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Dispositivi medici. Boggetti (Assobiomedica) all’attacco: “Il payback è inapplicabile e blocca l’innovazione”
Il presidente degli industriali del biomedicale si scaglia contro la misura di ripiano rinnovata nella recente manovra. “Non può funzionare un sistema in cui lo Stato e le Regioni individuano un tetto di spesa, slegato da qualsivoglia analisi sulle necessità del sistema sanitario e dei cittadini, e decida che sopra quel tetto si fa metà per uno”.
19 GEN - Il payback sui dispositivi medici, che la manovra varata dal governo rinnova per tre anni, "è una tassa occulta e inapplicabile", che penalizza un comparto da circa 4mila imprese e 11,4 miliardi di fatturato, bloccando anche l'innovazione in sanità e l'accesso per i cittadini a una medicina moderna e centrata sull'individuo. A sostenerlo, in un colloquio con l’agenzia Agi, è il presidente di Assobiomedica, Massimiliano Boggetti che apre il fronte di protesta anche delle industrie dei dispositivi medici dopo il fronte aperto da quelle del farmaco.
 
"Dalla manovra ne usciamo male: prima del voto avevamo chiesto di investire sul nostro comparto, che è un settore ad alta tecnologia, che vive di innovazione, ricerca e sviluppo e occupazione altamente qualificata. La legge di bilancio, invece, investe in pensioni e sussidi a scapito di scuola, formazione e investimenti in innovazione, ovvero dei fattori trainanti delle nostre imprese", spiega l'imprenditore. Che, per il suo comparto in particolare, mette nel mirino la conferma del meccanismo del payback, introdotto a partire dal 2015 e confermato anche per il futuro: si tratta di un sistema per cui, se si supera il tetto di spesa prefissato, alle aziende è chiesto di compartecipare con una quota del 50%. "Siamo molto arrabbiati, anche perché si tratta di una cosa inapplicabile: nei primi tre anni non ha generato gettito per lo Stato, ma ha portato soltanto le aziende a dover fare accantonamenti in bilancio e a ridurre gli investimenti", premette Boggetti. Le imprese di dispositivi medici sono state costrette ad accantonare in bilancio circa 1 miliardo di euro nel triennio 2015-2017, con un impatto negativo su investimenti in ricerca e innovazione e sull'occupazione.
 
 
 
 
"Non può funzionare un sistema in cui lo Stato e le Regioni individuano un tetto di spesa, slegato da qualsivoglia analisi sulle necessità del sistema sanitario e dei cittadini, e decida che sopra quel tetto si fa metà per uno. Non c’è un'analisi accurata dei fabbisogni dei cittadini e inoltre quello non è un meccanismo di payback, ma è una tassa e questo balzello l'industria non può sopportarlo. Stiamo correndo il rischio che le imprese se ne vadano, o restino con prodotti di seconda fascia", è' l'allarme lanciato dal presidente di Assobiomedica. In Italia il peso della spesa sanitaria sul Pil è del 6,7%, tra i piu' bassi d'Europa, con la prospettiva di arrivare al 6,4% nel 2020; la spesa in dispositivi medici incide circa del 7,7% (189 euro pro capite contro i 414 della Germania e i 285 della Francia) sul totale di quella sanitaria: in totale nel 2017 è stata di circa 6 miliardi, a fronte di un tetto stimato del 4,4% del Fsn.
 
“Che ci piaccia o no, i sistemi sanitari dei Paesi occidentali sono destinati a dover trovare le risorse per una popolazione che invecchia, ma che vuole anche vivere meglio. Investire in tecnologia e in dispositivi sempre più all'avanguardia è alla base di questo processo, anche perché rende la sanità più sostenibile: risparmiare qualche euro su una protesi fatta con materiali di vecchia generazione produce poi un costo più alto di quanto risparmiato viste le ricadute sul cittadino", continua Boggetti, secondo cui "tetti di spesa fatti al ribasso vanno contro la medicina del futuro, che deve essere basata sulle 4P: preventiva, predittiva, partecipativa e personalizzata". "Una medicina, insomma, pensata sull'individuo: il nostro sforzo di investimento tecnologico va proprio in questa direzione ed il rischio è che i cittadini italiani rimangano fuori dalla medicina moderna", conclude l'imprenditore.
 
19 gennaio 2019
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