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La demenza scritta nei geni
Un nuovo servizio di counselling genetico attivato presso il Fatebenefratelli di Brescia consente di valutare la suscettibilità individuale alle forme ereditarie di Alzheimer e di demenza fronto-temporale. Le mutazioni del gene della progranulina sono responsabili di un terzo delle demenze familiari in territorio bresciano.
22 MAR - L’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia ha attivato un nuovo servizio, consistente in una consulenza genetica per valutare il rischio individuale di suscettibilità alle demenze ereditarie.
 
Nella maggior parte dei casi, spiegano gli esperti del centro, le demenze si manifestano nelle persone anziane in maniera sporadica, ma in alcuni casi ricorrono su base ereditaria o familiare e più persone all’interno della stessa famiglia presentano questi disturbi.
Succede ad esempio nel 5% dei casi di Alzheimer e nel 30-40% delle demenze fronto-temporali.
 
Le forme ereditarie hanno in genere un’età di comparsa più precoce e una più rapida evoluzione della malattia, rispetto alle forme sporadiche e sono dovute ad alterazioni genetiche.
 
Al momento sono stati individuati tre geni che, quando presenti in forma mutata, possono determinare le forme di Alzheimer familiari; si tratta del gene per la proteina precursore dell’amiloide (APP) e dei geni codificanti per la presenilina 1 (PSEN1) e presenilina 2 (PSEN2).
 
Responsabili invece della maggior parte delle forme di demenza fronto-temporale familiare sono le mutazioni a carico dei geni che codificano per tau (MAPT), progranulina (GRN) e C9ORF72.
 
“Questi test – afferma  Luisa Benussi, ricercatrice senior del Laboratorio Marcatori Molecolari – rappresentano un’opportunità importante. In un’epoca nella quale il controllo di tali malattie si realizza ancora prevalentemente attraverso la diagnosi e la prevenzione, le analisi genetiche rappresentano uno strumento di largo interesse e di supporto all’attività clinica e, per molti pazienti e per i loro familiari, un elemento di riferimento nelle scelte di vita e nell’acquisizione di informazioni di potenziale interesse prognostico/terapeutico.
 
Le ricerche condotte negli scorsi anni nell’ambito delle malattie neurodegenerative, ed in particolare per la malattia di Alzheimer e la demenza fronto-temporale, hanno permesso il riconoscimento di geni che, quando presenti in forma mutata, risultano essere responsabili di decadimento cognitivo trasmesso con ereditarietà di tipo autosomico dominante.
 
Test molecolari sono oggi disponibili per tali forme e sono stati inseriti nei più recenti criteri diagnostici. La diagnosi di demenza familiare si basa su un’accurata valutazione clinica e su un’approfondita anamnesi familiare: entrambe hanno un ruolo primario nel percorso diagnostico e possono essere completate con l’esecuzione di test genetici”.
 
Gli studi condotti dall’Università di Brescia hanno inoltre consentito di individuare nelle alterazioni del gene che codifica la progranulina, la principale causa di demenza fronto-temporale nel territorio bresciano. Queste alterazioni sono presenti infatti in un paziente su tre dei pazienti con forme familiari di demenza.
 
“Proprio nel nostro territorio – spiega la dottoressa Roberta Ghidoni, vicedirettore scientifico dell’IRCCS Fatebenefratelli e responsabile del Laboratorio Marcatori Molecolari - è stata identificata una delle mutazioni più comuni al mondo in tale gene.
 
Per i casi familiari di demenza, è quindi possibile analizzare l’eventuale presenza di alterazioni dell’assetto genetico; vista l’elevata frequenza di mutazioni in GRN nel territorio bresciano, questo si impone come il primo gene candidato per la ricerca di alterazioni genetiche nell’analisi condotta presso il nostro centro.
 
Questi test genetici possono essere effettuati sul paziente affetto, consentendo una migliore definizione della diagnosi della malattia (test diagnostico) o possono essere effettuati su persone che, pur non presentando i sintomi della malattia, sono a rischio genetico poiché un loro familiare di primo grado è portatore di un’alterazione genetica (test pre-sintomatico). La presenza di mutazioni in uno dei geni associati alle forme familiari di demenza indica che la persona potrà sviluppare con un’elevata probabilità la malattia, anche se con quadri clinici variabili».
 
Restano ovviamente in primo piano e non completamente risolte le implicazioni etiche inerenti ad un esame di questo tipo. In particolare vanno considerati il possibile impatto psicologico, le conseguenze in ambito lavorativo ed assicurativo, gli aspetti legali e la comprensione dei risultati del test. E’ dunque necessario porre in atto particolari precauzioni e procedure sia nell’offerta del test, che nella comunicazione dei suoi risultati.
Non è possibile infatti lasciare il soggetto che è stato sottoposto al test da solo, di fronte ai risultati; è indispensabile cioè inscrivere il test molecolare, all’interno di un counselling genetico completo.
 
“Risale al 1975 – spiega la dottoressa Benussi - la definizione di consulenza genetica (Ad hoc Commitee on Genetic Counsiling,1975) come ‘processo di comunicazione che concerne i problemi umani legati all’occorrenza, o al rischio di ricorrenza, di una patologia genetica in una famiglia’. Presso l’IRCCS di Brescia è in corso da alcuni anni un’attività di studio e ricerca preliminare all'attivazione di un servizio di consulenza genetica per pazienti affetti da demenze a carattere ereditario ed i loro familiari.
 
Un primo studio, condotto grazie ad un finanziamento del Ministero della Salute (progetto Ministeriale RF1/02 Conv.194 Progetto “Consulenza genetica per le demenze ereditarie: Progetto pilota per la strutturazione di un servizio di Counselling genetico” coordinato dal Dr Giuliano Binetti dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia), ha rilevato che l’intenzione a sottoporsi ad un test genetico in soggetti italiani, familiari di pazienti affetti da demenza, è molto più elevata rispetto alla popolazione americana e olandese. Il fatto che gli intervistati italiani esprimano un’intenzione ugualmente elevata (oltre il 70%) in ogni scenario proposto, indipendentemente dall’accuratezza del test o dalla disponibilità di una cura, ci ha fatto presupporre che i partecipanti avessero una scarsa capacità critica nel giudicare le possibili implicazioni dei diversi scenari.
Inoltre i familiari italiani hanno dimostrato una scarsa conoscenza della malattia ed una bassa percezione del rischio di malattia”.

Per rispondere a questo bisogno emergente è stato dunque costituito a Brescia un gruppo multidisciplinare di studio e lavoro composto da genetisti medici, neurologo, biologo specializzato, psichiatra, psicologo ed è stato strutturato un protocollo di consulenza genetica. L’équipe di consulenza genetica dell’IRCCS di Brescia incontra periodicamente le famiglie valutate a rischio di una demenza di tipo familiare, che facciano esplicita richiesta di consulenza genetica. Ad oggi sono entrate nel percorso di consulenza genetica oltre 140 famiglie e più di 200 pazienti.
 
Infine, uno studio condotto dai ricercatori dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, in collaborazione con la Mayo Clinic di Jacksonville, Florida e l’Istituto Max-Planck di Monaco di Baviera ha consentito anche di ‘datare’ l’origine di questa specifica mutazione della GNR che insiste nel territorio bresciano, collocandola temporalmente o ai tempi di Canossa, cioè a cavallo dell’anno 1000 oppure al tempo di Moretto da Brescia, cioè intorno alla prima metà del ‘500.
 
Maria Rita Montebelli
22 marzo 2015
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