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Coronavirus. San Gallicano e Regina Elena di Roma propongono avvio sperimentazione plasma di pazienti convalescenti sia per la prevenzione che per il trattamento 
La proposta viene dai direttori scientifici dei due istituti, Morrone e Ciliberto, per valutare come la somministrazione di sieri da convalescenti possa essere capace di ridurre la carica virale. La sperimentazione potrebbe attivarsi subito in quanto “ci sono già numeri sufficienti di persone guarite e idonee a donare il siero che contiene le immunoglobuline”.
31 MAR - “Il plasma convalescente umano potrebbe diventare un'opzione sia per la prevenzione e sia per il trattamento della malattia COVID-19 e potrebbe essere prontamente disponibile poiché ci sono già numeri sufficienti di persone che sono guarite e idonee a donare il siero che contiene le immunoglobuline e questo numero crescerà ancora di più nelle prossime settimane o mesi”. A scriverlo oggi in una nota dove si propone l’immediato avvio di una sperimentazione clinica sono i direttori scientifici dell’Istituto San Gallicano (IRCCS) e dell’Istituto Regina Elena di Roma, Aldo Morrone e Gennaro Ciliberto.
 
Per Morrone e Ciliberto si tratterebbe di “un ulteriore approccio aggiuntivo e non alternativo”, rispetto alle sperimentazioni cliniche già in corso, “che potrebbe essere praticato con un investimento relativamente limitato di risorse e che si basa sull’evidenza del numero elevato e in costante crescita di pazienti guariti dall’infezione”.
 
“La profilassi o la terapia con anticorpi – spiegano i due direttori scientifici - prevede la somministrazione degli anticorpi contro un determinato agente ad un individuo sensibile con lo scopo di prevenire o curare una malattia infettiva dovuta a tale agente”, sottolineano Morrone e Ciliberto.
 
“Al contrario - sottolineano ancora - la vaccinazione attiva richiede l'induzione di una risposta immunitaria che necessita tempo per svilupparsi e varia a secondo del recipiente del vaccino. Pertanto, la somministrazione degli anticorpi passivi è il mezzo più rapido per fornire l'immunità immediata alle persone sensibili, accelerando notevolmente i tempi di approvazione rispetto ad esempio a nuovi anticorpi monoclonali specifici”.
 
Poi i due direttori scientifici ricordano che “a parte numerosi esempi più antichi come l’utilizzo di questo approccio per il trattamento dei pazienti nell’epidemia della cosiddetta “spagnola” del 1918 ce ne sono vari più recenti e documentati da solida letteratura scientifica. Come per esempio nella pandemia di influenza del 2009-2010, oppure nell’epidemia da Ebola del 2014 in Africa occidentale”.
 
“In quest’ultimo caso uno studio clinico non randomizzato è stato svolto in Sierra Leone e ha dimostrato un aumento della sopravvivenza statisticamente significativo per i pazienti trattati con i sieri dei convalescenti rispetto a quelli trattati con terapie standard. Quattro anni dopo, durante un altro focolaio di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, fu usato un farmaco costituito da anticorpi per curare i pazienti e prevenire la diffusione del virus con una riduzione del tasso di mortalità del 30 percento”, rimarcano ancora Morrone e Ciliberto.
 
E arrivando ad oggi e alla Covid 19, i due esperti sottolineano che “esistono anche report recentissimi che tale approccio è stato utilizzato in Cina nel recente outbreak di SARS-CoV-2. Sebbene pochi dettagli siano disponibili, i pochi studi pubblicati su numeri limitati di pazienti suggeriscono che la somministrazione di sieri da convalescenti è capace di ridurre la carica virale e non dà tossicità”.
 
Morrone e Ciliberto ricordano infine che l’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia “ha dichiarato di aver avviato le procedure necessarie per iniziare una sperimentazione clinica con sieri iperimmuni da pazienti convalescenti da Coronavirus” e che alla luce di queste considerazioni esiste una concreta opportunità di organizzare in Italia, con la partecipazione di Istituzioni di ricerca scientifica, un percorso coordinato che coinvolga i nostri ospedali, i centri trasfusionali, e le aziende specializzate per la preparazione in condizioni GMP di plasmi iperimmuni, la loro validazione in vitro per la capacità di bloccare la replicazione del virus ed una sperimentazione clinica multicentrica che ne dimostri il grado di efficacia”.
31 marzo 2020
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