmacologica fallisce”.

L’evidenza più importante giunge dallo studio EARLY-AF condotto da Jason Andrade della University of British Columbia di Vancouver su 300 pazienti.

Nel test, i 154 pazienti assegnati a sottoporsi ad ablazione hanno ottenuto una riduzione del 52% del rischio di tachiaritmia atriale ricorrente a un anno.
Lo studio STOP-AF, condotto da Oussama Wazni e finanziato da Medtronic – ha randomizzato 203 pazienti in 24 centri medici statunitensi. Tutti presentavano fibrillazione atriale parossistica sintomatica ricorrente e non avevano ricevuto una terapia per il controllo del ritmo.

L’isolamento delle vene polmonari con un criopallone è stato eseguito su 104 pazienti. Il team di ricerca ha usato un elettrocardiogramma a 12 derivazioni periodico e il monitoraggio telefonico per valutare il successo della terapia.

A un anno l’ablazione è stata giudicata riuscita nel 74,6% dei pazienti e la terapia farmacologica ha funzionato per il 45,0% (P<0,001).
I tassi di eventi avversi gravi sono stati identici in entrambi i gruppi, attestandosi al 14%.

“Anche se la terapia farmacologica antiaritmica è raccomandata prima dell’ablazione nelle attuali linee guida, non riesce a prevenire la ricorrenza di fibrillazione atriale in una percentuale variabile tra il 43% e il 67% dei pazienti ed è stata associata a effetti avversi proaritmici ed extracardiaci potenzialmente gravi”, conclude Wazni.

Fonte: The New England Journal of Medicine

Gene Emery

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
17 novembre 2020
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