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Vaccini anti-cancro: vicini ad una rivoluzione?
Un lavoro pubblicato su Journal of Experimental Medicine apre la strada ad una nuova generazione di vaccini anti-cancro. Le mutazioni che si verificano durante la divisione delle cellule tumorali, rendono il cancro ‘visibile’ al sistema immunitario. In un modo diverso però rispetto a quanto ritenuto finora.
23 SET - Man mano che le cellule tumorali si dividono, ‘accumulano’ al loro interno degli errori casuali, cioè mutazioni del loro DNA. Questo fa sì che vengano prodotte nuove proteine, alcune delle quali riconosciute come nemiche da parte dei linfociti T, che dunque le attaccano, eliminando così le cellule tumorali. Un gruppo di ricercatori americani, autori di un lavoro pubblicato su Journal of Experimental Medicine, ritengono di aver trovato l’ago nel pagliaio degli antigeni tumorali, una scoperta che potrebbe portare ad una nuova generazione di vaccini anti-cancro.
 
Le conoscenze attuali permettono infatti di individuare quali sono le sequenze proteiche capaci di indurre l’attacco dei linfociti T, dei possibili nuovi bersagli (neoepitopi); alcuni di questi potrebbero essere utilizzati come vaccini in grado di scatenare una risposta delle cellule immunitario, in grado di portare a distruzione le cellule tumorali.
 
L’unico problema, non da poco, è che il repertorio mutazionale dei tumori genera centinaia di neoepitopi, ma solo alcuni di questi avrebbero la potenzialità di scatenare l’attacco dei linfociti T, cioè di rendere il tumore immunogeno. In passato, si è cercato di individuarli, sulla base di quanto le singole proteine mutate venissero ‘riconosciute’ dal sistema immunitario.
 
Gli autori del lavoro appena pubblicato ritengono tuttavia che questo criterio non è del tutto valido. I risultati del loro studio dimostrano infatti che ancora più importante è come appare ai linfociti T il ‘gradiente’ tra cellula normale e cellula tumorale. Una specie di gioco di ‘trova le differenze’, nel quale il confronto tra il normale e l’alieno diventa l’elemento cardine.
 
Le bacchette da rabdomante messe a punto dai ricercatori americani per individuare in mezzo alla moltitudine di neoepitopi, quelli potenzialmente utili alla costruzione di un vaccino sono due: l’indice agretopico differenziale (l’agretopo è la porzione dell’antigene che interagisce con le molecole del complesso maggiore di istocompatibilità, MHC) e la stabilità conformazionale dell’interazione peptide-MCH I (complesso maggiore di istocompatibilità di classe I).
 
Questi strumenti sarebbero in grado di individuare i neoepitopi mutati in maniera tale da creare nuovi punti di ancoraggio per le proteine del complesso maggiore di istocompabilità. I neoepitopi individuati utilizzando questi strumenti sarebbero in grado di scatenare l’immunità CD8-dipendente.
Un concetto questo da affinare e perfezionare, ma che potrebbe rivoluzionare completamente i futuri tentativi di mettere a punto un vaccino anti-cancro.
 
Maria Rita Montebelli
23 settembre 2014
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