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Caso Avastin/Lucentis. Consiglio di Stato respinge ricorsi e conferma sanzioni a Roche e Novartis per restrizione della concorrenza
Si chiude la vicenda che ha visto le due aziende protagoniste di uno scontro giudiziario iniziato nel 2013 con l’avvio di un’istruttoria da parte dell’Antitrust per lesione delle norme sulla concorrenza. In ballo la questione dell’utilizzo per uso oftalmico di Avastin (registrato come antitumorale) con costi molto inferiori rispetto alla specialità Lucentis (oftalmico). Secondo i giudici le due aziende hanno portato avanti comportamenti e azioni per disincentivare l'uso oftalmico di Avastin "manipolandone" la percezione dei rischi ai fini di condizionarne la domanda. LA SENTENZA.
16 LUG - Anche per il Consiglio di Stato, Roche e Novartis hanno leso le norme sulla concorrenza nella vicenda Avastin/Lucentis. Con una lunga e molto articolata sentenza i giudici mettono la parola fine alla vicenda iniziata nel febbraio 2013 con la decisione dell’Antitrust di avviare un’istruttoria nei confronti di Roche e Novartis per verificare “se abbiano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza per la vendita in Italia di farmaci destinati alla cura di patologie oftalmiche, quali la degenerazione maculare senile”.
 
Un anno dopo, febbraio 2014, la decisione dell’Authority di commutare una sanzione di 90 milioni di euro ciascuno a Roche e Novartis, “per aver posto in essere un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza volta ad ottenere una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, manipolando la percezione dei rischi dell’uso in ambito oftalmico di Avastin”.
 
L’intesa, sempre secondo l’Antitrust, avrebbe “mirato a ridurre la domanda, e quindi le quantità vendute, di un prodotto meno costoso (Avastin, pari a € 81,64 per iniezione) a favore del più costoso prodotto concorrente (Lucentis, inizialmente pari a € 1.100 ad iniezione, e poi sceso a € 902 dal novembre 2012), attraverso il condizionamento dei soggetti responsabili delle scelte terapeutiche”.
 
L’obiettivo di massimizzare i rispettivi introiti sarebbe derivato: nel caso del gruppo Novartis, dalle vendite dirette di Lucentis e dalla partecipazione del 33% detenuta in Roche; nel caso del gruppo Roche, dalle royalties ottenute sulle stesse tramite la propria controllata Genentech.
 
Tale strategia sarebbe stata posta in essere, sottolineava l’Antitrust, “nonostante le imprese fossero consapevoli della scarsità e discutibilità dei dati sugli eventi avversi derivanti dall’uso off-label di Avastin”.
 
Tutti elementi oggi condivisi anche dal Consiglio di Stato che ha respinto i motivi di appello delle due aziende contro la precedente sentenza del Tar Lazio del 2014 che aveva già dato ragione all’Antitrust.
 
Sulla vicenda sollecitata dallo stesso Consiglio di Stato si era pronunciata anche la Corte di Giustizia Europea nel gennaio 2018 anch’essa dell’avviso che “l’intesa tra i gruppi farmaceutici Roche e Novartis volta a ridurre l’utilizzo in ambito oftalmico del medicinale Avastin e a incrementare quello del Lucentis potrebbe costituire una restrizione della concorrenza «per oggetto»”.
 
Tra le molte valutazioni del Consiglio di Stato spicca quella con la quale, in linea con l'Antitrust, si sottolinea che “Non occorreva, al fine di integrare l’illecito, la prova scientifica dell’equivalenza terapeutica dei due farmaci sotto ogni profilo in ambito oftalmico...”, considerato che  “nel descritto contesto di incertezza scientifica non era comunque consentito a due imprese concorrenti di concertare una campagna informativa volta a «manipolare» la percezione dei rischi dell’uso di un farmaco, al fine di condizionarne la domanda”.
 
Una accusa, in particolare, che la Roche respinge nella nota diffusa appena appresa la sentenza. “Non c'è stata alcuna collusione con Novartis riguardo ai due farmaci bevacizumab e ranibizumab” (rispettivamente i principi attivi di Avastin e Lucentis, ndr.). Tutti i contatti tra Roche e Novartis sono stati assolutamente leciti, basati su informazioni veritiere di farmacovigilanza. Roche è un'azienda farmaceutica, opera in un settore altamente normato, ne ha sempre rispettato le regole in totale integrità e trasparenza e continuerà a farlo. Il suo unico obiettivo è sempre stato quello di garantire la salute e la sicurezza dei pazienti”, si legge nella nota.
 
L'azienda prosegue poi sottolineando che “pur rispettando la decisione del Consiglio di Stato, esprime tutto il proprio disaccordo per le conclusioni a cui sono arrivati i magistrati. La sentenza lascia privi di risposta tutti gli argomenti difensivi sollevati da Roche in questi lunghi anni”. 
 
Sulla vicenda interviene anche Novartis che “prende atto con rammarico della Sentenza del Consiglio di Stato.  Sin dall’inizio Novartis ha respinto con forza queste accuse ed è convinta che il caso antitrust sia stato guidato da motivi puramente economici, volti a forzare, nel quadro normativo italiano, un cambiamento atto a consentire il rimborso generalizzato di un farmaco in un’indicazione priva di autorizzazione (off label), nonostante la presenza sul mercato di medicinali autorizzati (on label)”.
 
“Sebbene la sentenza della Corte sia stata sfavorevole, Novartis conferma la correttezza del proprio operato e rimane convinta che l’utilizzo di un farmaco fuori indicazione in presenza di farmaci appropriati costituisca una minaccia per l’esistente sistema legale, medico e regolatorio, istituito per monitorare l’uso efficace e sicuro dei medicinali nei pazienti”, conclude la nota.
 
Di tutt’altro tenore il commento di Altroconsumo una delle parti in causa che in una nota sottolinea come “da oggi nessuno lo può più mettere in dubbio: Roche e Novartis hanno posto in essere un’intesa anticoncorrenziale per favorire artificiosamente la vendita di Lucentis (Novartis) a danno diAvastin (Roche), farmaci entrambi efficaci nella cura della maculopatia oculare, ma l’uno (Lucentis) enormemente più costoso del secondo (Avastin)”.
 
“Ci sono voluti 10 anni e 4 diversi gradi di giudizio – ha dichiarato Ivo Tarantino, Responsabile Relazioni Esterne Altroconsumo – ma alla fine l’impegno indefesso che ci ha visto in campo fin da subito a tutela della difesa dei consumatori ha pagato. In questi anni sono stati tanti i tentativi delle due aziende di ribaltare le carte in tavola, con tecnicismi estremi che niente hanno a che vedere con il cuore della vicenda: i pazienti si sono visti negati l’accesso alla cura di una malattia grave come la maculopatia e il servizio sanitario ci ha rimesso decine di milioni di euro per una scellerata concertazione illecita delle due case farmaceutiche”.
 
Il commento dell'Emilia Romagna anche lei tra le parti coinvolte. “Cala il sipario su una vicenda che in tutte le tappe giudiziarie ha visto confermata la nostra tesi: era ed è giusto erogare nelle strutture pubbliche, come abbiamo fatto noi, questo medicinale efficace nella cura della maculopatia retinica e dal costo di quaranta volte inferiore a quello di altri farmaci”.
 
Così l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi, commenta il pronunciamento del Consiglio di Stato, che fa seguito a quello della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
 
“Una battaglia lunga e complicata, che finalmente giunge al termine con la conferma che era non solo giusta, ma anche doverosa - aggiunge Venturi -. Per primi in Italia ci siamo battuti per arrivare a questo risultato, non possiamo che essere soddisfatti e orgogliosi della nostra scelta. E viene ancora una volta ribadito quanto da sempre abbiamo sostenuto: un farmaco è sì un prodotto dell’industria, ma ancor prima un bene essenziale per la salute”.
 
“Ora viene chiarito senza alcun margine di dubbio - chiude Venturi - ciò che abbiamo sempre sostenuto: l’utilizzo di Avastin off label, cioè per un uso diverso da quanto previsto dalle indicazioni di registrazione, nel trattamento della maculopatia degenerativa nelle strutture sanitarie della regione è pienamente legittimo”.
16 luglio 2019
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