Se ne è discusso nel convegno nazionale Advances in Oncology a Verona. La garanzia di un’adeguata diagnosi e cura richiede la definizione di percorsi diagnostici-terapeutici organizzati in rete e con centri di riferimento definiti per competenze professionali, volumi di attività e tecnologie disponibili" ha dichiarato Carmine Pinto a margine dell'evento
06 MAG - “Troppi interventi chirurgici contro il tumore del pancreas sono svolti in strutture che ne svolgono meno di 20 l’anno. Si tratta del numero minino raccomandato dalle linee guida internazionali e dalle istituzioni sanitarie italiane. La garanzia di un’adeguata diagnosi e cura richiede invece la definizione di percorsi diagnostici-terapeutici organizzati in rete e con centri di riferimento definiti per competenze professionali, volumi di attività e tecnologie disponibili”. E’ questo l’appello lanciato dagli esperti riuniti a Verona per il convegno nazionale Advances in Oncology focus sul carcinoma del pancreas. L’evento vede la partecipazione dei più importanti esperti sulla neoplasia e di diversi rappresentanti delle associazioni di pazienti.
“La chirurgia del cancro al pancreas è estremamente complessa - afferma
Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. Richiede un approccio multidisciplinare e una formazione di equipe che possono essere garantiti solo in centri ad ‘alto volume’ che trattano ogni anno un numero sufficiente di casi. Da un’indagine svolta su OncoGuida, che è il servizio di informazione per malati del Ministero della Salute-ISS e AIMaC, emerge invece una realtà diversa. Alcune Regioni non hanno nemmeno una struttura sanitaria che rispetta questi parametri. Per garantire la migliore assistenza possibile a tutti è necessario prevedere una sempre maggiore collaborazione tra i centri”.
“E’ una neoplasia particolarmente insidiosa - aggiunge
Claudio Bassi, Direttore dell’Istituto del Pancreas dell’Azienda Ospedaliera di Verona e co-presidente del convegno nazionale organizzato nella città scaligera -. Colpisce ogni anno 12.500 italiani e nonostante la sua bassa incidenza ha una mortalità molto elevata. Non esiste uno screening per individuare diagnosi precoci e quindi siamo costretti ad intervenire quando la situazione è già complessa con interventi gravati da molte e pericolose complicanze. Per tutti questi motivi non è più accettabile che alcuni pazienti siano operati in centri che svolgono uno o due interventi l’anno. Solo attraverso la giusta specializzazione si può curare la patologia”.
“Oggi dopo cinque anni dalla diagnosi del cancro sopravvive il 7% degli uomini ed il 9% delle donne - sottolinea
Giampaolo Tortora, Direttore dell’Oncologia Universitaria e dell’Azienda Ospedaliera di Verona e co-presidente del convegno -. Diagnosi tardive, pochi sintomi evidenti e la velocità di evoluzione del tumore sono le principali cause per cui abbiamo ancora esiti infausti. Oltre la metà dei casi viene diagnosticata quando la malattia è già in fase metastatica. Se vogliamo dare nuove speranze ai pazienti è necessario riorganizzare anche l’attuale sistema di cure e investire maggiori risorse nella ricerca medico-scientifica”.
Lorenzo Proia