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Sopravvissuti a ictus e caregiver. Vita migliore con la spiritualità
Un team dell’Università di Roma Tor Vergata ha valutato gli effetti della spiritualità nei sopravvissuti a ictus e nei loro caregiver. Le coppie – 223 – sono state osservate per un anno, a partire dal momento della dmissione. Attraverso l’uso di tre scale di valutazione, i ricercatori italiani hanno potuto osservare una signficativa moderazione tra la correlazione tra sintomi depressivi del partner caregiver e la qualità di vita del paziente.
28 MAG - (Reuters Health) – La spiritualità aiuta le persone sopravvissute a un ictus e i loro caregiver ad avere una qualità di vita migliore. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Università di Roma Tor Vergata.
 
I ricercatori – guidati da Gianluca Pucciarelli, ricercatore presso il Dipartimento di biomedicina e prevenzione dell’Università di Roma Tor Vergata – hanno studiato 223 coppie formate da un sopravvissuto a un ictus e un partner caregiver, per un anno di riabilitazione, con valutazioni trimestrali a partire dal momento della dimissione. I sopravvissuti all’ictus avevano disabilità di grado da basso a medio e nessun altro problema importante di salute; i criteri di esclusione erano rappresentati da compromissione fisica o cognitiva preesistente, cancro o insufficienza renale. 
 
I pazienti con una forte spiritualità hanno mostrato una significativa moderazione tra la correlazione tra sintomi depressivi del partner caregiver e la propria qualità di vita. La spiritualità del sopravvissuto ha anche limitato l’associazione tra i sintomi depressivi del partner e la sua QOL fisica e psicologica.
 
“I risultati offrono alcune delle prime evidenze che la depressione, un’esperienza comune dopo un ictus, potrebbe essere contenuta dal livello di spiritualità del sopravvissuto”, osserva Gianluca Pucciarelli. “I risultati di questo studio evidenziano il ruolo protettivo della spiritualità, intesa non come religiosità ma come la percezione della vita nel contesto della cultura e dei sistemi di valori della società e riguardo a obiettivi, aspettative, standard e interessi dell’individuo”.

Ad ogni follow-up, i ricercatori hanno valutato la qualità della vita dei partecipanti usando il questionario WHOQOL-BRIEF che comprende 26 voci, la salute mentale usando la Hospital Anxiety and Depression Scale composta da 14 elementi, e la spiritualità usando il WHOQOL-SRPB, costituito da 32 voci.

L’età media dei sopravvissuti a ictus era di 70,7 anni e il loro tempo medio dall’ictus alla dimissione dalla riabilitazione era di 43 giorni. L’età media dei caregiver era di 52,3 anni e per la maggior parte si trattava di donne.

Tra i caregiver, il 63% viveva con sopravvissuti a ictus. Se non si trattava di coniugi, i caregiver erano figli (50%), fratelli (4,5%) o amici (9,5%).
Al basale, i punteggi medi relativi ai sintomi depressivi del sopravvissuto e del caregiver si attestavano rispettivamente a 9,49 e 7,18, su un possibile punteggio da 0 a 21 per ogni subscala. Il punteggio medio di spiritualità del sopravvissuto era 43,82, mentre la spiritualità del caregiver era di 45,69 su un massimo di 100.

Fonte: Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes
 
Lisa Rapaport
 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
28 maggio 2020
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