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Farmaci. 30 anni fa veniva inserito nome commerciale e principio attivo in alfabeto Braille, grazie all’iniziativa del farmacista Russo
Il titololare di farmacia di Agrigento, una serata del marzo 1988, pensò che all'epoca solo un’azienda prevedeva le diciture in Braille. Prese contatti con l’allora sottosegretario alla Sanità Maria Pia Garavaglia, e si intensificano le azioni per estendere le diciture in Braille per tutti i farmaci. La sua campagna non finì lì, ma si allargò ai cosmetici, con i primi risultati nel 1992.
14 MAG - Sono passati trent’anni da quando si è posto con forza l’obiettivo di rendere autonome nell’utilizzo del farmaco le persone prive dalla vista, prevedendo cioè la scrittura in alfabeto Braille di nome commerciale e principio attivo. I più attenti alle date potrebbero chiedersi perché parlare di 30 anni quando questa pratica è stata prevista per legge nel 1995. Giusta osservazione, ma in realtà la Legge è arrivata dopo che già la quasi totalità delle aziende aveva cominciato a impiegare le dicitura in Braille.
 
E questo lo si deve all’azione di un titolare di farmacia di Agrigento, il dottor Angelo Russo, partita in una serata del marzo 1988 nel corso di una conversazione con l’amico professor Salvatore Sciascia, allora consigliere delegato della sezione agrigentina dell’Unione Italiana Ciechi. “All’epoca solo un’azienda, la UCB, prevedeva le diciture in Braille, ma parlando con il professor Sciascia ci siamo detti: perché non provare a far sì che venga adottata da tutte le case? Allora pareva una follia…”.
 
Iniziava così, con l’annuncio in una puntata della trasmissione radiofonica “La voce dei non vedenti” e in un articolo del settimanale diocesano “l’Amico del popolo” (il 24 aprile dello stesso anno), una vera e propria campagna di sensibilizzazione. Molte le tappe significative: dalla presentazione pubblica del “progetto Braille” al Congresso della Federfarma di quell’anno, ai contatti con Farmindustria, allora presieduta da Claudio Cavazza (ad della Sigma Tau) e naturalmente con la FOFI: il presidente Giacomo Leopardi interessò immediatamente il Ministero della Sanità e fece pubblicare la lettera del dottor Russo sul “Giornale del Farmacista”.
 
Instancabile, il dottor Russo prende contatti anche con l’allora sottosegretario alla Sanità onorevole Maria Pia Garavaglia, e si intensificano le azioni per così dire bilaterali: è l’allora vicepresidente di Federfarma nazionale, Renzo Mori, a comunicare i progressi raggiunti in sede di commissione paritetica Federfarma-Farmindustria. Ed è così che nel marzo 1990, racconta Angelo Russo, “quando mi sono arrivati in farmacia i medicinali ho preso in mano una confezione di Carnitene e ho subito avvertito che c’era qualcosa di differente: l’ho sfiorata col dito e non ho avuto più dubbi: era la dicitura in Braille”.
 
Ancora oggi il dottor Russo si emozione a questo racconto, mentre sottolinea che da quel momento praticamente tutte le case riportavano la dicitura per i non vedenti. La sua campagna non finì lì, ma si allargò ai cosmetici, con i primi risultati nel 1992, e allo scenario internazionale, arrivando a interessare Alberto Aleotti, allora vicepresidente della Federazione mondiale delle Industrie Farmaceutiche, a questo aspetto del problema. Perché, dice Russo, “la prima globalizzazione l’ha realizzata Gesù Cristo, abbracciando l’infermo e il lebbroso” e tiene a ringraziare tutti coloro che lo hanno supportato, i già citati Sciascia e Mori, il dottor Sossio Guarnaccia, il dottor Turi Giunta, il giornalista Lorenzo Verlato e molti altri ancora.
 
Dei tanti riconoscimenti per la sua attività, Angelo Russo tiene a citare una lettera del Presidente Leopardi, del 2009, che dice: “Caro Angelo, la Zecca dello Stato ha coniato una moneta in onore di Braille, te la invio convinto che te la meriti per quanto hai fatto e realizzato per i non vedenti”. Come si potrebbe definire oggi l’impegno di Angelo Russo? Una battaglia di cultura e sensibilità? Un esempio di patient advocacy? Lui risponde: “Un atto d’amore”.
 
Maurizio Imperiali
14 maggio 2018
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