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Infezioni batteriche e antibiotico resistenza. Come contrastarle? Con una Partnership che coinvolga tutti gli attori del sistema 
La prevalenza di ceppi batterici resistenti nel nostro Paese è tra le più alte d’Europa: molto è stato fatto e molto resta da fare per arginare e gestire il problema. A Roma, esperti a confronto in un convegno organizzato da Msd Italia, alla ricerca di soluzioni e proposte condivise per affrontare il problema della resistenza antimicrobica nel nostro Paese.
14 GIU - Hanno ridotto in maniera significativa il numero dei decessi causati dalle malattie infettive e migliorato lo stato di salute dei cittadini, ma ora gli antibiotici, armi importanti per contrastare insidiose patologie, stanno diventando un’arma a doppio taglio. Il loro eccessivo e inappropriato utilizzo negli uomini e negli animali ha indotto una resistenza batterica che sta comportando un prolungamento della degenza ospedaliera, il fallimento terapeutico e un significativo numero di morti, con conseguente incremento dei costi sanitari. E così, anche per le scarse pratiche di controllo delle infezioni, l’antibiotico-resistenza è diventata una seria minaccia alla salute pubblica globale.
 
Di contrasto all’antibiotico-resistenza si è parlato oggi al Convegno dal titolo ‘Scenari, priorità e obiettivi, secondo un approccio One Health”, un evento organizzato a Roma, da MSD Italia, che ha visto confrontarsi associazioni, rappresentanti delle Istituzioni e del mondo scientifico per capire quali sono le possibili linee di intervento.
“Msd è convinta che la lotta alle malattie infettive non possa prescindere da una chiamata alla co-responsabilità, che coinvolga sia gli attori pubblici sia i privati, nel rispetto del ruolo e della funzione di ciascuno – ha spiegato Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di Msd Italia – per questo crediamo fermamente nella costruzione di Partnership, trasparenti e di valore, a fianco del mondo scientifico, dei pazienti e della Sanità Pubblica. E per questo, continuiamo a mantenere il nostro impegno a investire in Ricerca, senza accontentarci degli eccezionali traguardi che abbiamo raggiunto nei nostri 127 anni di storia ma lavorando senza sosta per individuare e rendere disponibili nuovi farmaci e vaccini che possano fare la differenza, contribuendo efficacemente a contrastare le infezioni e l’insorgenza di resistenze”.
 
“I microbi non conoscono confini – ha detto l’Onorevole Elena Carnevali del Pd – sono invisibili ma ci sono, 'viaggiano' e si spostano: così anche i confini delle resistenze antibiotiche si sono allargati: dall’ospedale alle Ltfc, le Rsa, al territorio la diffusione dell’antibioticoresistenza si estende. E’ evidente che questo fenomeno deve essere gestito in un modo serio, integrato, finaziato. Non può essere derubricato a un mero problema medico, ma in quanto seria minaccia per la salute globale, richiede l'azione coordinata di molti soggetti che operano in ambiti (medicina umana e veterinaria, settore agroalimentare, ambiente, ricerca e comunicazione, economia, e altre) e livelli diversi (locale, nazionale e globale). Non dimentichiamo che il fenomeno ha anche un’incidenza notevole sui costi di degenza e quindi sulla sostenibilità del Ssn”.

I numeri del problema. In Europa, oltre 4 milioni di persone l’anno vengono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25mila morti stimate per infezioni provenienti da germi resistenti. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) colpiscono ogni anno circa 284mila pazienti causando circa 4.500-7mila decessi.  Nel mondo, nel 2050, si stima che le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti l’anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 ml/anno), diabete (1,5 ml/anno) o incidenti stradali (1,2 ml/anno) con un impatto negativo – secondo recenti stime del Fondo Monetario Internazionale – di circa il 3,5% sul PIL mondiale.
 
L’Italia, secondo i dati dell’Ema, è il primo paese europeo per utilizzo di antibiotici in ambito umano e terzo per uso sugli animali negli allevamenti intensivi. E dai numeri dell’Istituto Superiore di Sanità emerge che in Italia il livello di antibiotico-resistenza si colloca fra i più elevati in Europa con una percentuale annuale di pazienti infetti fra il 7 e il 10%. Ogni anno si verificano 450-700 mila infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi). Di queste, si stima che circa il 30% siano potenzialmente prevenibili (135-210 mila) e che siano direttamente causa del decesso nell’1% dei casi (1350-2100 decessi prevenibili in un anno).

Ma lo scenario potrebbe essere reversibile, ha detto Gianni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, Iss: “Lo dimostrano i casi dell’Inghilterra, che ha saputo instaurare politiche efficaci per gestire le resistenze da Stafilococco, così come hanno fatto l’Olanda e altri Paesi del nord Europa. Naturalmente servono programmi efficaci che consentano di garantire il rispetto di protocolli severi riguardo, ad esempio, all’igiene. Lavarsi accuratamente le mani e cambiare i guanti prima di intraprendere una qualsiasi procedura medica su un paziente dovrebbe essere una norma inderogabile. Un altro aspetto fondamentale è l’applicazione della Stewardship Antimicrobica, ossia dell’appropriatezza nella prescrizione degli antibiotici, in particolare in ambito ospedaliero che è il contesto principale nel quale si generano le resistenze. E poi, naturalmente, è auspicabile un aumento degli investimenti in Ricerca e Sviluppo”.

L’approccio One Health. Per contrastare la resistenza antimicrobica, dunque, è necessario quello che viene definito approccio One Health, che coinvolga medicina umana e veterinaria, ricerca, agricoltura e comunicazione.Lavorare insieme per promuovere e sostenere la Stewardship antimicrobica, è fondamentale, perché solo attraverso un uso appropriato di antibiotici negli animali e negli uomini si può contrastare il fenomeno.  La Ricerca si deve impegnare per trovare nuove molecole antibiotiche. Mentre è necessario diffondere la cultura della prevenzione come “arma” a supporto della lotta alla resistenza antimicrobica e promuovere l’adozione di stili di vita sani e comportamenti sanitari corretti attraverso la corretta informazione. 
 
Una chiamata alla co-responsabilità. Per essere parte della soluzione, ogni attore deve tenere fede a una responsabilità che dipende direttamente dalla funzione che ricopre: i medici e i ricercatori per quanto riguarda l’appropriatezza e la ricerca; le istituzioni per l’attuazione e la sostenibilità; i farmacisti, gli infermieri e il personale ospedaliero per il rispetto dei protocolli; i pazienti e i caregiver per i comportamenti corretti e il rispetto delle indicazioni del medico; giornalisti per la corretta informazione.
 
Stewardship antimicrobica. Per far fronte all’aumento dell’antibiotico-resistenza e alla diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici, lo scorso anno, è stato approvato il Piano Nazionale per il Contrasto all’Antibiotico Resistenza (Pncar) 2017-2020 che prevede uno sforzo di coordinamento nazionale, obiettivi specifici e azioni programmate. Con il Pncar potremo davvero scongiurare, per il nostro Paese, il preoccupante allarme lanciato dall’Oms nel 2015 sull’incidenza di mortalità da infezioni batteriche nel 2050?  “Noi ci stiamo muovendo in questa direzione – ha sottolineato Claudio D’Amario, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute – che è quella indicata anche dall’Oms, ed impegnando con l’obiettivo di migliorare il panorama per il nostro Paese, ma è intuibile che l’impatto complessivo dipenderà dalla attuazione di una strategia globale che coinvolge organizzazioni internazionali e tutti i governi in quanto nel campo delle malattie infettive nessun paese o regione può illudersi di vincere la battaglia da solo proprio perché i germi non conoscono confini geografici o geopolitici. Non per nulla l’Amr è stata identificata tra le minacce a natura transfrontaliera che necessitano, per il loro contrasto, sforzi congiunti degli Stati”.

“Bene l’essersi dati obiettivi importanti, attraverso un Pncar 2017-2020 – ha affermato Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale per i Diritti del Malato, Cittadinanzattiva – ma è necessario che non sia un Piano che rimanga sulla carta. L’Antibiotico Resistenza e le infezioni correlate all’assistenza devono rientrare nella scala delle priorità dell’agenda istituzionale, attraverso una Programmazione strategica, a partire dal controllo e dalla vigilanza della prevalenza delle Ica, anche come indicatore per l’accreditamento delle strutture, come obiettivo aziendale e come obiettivo delle Direzioni Generali. Tutti gli stakeholder hanno un ruolo attivo e devono concorrere in questa partita: dal livello istituzionale, alle Dirigenze sanitarie, al professionista sanitario (medico, infermiere, farmacista, infettivologo, microbiologo, etc.), all’operatore non sanitario. Ma anche la persona, i suoi familiari e caregiver hanno un ruolo fondamentale. È molto importante lavorare sull’empowerment e sull’educazione al paziente, puntando su una informazione e comunicazione fruibile, dal momento che ci confrontiamo con uno basso livello alfabetizzazione sanitaria (health literacy)”.
 
Per Massimo Andreoni Direttore scientifico della, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali bisogna favorire programmi di controllo e adottare un infettivologo in ogni struttura: “È indispensabile che le diverse professionalità impegnate al contrasto delle infezioni siano potenziate in tutte le diverse strutture sanitarie. La medicina oggi si deve confrontare con pazienti sempre più complessi che necessitano di alta specializzazione; in questo scenario non è più pensabile che la gestione della terapia antimicrobica non sia governata dagli infettivologi e quindi questa figura professionale deve essere presente in tutti gli ospedali”.
 
È necessario allocare maggiori risorse ha detto Francesco Menichetti, Presidente Gisa, Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica. “Si è giustamente affermato il diritto di libero accesso alle cure per l’epatite C, patologia per la quale sono disponibili farmaci innovativi e per la quali vengono allocate risorse – ha sostenuto –  ma per i nuovi antibiotici, che rappresentano un presidio salvavita per i pazienti con gravi infezioni in ospedale persistono invece importanti restrizioni.  Penso sia necessario che le società scientifiche interessate al tema delle infezioni da batteri antibiotico-resistenti debbano in modo armonico porre il problema agli interlocutori istituzionali”.
 
 
Il caso campano. In linea con gli obiettivi del Piano, la Regione Campania ha recentemente approvato, nell’ambito dell’attuazione del Piano Regionale della Prevenzione 2014-2108, delle Linee di indirizzo per tutte le Aziende del Sistema Sanitario Regionale sulle azioni di contrasto al fenomeno dell’antibiotico resistenza e sulle attività di prevenzione e controllo delle infezioni da organismi resistenti agli antibiotici. Il documento campano intende fornire a tutte le figure professionali coinvolte nei percorsi prescrittivi, raccomandazioni generali ed indicazioni specifiche, rispettivamente per la realizzazione dei programmi di antimicrobial stewardship e per l’implementazione locale dei protocolli di terapia antibiotica empirica.

“Per lo sviluppo delle linee giuda – ha spiegato Giovanni Battista Gaeta Ordinario e Direttore Uoc Malattie Infettive dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli – siamo partiti considerando l’elevata presenza di germi multiresistenti sia nelle aziende ospedaliere sia sul territorio. Abbiamo quindi deciso di dare seguito a quanto previsto dal Pncar, lavorando alla formulazione di raccomandazioni legate alla terapia antibiotica in particolare su pazienti in stato febbrile e con sintomi di infezione. In seguito abbiamo promulgato queste raccomandazioni sul Bollettino regionale per le sindromi infettive quali infezioni addominali, endocarditi, polmoniti (queste ultime hanno un’alta incidenza sul nostro territorio e in ospedale). Il lavoro non è finito qui. Stiamo ad esempio lavorando alacremente per mettere a disposizione dal prossimo autunno una Fad gratuita, della durata di un anno, rivolta ai medici sul territorio, ai medici ospedalieri, ai farmacisti e ai microbiologi. Il processo di condivisione di informazioni, che ho definito “disseminazione”, è fondamentale, ed è il primo step di una catena di eventi che prevedrà anche il coinvolgimento dei medici sul territorio, dei farmacisti, e non per ultimo un’opera di sensibilizzazione delle persone. Spesso – ha aggiunto –  infatti, sono i pazienti stessi che premono per la terapia antibiotica, o che recuperano gli antibiotici rimasti a disposizione da precedenti terapie, utilizzandoli quindi in maniera impropria e favorendo in tal maniera l’aumento delle resistenze. Per dare un’idea del problema: in Campania abbiamo il 40% di Streptococcus pneumoniae resistente ai più comuni antibiotici come i macrolidi. Invece i chinolonici risultano spesso inefficaci perché i ceppi di Escherichia Coli che circolano sul territorio hanno una resistenza nel 40-50% dei casi. Insomma, abbiamo messo a punto un modello che rimane perfettibile: ben venga, dunque, che altre regioni utilizzino il risultato del nostro lavoro per migliorarlo. La nostra è un’operazione ancora in fase di start up, per essere sviluppata e migliorata richiederà il contributo di tutti.
 
14 giugno 2018
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