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Fibrosi cistica. Position Paper Aifa: “La terapia domiciliare offre vantaggi”
Il documento arriva come risposta alle problematiche sollevate da parte della Lega Italiana Fibrosi Cistica e della Società Italiana Fibrosi Cistica sulle difficoltà di approvvigionamento di antibiotici per uso endovenoso nell’ambito della terapia domiciliare per i pazienti affetti dalla patologia cronica.
16 APR - “Facendo seguito alle problematiche sollevate da parte della Lega Italiana Fibrosi Cistica e della Società Italiana Fibrosi Cistica relativamente alle difficoltà di approvvigionamento di antibiotici per uso endovenoso nell’ambito della terapia domiciliare per i pazienti affetti da tale patologia, l’AIFA,consapevole delle implicazioni clinico-assistenziali che la Fibrosi Cistica comporta, ritiene opportuno esplicitare la propria posizione in merito ed i provvedimenti attuati per salvaguardare il processo di cura dei soggetti affetti da Fibrosi Cistica”.Con queste parole si apre il nuovo Position Paper dell’Agenzia Italiana del Farmaco dal titolo “Terapia antibiotica domiciliare in pazienti affetti da fibrosi cistica”, approvato il 13 aprile e pubblicato questa settimana sul sito dell’agenzia regolatoria.
 
La Fibrosi Cistica (FC) è la malattia genetica ereditaria mortale più frequente nella popolazione caucasica: ne è affetto un neonato ogni 2500-2700 nati vivi, e la frequenza dei portatori sani è di circa 1 ogni 20-25 individui sani. Grazie alla diagnosi precoce della malattia e all’innovazione delle cure, intese come introduzione di nuovi antibiotici, somministrazione di enzimi pancreatici e trapianti di polmone e fegato, si è assistito negli ultimi anni ad un netto miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti daFibrosi Cistica con una sopravvivenza media di oltre 30 anni.
In particolare l’utilizzo precoce di una terapia antibiotica efficace ha rappresentato il principale determinante della ridotta morbidità respiratoria e dell’aumentata sopravvivenza che si sono osservate nelle ultime decadi. L'antibioticoterapia ha un ruolo preminente per il controllo delle infezioni polmonari e ha l’obiettivo di prevenire, eradicare e controllare le infezioni respiratorie. In assenza di adeguato trattamento antibiotico i soggetti affetti da FC hanno un rischio maggiore di progressione verso l’insufficienza respiratoria.
 
Oltre a esprimere la posizione ufficiale in merito alle implicazioni clinico-assistenziali che la fibrosi cistica comporta e i provvedimenti attuati per salvaguardare il processo di cura dei soggetti affetti da questa patologia, il documento esplicita infatti il parere dell’Aifa sulle problematiche sollevate da Lega Italiana Fibrosi Cistica e dalla Società Italiana Fibrosi Cistica sulle difficoltà di approvvigionamento di antibiotici per uso endovenoso nell’ambito della terapia domiciliare per i pazienti affetti da tale patologia.
Nell’ultimo anno la Lega Italiana Fibrosi Cistica e la Società Italiana Fibrosi Cistica hanno evidenziato il sussistere di problematiche relative alla difficoltà per l’utilizzo di farmaci a distribuzione ospedaliera (classificati in fascia H) per il trattamento domiciliare dei pazienti affetti Pag. 3 a 8 da Fibrosi Cistica, nonostante tale assistenza farmaceutica sia garantita dalla legge n. 548/93 “Disposizioni per la prevenzione e la cura della Fibrosi Cistica”. Con la suddetta legge, in vigore dal 1° gennaio 1994, si è voluto dare una soluzione ai molteplici problemi, non solo di ordine sanitario, preventivo ed assistenziale, ma anche sociale, connessi alla fibrosi cistica considerata malattia “di alto interesse sociale”. Il problema sollevato dalla Società Italiana Fibrosi Cistica riguarda nello specifico il regime di dispensazione dei farmaci nell’ambito di percorsi di continuità di assistenza territoriale.
A questo proposito, si legge nel documento, “è auspicabile che, in tutti i casi di effettiva necessità, quali ad esempio la somministrazione di farmaci per via endovenosa appartenenti alla fascia H, venga richiesta l’attivazione di un sistema di assistenza domiciliare integrata (ADI). Tale tipologia assistenziale si configura come un insieme organizzato di trattamenti medici, riabilitativi, infermieristici e di aiuto infermieristico destinati a persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, erogati a domicilio al fine di stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita”.
 
E ancora, il documento elenca tutti i vantaggi sia per il singolo malato che per la famiglia, in questo contesto la terapia domiciliare, in virtù anche del fatto che le prospettive di durata di vita per i malati di FC stanno migliorando. Tra queste:
- assecondare le preferenze dei paziente e della famiglia per ovviare a problemi logistici legati all’ospedalizzazione;
- migliorare il tono dell’umore e la qualità di vita dei pazienti che rimangono presso il proprio domicilio interferendo quanto meno possibile con le normali attività della vita quotidiana;
- favorire l’autonomizzazione e la responsabilizzazione del paziente nell’adeguata gestione della terapia;
- ridurre il rischio di diffusione intra-ospedaliera di infezioni nosocomiali multiresistenti tra i pazienti;
- ridurre i costi sanitari legati alle ospedalizzazioni e/o al loro eventuale protrarsi;
- ridurre i costi sociali dovuti all’assenza dalle attività lavorative e di studio del paziente e/o dei suoi familiari.
“Deve tuttavia essere sottolineato – si legge ancora nel Position Paper – che i pazienti da inviare a trattamento domiciliare attraverso percorsi di ADI devono essere selezionati in maniera rigorosa dai Centri di Riferimento, ed il trattamento deve essere costantemente monitorato, al fine di avere come obiettivo principale il raggiungimento del risultato clinico”.
 
L’Agenzia conclude poi: “Auspichiamo pertanto che le autorità regionali, in accordo con i Centri Regionali di Riferimento per la Fibrosi Cistica, la Lega Italiana Fibrosi Cistica e la Società Italiana Fibrosi Cistica sviluppino su questo argomento una procedura omogenea e condivisa al fine di individuare, nell’ambito delle procedure assistenziali previste dalla normativa vigente, le migliori strategie per garantire equità di accesso e trattamento ai soggetti affetti da tale patologia”.
16 aprile 2013
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