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Sincope. L’embolia polmonare è una causa frequente ma sottodiagnosticata
Uno studio condotto su 560 pazienti italiani ricoverati in ospedale per sincope ha rilevato che quasi uno su sei aveva un’embolia polmonare, suggerendo così che i coaguli possano essere una causa importante e misconosciuta di svenimento. Quando non c’era nessuna spiegazione ovvia per la sincope, il 25% dei pazienti è risultato avere un’embolia; quando si sospettava una causa, il tasso di embolia era ancora vicino al 13%.
21 OTT - (Reuters Health) – Uno studio condotto su 560 pazienti italiani ricoverati in ospedale per sincope ha rilevato che quasi uno su sei aveva un’embolia polmonare, suggerendo così che i coaguli possano essere una causa importante e misconosciuta di svenimento. Quando non c’era nessuna spiegazione ovvia per la sincope, il 25% dei pazienti è risultato avere un’embolia; quando si sospettava una causa, il tasso di embolia era ancora vicino al 13%.
 
“Le attuali linee guida prestano poca attenzione all’iter diagnostico per l’embolia polmonare in questi pazienti – ha detto Paolo Prandoni dell’Università di Padova, leader del gruppo di ricerca – perciò, quando un paziente è ricoverato in ospedale per un episodio di sincope l’embolia polmonare, una malattia potenzialmente fatale che può essere trattata in modo efficace se individuata, è raramente considerata come una possibile causa”.
 
Lo studio
Lo studio, pubblicato online sul New England Journal of Medicine, è stato un tentativo di determinare la prevalenza di emboli come fonte di sincope. I pazienti dello studio, noto come PESTI, sono stati arruolati da 11 ospedali; si trattava del loro primo episodio di sincope, tutti sono rimasti privi di coscienza per meno di un minuto e tutti hanno ripreso conoscenza spontaneamente. Non c’era alcun motivo evidente per lo svenimento. Il team di Prandoni ha utilizzato due modalità per valutare l’esclusione di emboli: il test D-dimero, che rivela trombi freschi, misura semplice ed economica e molto sensibile, e il sistema di punteggio conosciuto come punteggio di Wells che cerca di prevedere un’embolia utilizzando misure come la frequenza cardiaca, l’emottisi, il tumore o una trombosi venosa profonda. I risultati negativi di entrambe le tecniche sono stati usati per indicare un’embolia nel 58,9% del 560 casi. Dei 230 pazienti restanti, 135 hanno avuto un test D-dimero positivo e tre avevano una probabilità di embolia risultante dal punteggio di Wells ma un test D-dimero negativo. Tra i 180 che sono stati sottoposti a TC, 72 sono risultati positivi all’embolia polmonare che colpiva di solito un’arteria polmonare principale o un’arteria lombare. Un’embolia è stata trovata in 24 dei 49 pazienti sottoposti al’esame di ventilazione-perfusione.

Le conclusioni
“Quindi, l’emobolia polmonare è stata confermata in 97 pazienti con test D-dimero positivo. In tutta la coorte, la prevalenza di embolia polmonare è stata del 17,3%”, hanno scritto i ricercatori. Anche tra i 335 pazienti per i quali si pensava a una causa diversa per la sincope, l’embolia è stata rilevata in 45. 
 
"Non a caso i pazienti con dispnea, tachicardia, ipotensione o segni di trombosi venosa profonda hanno avuto maggiore probabilità di avere un’embolia polmonare così come quelli con cancro attivo. Tuttavia la proporzione di pazienti che non presentava queste caratteristiche ma che ha avuto una conferma di embolia polmonare, non era affatto trascurabile”. Secondo Prandoni tutte le linee guida che si occupano dell’iter diagnostico dei pazienti ricoverati per sincope dovrebbero essere riconsiderate rapidamente e dovrebbe anche essere incoraggiato un work-up diagnostico per l’embolia polmonare in tutti questi pazienti, compresi quelli in cui non c’è una spiegazione evidente. Perché l’embolia polmonare è una complicanza grave e potenzialmente fatale che può essere trattata in modo efficace e sicuro con farmaci antitrombotici a disposizione dei medici, per questo la sua identificazione tempestiva è fondamentale. Inoltre il costo del percorso diagnostico-terapeutico aggiuntivo per embolia polmonare è accettabilmente basso.
 
Fonte: New England Journal of Medicine

Gene Emery

(Versione italiana Quotidiano sanità/Popular Science)
21 ottobre 2016
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