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Alcol. Negli anziani con insufficienza cardiaca è quasi un toccasana. Ma con moderazione
Sette drink a settimana - equivalenti ciascuno a 0,35 litri di birra, un bicchiere di vino da 175 ml o a uno shot di superalcolici da 45 ml - non danneggiano la salute degli anziani che soffrono di insufficienza cardiaca. Anzi, darebbero una mano alla longevità.
08 GEN - (Reuters Health) – Alcol non del tutto vietato agli anziani con insufficienza cardiaca. Un massimo di sette drink a settimana non compromette la salute.
A patto che questa moderata abitudine sia cominciata prima dell’insorgenza dei disturbi cardiocircolatori. È quanto emerge da uno studio condotto dalla Washington University di St. Louis e diffuso dall'Agenzia Reuters Health.
 
“Gli over 65 con insufficienza cardiaca abituati a consumare moderate quantità di alcol possono continuare a farlo senza problemi”, dice l’autore principale dello studio, L. Brow. “Non solo, questa abitudine potrebbe recare alcuni benefici in termini di longevità, anche se non è stato dimostrato un rapporto di causa-effetto. Abbiamo riscontrato che chi dopo la diagnosi ha continuato a bere alcool moderatamente, ha vissuto quasi un anno in più di non aveva questa abitudine”.

Lo studio. Per determinare se l’alcol dovesse essere tolto o meno dal menù per i pazienti con insufficienza cardiaca, Brown e colleghi hanno esaminato le cartelle cliniche di quasi 6.000 pazienti, dai 65 anni in su, che hanno partecipato al Cardiovascular Health Study tra il 1989 e il 1993 in quattro luoghi degli USA. Nel gruppo erano presenti 393 individui che hanno ricevuto unadiagnosi di insufficienza cardiaca nei primi nove anni di follow-up.

I partecipanti con insufficienza cardiaca sono stati seguiti fino a giugno 2013, con regolari interviste telefoniche. I ricercatori hanno scoperto che 129 di questi pazienti avevano continuato a bere dopo la diagnosi e la maggior parte dei quali aveva consumato l’equivalente di sette drink a settimana.

Un drink è stato considerato equivalente a a 0,35 litri di birra, un bicchiere di vino da 175 ml o uno shot di superalcolici da 45 ml. Soltanto 17 pazienti con insufficienza cardiaca avevano consumato più di sette drink a settimana. Dei 168 soggetti che si sono astenuti dall’alcool, poco più della metà erano ex alcolisti e gli altri astemi.

I risultati. Dopo aver considerato fattori che potrebbero influenzare la progressione dell’insufficienza cardiaca, come età, sesso, fumo, diabete e cardiopatia o nefropatia nell’anamnesi, i ricercatori hanno rilevato che i pazienti che continuavano a bere dopo la diagnosi di insufficienza cardiaca vivevano più a lungo.

In media, coloro che non bevevano vivevano 2.640 giorni dopo la diagnosi, rispetto ai 3.046 giorni di chi consumava da uno a sette drink a settimana e ai 2.806 giorni di chi ne beveva più di sette a settimana.
 
Non essendo stato dimostrato un rapporto di causa-effetto, però, i ricercatori non hanno potuto concludere che bere con moderazione abbia davvero effetti protettivi.


Fonte: JAMA Network Open 2018
 
Linda Carroll

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) 
08 gennaio 2019
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