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Fibrillazione atriale. In Italia ne soffre 1 anziano su 12; il 30,7% non è in terapia. I dati del CCM
Il progetto è stato sviluppato in 3 Unità Operative: una situata in Lombardia, la seconda in Toscana e la terza in Calabria. Una quarta Unità Operativa, situata a Firenze, si è occupata di validare i dati cardiologici. Sotto la lente 6mila ultra65enni, due mila per ciascuna Unità operativa. Dalla ricerca è emerso che un terzo dei pazienti non è in trattamento con farmaci anticoagulanti e il 14,3% manifesta  scarsa compliance. I RISULTATI
12 DIC - Presentatii risultati del “Progetto FAI: la Fibrillazione Atriale in Italia”, finanziato dal Centro per il Controllo delle Malattie del Ministero della Salute (Progetti CCM 2015), promosso dal Dipartimento NEUROFARBA dell’Università degli Studi di Firenze, coordinato dalla Regione Toscana e sviluppato in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Obiettivo principale del Progetto è stato quello di valutare la frequenza della fibrillazione atriale (FA), determinando il rischio cardioembolico e l’aderenza agli standard internazionali di trattamento, in un campione di popolazione anziana in Italia.

“Il Progetto FAI ha permesso di stimare, per la prima volta nel nostro Paese, la frequenza della fibrillazione atriale in un campione rappresentativo della popolazione anziana italiana – ha dichiarato il Professor Domenico Inzitari, Responsabile Scientifico del Progetto, Università di Firenze, Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino, NEUROFARBA - I tassi di prevalenza riscontrati indicano una frequenza elevata di questa importante aritmia negli anziani in Italia, che risulta, tuttavia, in linea con le stime più recenti attualmente disponibili nei Paesi occidentali, ed indica che nel nostro Paese, nella popolazione anziana, i pazienti affetti da fibrillazione atriale sono oltre 1.100.000”.

Per garantire la rappresentatività nazionale, il Progetto è stato sviluppato in 3 Unità Operative situate al nord (in Lombardia, area di Bergamo), al centro (Toscana, Firenze) e al sud (Calabria, Vibo Valentia). Una quarta Unità Operativa, situata a Firenze, si occupava di validare i dati cardiologici, compresa la lettura centralizzata di tutti gli elettrocardiogrammi effettuati nel Progetto.

Il campione totale del Progetto era costituito da tutti gli ultrasessantacinquenni assistiti dai MMG partecipanti, per un totale di circa 6000 soggetti, ovvero 2000 per Unità Operativa. I soggetti coinvolti nel Progetto sono stati sottoposti ad una doppia procedura di screening, domiciliare e ambulatoriale, seguita da una fase di conferma diagnostica che prevedeva l’esecuzione di un ECG, eseguito presso lo studio del MMG. Tutti gli ECG venivano poi valutati attraverso una lettura centralizzata da parte dei cardiologi dell’Unità Operativa di Firenze.

Nel campione totale, la prevalenza della fibrillazione atriale nei soggetti ultrasessantacinquenni è del 7,3% e risulta più alta nei maschi, con un tasso dell’8,6%, mentre nelle femmine la prevalenza è del 6,2%. I tassi standardizzati sulla popolazione italiana indicano una prevalenza totale della fibrillazione atriale dell’8,3%, con tassi del 9,1% nei maschi e del 7,3% delle femmine. Questo dato indica che in Italia un anziano su 12 è affetto da fibrillazione atriale.

La prevalenza della fibrillazione atriale è strettamente correlata all’età: i tassi vanno, infatti, dal 3% nei soggetti nella fascia d’età 65-69 anni al 16,1% nei soggetti ultraottantacinquenni.

Lo studio si è proposto, inoltre, di valutare, nei casi di FA già diagnosticati, le terapie in corso e le eventuali motivazioni del non trattamento, applicando i criteri internazionali di valutazione, sviluppando e validando, inoltre, una metodologia di screening e conferma diagnostica della fibrillazione atriale direttamente trasferibile ai MMG e al SSN, nell’ambito delle azioni volte a ridurre gli ingenti costi sociali e sanitari legati a questa patologia.

La fibrillazione atriale aumenta in maniera significativa il rischio di ictus cerebrale, ma i farmaci anticoagulanti attualmente disponibili consentono una riduzione di tale rischio di oltre il 70%. I dati acquisiti nel Progetto FAI indicano una buona aderenza alle linee guida relativamente al trattamento con farmaci anticoagulanti, con circa il 70% dei pazienti fibrillanti trattati. I dati indicano anche che le percentuali di pazienti trattati con i nuovi anticoagulanti stanno ormai raggiungendo quelle dei pazienti trattati con la vecchia terapia.

Emerge, però, un dato allarmante: il 30,7% dei pazienti del campione non viene ancora trattato con farmaci anticoagulanti. Alcuni per motivazioni obiettivamente valide, ma percentuali non trascurabili di pazienti sono senza trattamento per convinzioni ormai superate dalle linee guida più recenti, come la presenza di fibrillazione atriale parossistica, considerata talvolta meno pericolosa, o la convinzione che i soli farmaci antiaritmici o antiaggreganti forniscano una buona protezione. Ben il 14,3% del campione manifesta, inoltre, una scarsa compliance.
12 dicembre 2017
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