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Occlusione dell’intestino tenue. La chirurgia non aumenta il rischio aderenze
Nel trattamento dell’occlusione dell’intestino tenue, il ricorso alla chirurgia è stato fino a oggi ritenuto legato alla comparsa di aderenze e al rischio sdi recidiva. Un ampio studio osservazionale, condotto in Canada, ribalta questo concetto
12 FEB - (Reuters Health) – Contrariamente a una prassi clinica consolidata, l’intervento chirurgico riduce il rischio che le aderenze legate l’occlusione dell’intestino tenue si formino nuovamente. È quanto sostengono i ricercatori dell’Università di Toronto dopo aver studiato i dati relativi a 27.904 pazienti ricoverati negli ospedali dell’Ontario, in Canada, per un primo episodio di aSBO dal 2005 al 2014.
 
“Le aderenze legate all’occlusione dell’intestino tenue  costituiscono una delle ragioni più comuni di ricoveri e interventi chirurgici – spiega Ramy Behman, dell’Università di Toronto, autore principale dello studio – La pratica clinica da tempo ritiene che l’opzione chirurgica per i pazienti con occclusione dell’intestino tenue si traduca in un’elevata formazione di aderenze e nell’aumento del rischio di recidiva. Il nostro studio ha sfidato questo dogma, mostrando che l’intervento chirurgico per le aderenze legate occlusione dell’intestino tenue è associato a un rischio significativamente più basso di recidiva”.

Lo studio
Il 22,2% dei pazienti presi in considerazione dallo studio è stato sottoposto a intervento chirurgico per gestire l’ostruzione. Questi pazienti erano più giovani (età media, 60,2 vs 61,5 anni) e avevano meno comorbilità rispetto a quelli gestiti in modo non operatorio. I tassi di recidiva erano più bassi con la gestione operatoria (13,0% vs 21,3%; fattore di rischio, 0,62).
 
La probabilità a cinque anni di recidiva aumentava con ciascun episodio fino all’intervento chirurgico; a quel punto il rischio di ricorrenza successiva diminuiva di circa il 50%. Inoltre, per ciascun episodio gestito in modo non operatorio, l’aumento della probabilità di recidiva a cinque anni variava dal 19,2% dopo il primo episodio, al 48% dopo il terzo.

Includendo tutti i pazienti con recidive, la riduzione del rischio relativo associata alla gestione operatoria durante il secondo e il terzo episodio era rispettivamente del 51% e del 55%. “Il rischio a lungo termine di recidiva di occlusione dell’intestino tenue dovrebbe essere considerato nella gestione di questa popolazione di pazienti”, conludono i ricercatori.

"Questi risultati cambiano in modo significativo il modo in cui pensiamo all’occlusione dell’intestino tenue: da una malattia caratterizzata da episodi acuti indipendenti, a una malattia ricorrente a lungo termine in cui strategie di gestione diverse influenzano i rischi a lungo termine – aggiunge Behman – Questo cambiamento di paradigma cambierà il modo in cui verranno prese le decisioni e la pratica clinica".

Fonte: JAMA Surg 2019

Marilynn Larkin

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
12 febbraio 2019
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