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Influenza. Per i maschi sintomi più pesanti? Pare proprio di sì
Siamo alla vigilia delle festività natalizie e come tutti gli anni il British Medical Journal pubblica una serie di ‘studi’ di alleggerimento, ma redatti con rigore scientifico. Uno dei più gettonati della settimana è quello che tenta di dare una spiegazione scientifica al perché il maschio con l’influenza (o con un comune raffreddore) sembri invariabilmente e inesorabilmente sull’orlo della fossa. Una minuziosa discettazione scientifica arriva ad offrire una spiegazione biologica ed evoluzionistica al fenomeno. Con buona pace delle mogli malpensanti.
13 DIC - Gli inglesi hanno addirittura coniato un’espressione, ‘man flu’ per descrivere l’atteggiamento tipico dei maschi di fronte alla più banale delle sindromi influenzali. Basta qualche linea di febbre e il dramma è servito, pronti per l’ospedale o per fare testamento.
 
Non potendone più di risatine e prese in giro in merito alle presunte esagerazioni dei maschi alle prese con raffreddori e influenze, Kyle Sue professore associato di medicina di famiglia presso l’università di Alberta (Canada) ha deciso di approfondire la questione, mettendosi alla ricerca, non tanto dell’uomo come Diogene, quanto di un’attenuante a questo atteggiamento maschile.
 
E il suo articolo, pubblicato su British Medical Journal di questa settimana, sta diventando un caso editoriale, ripreso da testate giornalistiche di tutto il mondo, sotto una nevicata di ‘like’, verosimilmente tutti maschili. Il professor Sue infatti con la sua ricerca è riuscito a sdoganare il maschio da anni e anni di prese in giro che scattano impietose non appena il termometro valica l’asticella dei 37 gradi.
 
Ed ecco le sue argomentazioni, frutto di una meticolosa ricognizione ‘di genere’ su Pubmed.
 
Gli studi animali
Sono diversi gli studi che dimostrano che tra i topi, le femmine hanno delle risposte immunitarie più robuste dei maschi; questo ha portato ad ipotizzare che gli ormoni sessuali femminili abbiano un importante ruolo protettivo sull’esito dell’influenza. Almeno fino alla menopausa.
 
Gli studi sull’uomo
Le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte per quanto riguarda la risposta all’influenza. Le differenze di risposta al virus insomma non sarebbero limitate agli studi in vitro o sugli animali da esperimento, ma emergono anche dagli studi sull’uomo. Se ne è accorta anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità quando afferma che ‘le differenze di genere andrebbero considerate nella valutazione dell’esposizione e degli esiti dell’influenza’.
Uno studio epidemiologico realizzato ad Hong Kong tra il 2004 e il 2010 ha evidenziato che i maschi colpiti da influenza sono a maggior rischio di ricovero; uno studio osservazionale americano (1997-2007) rincara la dose, dimostrando una maggior mortalità tra gli uomini colpiti da influenza, rispetto alle donne della stessa fascia d’età.
Non resta dunque che vaccinare a tappeto tutti i maschi? La soluzione non è così facile; un altro studio dimostra infatti che le donne rispondono al vaccino antinfluenzale meglio dei maschi e più testosterone scorre nelle vene, peggiore è la risposta anticorpale al vaccino (il testosterone ha un ruolo immunosoppressivo?).
 
Un gap immunitario di genere
Le evidenze scientifiche insomma sembrano sfatare il mito delle lamentale esagerate da parte del maschio colpito da virosi respiratoria; i maschi presentano una maggiore morbilità e mortalità da patologie virali rispetto alle femmine, in quanto dotati di un sistema immunitario meno forte. L’estradiolo sarebbe insomma un baluardo delle difese immunitarie, mentre il testosterone le affosserebbe. In realtà potrebbero esserci altre spiegazioni nascoste del tipo che i maschi tendono a fumare di più e a fare meno prevenzione in generale.
 
E qualcuno ha pensato bene di tirare in ballo anche Darwin. Un sistema immunitario meno performante è il prezzo da pagare all’effetto immunosoppressivo del testosterone; ma il bilancio, da un punto di vista evoluzionistico è comunque favorevole perché senza il comportamento aggressivo conferito dal testosterone, i nostri antenati sarebbero morti molto prima per un trauma (l’attacco di un animale selvatico o la lotta con altri uomini), che per un’infezione qualsiasi. E’ la strategia del ‘live hard, die young’.
 
E sempre continuando nel filone evoluzionistico, c’è chi ritiene che il maschio ‘schienato’ da un raffreddore sia il risultato di una strategia atavica che ‘promuove il risparmio energetico e riduce il rischio di imbattersi con un predatore’. Poltrire a letto sotto i colpi del 37,2 di febbre, farsi accudire come un neonato e via di seguito con tutto il repertorio del maschio influenzato, potrebbero essere insomma strascichi evolutivi della strategia ‘se incontri un orso, fingiti morto!’.
 
I prossimi studi
E a questo punto, l’autore di questo interessante lavoro su BMJ, preconizza quali potrebbero essere le linee della ricerca per i prossimi anni. Un filone di studi potrebbe riguardare un trial controllato nel quale un gruppo di maschi infettati da virus respiratori, venga esaudito in qualunque richiesta da un care giver (tipicamente donna), confrontandone gli esiti con un altro gruppo di maschi infettati, lasciato in balia di se stesso.
 
Oppure si potrebbe fare uno studio per valutare se gli uomini con un sistema immunitario efficiente si accoppino con minor successo rispetto a quelli con un sistema immunitario deboluccio, e questo a parità di livelli di testosterone. E naturalmente – afferma l’autore -  bisognerebbe anche cercare di capire se la colpa del ‘man flu’ sia delle donne che si scelgono questi uomini come partner, più che dei maschi di per sé.
 
Maria Rita Montebelli
13 dicembre 2017
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