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Un settore in "salute": 66.500 addetti, 32 miliardi di produzione, 3 miliardi di investimenti
04 LUG - Un balzo in avanti dell’occupazione dell’8,6% (dati Istat), il più alto di tutti i settori manifatturieri. Lo ha fatto registrare l’industria biofarmaceutica in Italia tra il 2014 e il 2018. E nei primi 3 mesi del 2019 registra ancora un segno più (+1%).
 
In particolare, i posti di lavoro per gli under 35 - tra il 2014 e il 2017 - sono cresciuti dell’11%, l’81% del totale delle nuove assunzioni. Under 35 che nell’80% dei casi hanno un contratto a tempo indeterminato.
 
E a oggi gli addetti totali nelle imprese del farmaco sono 66.500.
 
Proprio le Risorse umane che sono altamente qualificate - il 90% degli addetti farmaceutici è laureato o diplomato - rappresentano il primo fattore di attrazione degli investimenti nel nostro Paese.
 
Segnali di vitalità nel 2018 confermati anche nella produzione (32 miliardi di euro, +3,2% rispetto allo scorso anno). Una leadership che anno dopo anno le imprese del farmaco rinnovano con la Germania in un testa a testa per il primato in ambito Ue.
 
Aziende che hanno investito in Italia 3 miliardi: 1,7 in ricerca e 1,3 in impianti produttivi. Un valore superiore del 7% rispetto al 2017.
Le imprese del farmaco possono contare su un indotto di eccellenza e altamente innovativo dove trovano impiego 79.000 addetti. Considerando gli occupati nella distribuzione (oltre 12.000) e nelle farmacie (90.000), la somma di addetti diretti, indotto e filiera è pari a circa 250.000.
 
Insomma l’industria biofarmaceutica è un asset strategico dell’economia italiana.
Ma prima di tutto è un settore innovativo che produce vita. Oggi infatti 2 persone su 3 che hanno una diagnosi di cancro sopravvivono dopo 5 anni, 30 anni fa erano 1 su 3 (l’83% di questo progresso si deve ai nuovi farmaci). E i pazienti guariti dal cancro in Italia sono aumentati del 29% in otto anni. L’HIV è diventata una patologia cronica e un ventenne al quale è diagnosticata può vivere fino a 70 anni. L’epatite C è curabile: dal 2015 al 2019 le persone trattate supereranno quota 200 mila. La mortalità per malattie cardiovascolari è scesa del 30% in 10 anni. Le vaccinazioni hanno permesso di eradicare alcune malattie. E negli ultimi 50 anni l’aspettativa di vita è cresciuta di 1 mese ogni 4, grazie anche all’innovazione farmaceutica e alla qualità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
 
Una produzione a trazione di export
Tra il 2008 e il 2018 l’industria farmaceutica ha incrementato la produzione del 22% (rispetto a una riduzione del 14% della media manifatturiera), determinato al 100% dalla crescita delle esportazioni. Nel 2018 hanno sfiorato quota 26 miliardi rispetto a una produzione totale di 32.
Negli ultimi 10 anni l’Italia ha aumentato l’export più della media Ue (+117% rispetto a +81%) e di tutti i grandi Paesi europei.
 
Al primo posto in Italia per spesa per innovazione per addetto
Gli addetti in R&S sono pari a 6.600, con un aumento del 3% rispetto al 2017, più della metà donne. E con 1,7 miliardi investiti nel 2018 (il 7% del totale) l’industria farmaceutica è tra i settori manifatturieri più importanti nel panorama nazionale per investimenti in R&S, cresciuti del 35% negli ultimi 5 anni. E, come mostrano i dati Istat, è prima per spesa per innovazione per addetto (3 volte la media). Soprattutto perché è prima per la ricerca in network, ovvero quella che viene fatta insieme ad altre imprese o centri pubblici (per cui investe in innovazione 4 volte la media in rapporto agli addetti). Per questo l’industria farmaceutica è il primo settore per presenza di imprese con accordi di cooperazione per l’innovazione con Università e Istituti di Ricerca pubblici.
 
Studi clinici
Quasi il 20% degli studi clinici in Ue viene svolto nel nostro Paese, grazie alle molte eccellenze ospedaliere, ai medici e a tutti gli operatori sanitari.
Gli investimenti da parte delle imprese del farmaco per gli studi clinici superano i 700 milioni all’anno, il più alto contributo al sistema nazionale di ricerca. I trials in oncologia rappresentano il 42% del totale e sono cresciuti del 6% nell’ultimo anno (dati AIFA).
E si calcola che per 1 euro investito in studi clinici in oncologia il SSN ne risparmia 2,2.
 
R&S nel mondo
Sono 16.000 i farmaci in sviluppo nel mondo, di cui la metà in fase clinica. I medicinali personalizzati sono oltre il 40% di quelli in sviluppo e in oncologia raggiungono il 70%.
Sono in aumento le Next-Generation Biotherapeutics, come le terapie cellulari, geniche e nucleotidiche, raddoppiate negli ultimi tre anni.
Nei prossimi cinque saranno quindi disponibili terapie molto promettenti: le CAR-T, con cellule modificate geneticamente per combattere i tumori del sangue. Le terapie combinate, basate sull’azione di più trattamenti oncologici. Altre terapie geniche per sostituire geni difettosi o mancanti per la cura di malattie genetiche e terapie tissutali per rigenerare i tessuti danneggiati ripristinandone la loro funzione. Trattamenti antibatterici innovativi, per colpire in modo più selettivo i batteri e contrastare le infezioni e il fenomeno della resistenza agli antibiotici (AMR).
 
Senza dimenticare le digital therapeutics, vere e proprie terapie digitali, basate sull’uso di software, in combinazione con il farmaco: alcune sono già state approvate negli ultimi due anni dalla FDA, l’ente regolatorio USA.
Una rivoluzione che può vedere l’Italia protagonista. Nei prossimi 5 anni infatti gli investimenti in R&S a livello globale dell’industria farmaceutica raggiungeranno i 1.000 miliardi di dollari. Il più grande investimento al mondo in Ricerca e Innovazione che rappresenta un’opportunità che il nostro Paese deve cogliere al meglio.
 
Leadership a tinte “rosa”
Sono tante le donne nelle imprese del farmaco in Italia: il 42% degli occupati, molto di più rispetto alla media del totale industria (29%). Spesso con ruoli importanti nell’organizzazione aziendale. Sono donne infatti il 40% dei quadri e dei dirigenti. E sono il 52% degli occupati nella ricerca. Che ha bisogno della loro tenacia e delle loro intuizioni.
 
Relazioni industriali all’avanguardia con un welfare che è il fiore all’occhiello dell’industria biofarmaceutica
Le imprese del farmaco si caratterizzano per un modello di relazioni industriali innovative. E per un modello avanzato di welfare, che consente di conciliare tempi di vita e di lavoro. Misure che si concretizzano ad esempio nell’assistenza sanitaria integrativa e nella previdenza complementare. E in servizi di mensa, somme e servizi con finalità di istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, altri servizi di family care, come l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti. Ancora: nelle aziende c’è un’ampia diffusione di strumenti di lavoro agile, c.d. smart working.
 
Il Protocollo d’intesa con Assogenerici e Società Italiana di Medicina del Lavoro
Promuovere e migliorare la salute di oltre 200 mila persone: i 66.500 dipendenti delle imprese del farmaco e le loro famiglie.
È questo lo scopo del protocollo d’intesa firmato a marzo da Farmindustria, Assogenerici e Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML). Con i medici del lavoro si condivide un programma di prevenzione dei bisogni di salute di ogni dipendente del settore attraverso la promozione degli screening, l’educazione ai corretti stili di vita, l’informazione sulle malattie croniche. Il medico del lavoro diventa così non più l’esecutore di un adempimento - in qualche caso burocratico - ma il consigliere “sanitario” delle donne e degli uomini che lavorano nelle imprese biofarmaceutiche e delle diverse situazioni familiari.
 
L’industria biofarmaceutica è il primo settore a firmare un protocollo che dà seguito alle precedenti intese tra SIML e Ministero della Salute. Ed è quindi in prima fila per tracciare la strada e testare una possibile best practice che se estesa a tutti i settori può coinvolgere 12 milioni di persone, cioè i lavoratori di tutti i settori in contatto con i medici del lavoro.
 
Le specializzazioni dell’industria biofarmaceutica in Italia
L’Italia del farmaco ha molte specializzazioni.
Ad esempio nel farmaco biotech, con 200 aziende e circa 300 prodotti in sviluppo e la leadership europea nelle Terapie Avanzate: 3 su 10 di quelle attualmente autorizzate in Europa sono nate dalla partnership tra imprese del farmaco e sistema della R&S in Italia.
 
Nei vaccini. L’Italia è un hub internazionale di ricerca e produzione, con una solida tradizione scientifica e una forte vocazione all’export, che ha consentito di cumulare in 10 anni 2,5 miliardi di saldo estero positivo.
 
Nei farmaci orfani, alle malattie rare è destinato il 26% del totale degli studi clinici in Italia, e negli emoderivati, settore in cui il nostro Paese è campione con importanti investimenti nazionali e internazionali.
 
Nel Contract Development and Manufacturing Organization (CDMO), cioè i produttori “conto terzi”. Oggi il comparto è primo in Ue per produzione (2,1 miliardi) e vale circa il 25% del totale europeo.
 
Qual è stata la spesa farmaceutica pubblica procapite totale nel 2018?
La spesa farmaceutica pubblica annua (al netto dei payback e della quota di ripiano) è stata di 290 euro procapite, pari a 80 centesimi al giorno.
Un valore stabilmente inferiore di oltre il 25% rispetto alla media dei grandi paesi europei che resta più basso anche includendo la spesa privata (-15%), come mostrano i dati dell’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD). E la percentuale sul PIL, in Italia da 10 anni stabile all’1%, è inferiore rispetto alla media europea.
 
I prezzi dei medicinali sono più bassi della media dei big UE
I prezzi dei medicinali sono più bassi di circa il 15-20% rispetto alla media dei Big Ue. E dal 2001 i prezzi medi al consumo rilevati dall’Istat sono diminuiti in media complessivamente del 33%, con un’inflazione salita del 32,5%.
 
Biosimilari
L’Italia, secondo una recente analisi su dati IQVIA sui 7 principali Paesi europei, nel 2018 è stata il primo mercato per consumo di biosimilari (36% del totale, davanti alla Germania, 25%), con una quota di mercato molto più elevata della media europea (18% rispetto a 10%).
 
Necessario misurare gli outcomes: con farmaci e vaccini ci si cura spendendo meno
Misurare i risultati aiuta a migliorare le cure e ottimizza la spesa, perché valuta le terapie in chiave olistica, più attenta alle esigenze del malato. E perché per la sostenibilità conta il costo totale dell’assistenza, non quello delle singole prestazioni.
Ecco alcuni esempi:
 
1 euro per la vaccinazione fa risparmiarne fino a 16 per curare chi si ammala.
In oncologia tra il 2010 e il 2015 la spesa farmaceutica è aumentata ma la spesa totale è diminuita di oltre il 10%, anche grazie ai farmaci.
 
Per l’epatite C, prima dei nuovi farmaci, in Italia si spendeva più di 1 miliardo di euro all’anno per trattare i malati. Oggi questi sono costi evitati grazie ai medicinali e i pazienti trattati raggiungeranno i 200 mila entro il 2019. Una recente analisi dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Università Tor Vergata ha evidenziato che, oltre ai grandi progressi per i malati, l’investimento in farmaci innovativi fa diminuire i costi totali fino addirittura a generare risparmi rispetto agli standard precedenti (50-55 milioni in 20 anni ogni 1.000 pazienti trattati nel 2016 e nel 2017).
 
Nel caso dell’Alzheimer 1 mese di assistenza equivale a quasi 6 anni di spesa farmaceutica, che può dare al malato maggiore autonomia.
 
Curarsi adeguatamente e secondo le raccomandazioni del medico rallenta la degenerazione delle malattie, ne attenua i sintomi e riduce anche del 65% i ricoveri (che costano 1.000 euro al giorno, quasi 4 anni di assistenza farmaceutica).
 
I territori: storia di un lungo radicamento
Le imprese del farmaco confermano il loro radicamento territoriale. Al Nord e al Centro con poli industriali leader in Europa. Ma anche al Sud, con tante aziende italiane e internazionali e città in cui la farmaceutica è leader in produzione ed export.
 
Lombardia: prima regione biofarmaceutica in Italia. Conta 28.900 occupati diretti, ai quali si aggiungono i 22.000 dell’indotto.
 
Lazio: seconda regione per numero di occupati e prima per export (è pari al 42% del totale manifatturiero della regione). Gli addetti sono 16.300 e 7.300 nell’indotto.
 
Toscana: terza regione in Italia con 6.800 addetti diretti e 5.400 nell’indotto. Si caratterizza per la specializzazione nel biotech e in diverse aree ad alta tecnologia.
 
Emilia Romagna: 3.800 addetti con un’importante presenza produttiva e di R&S. Sono 8.500 gli occupati nell’indotto.
 
Veneto: conta oltre 3.000 occupati e 9.000 circa nell’indotto.
 
Nel Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia) le imprese del farmaco contano quasi 3.800 addetti diretti e quasi 12.000 nell’indotto. 
 
Industria biofarmaceutica e ambiente
Un occhio molto attento è dedicato anche all’ambiente. L’Istat conferma come in un decennio l’industria biofarmaceutica sia riuscita, a fronte di un aumento dell’attività produttiva, ad abbattere i consumi energetici di oltre il 50% e le emissioni dei gas climalteranti (anidride carbonica, biossido di azoto, metano) del 74%. E, secondo un’indagine Farmindustria, oltre il 50% dei rifiuti prodotti è destinato al riciclo.
Risultati frutto anche degli investimenti delle imprese in tecnologie green.
04 luglio 2019
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