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Al via ImmiDem, il primo progetto guidato dall’Iss che studia le demenze tra gli immigrati in Italia
21 SET - Stimare la prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche, descriverne caratteristiche e problematicità, valutare l’accesso e la presa in carico da parte dei servizi dedicati, favorire percorsi di cura adeguati. Questa la sfida da cui prende avvio ImmiDem - Dementia in immigrants and ethnic minorities: clinical-epidemiological aspects and public health perspectives -, il primo progetto dedicato specificamente a tale tematica in Italia, coordinato dall’Iss e finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzata 2016.

“Da un lato si assiste a un progressivo allungamento dell’aspettativa di vita in tutto il globo - spiega Nicola Vanacore, del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’ISS - dall’altro è sotto gli occhi di tutti il crescente incremento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo verso i paesi occidentali, che determina necessariamente una modifica nell’offerta sanitaria pubblica. E’ infatti vero che se l’aumentata aspettativa di vita sta conducendo a un drammatico incremento dei casi di demenza anche nei paesi a basso e medio reddito, parallelamente, le nazioni occidentali si confrontano sempre di più con l’insorgenza di varie forme di demenza in soggetti immigrati o appartenenti a minoranze etniche”.

Nel tentativo di comprendere al meglio i cambiamenti in corso nell’attuale “scenario della demenza - va avanti il ricercatore - nasce il nostro progetto. Anche perché, in queste specifiche categorie di individui, la gestione del fenomeno presenta delle complessità aggiuntive, a vari livelli. Innanzitutto, diverse barriere culturali, religiose ed economiche possono limitare e posticipare la ricerca di aiuto medico da parte degli anziani con disturbi cognitivi, e ciò contribuisce molto probabilmente alla sottodiagnosi e dunque alla sottostima della demenza o a una diagnosi tardiva di casi per lo più già conclamati e avanzati. Inoltre, la mancanza di strumenti appropriati per la valutazione delle funzioni cognitive può ostacolare la valutazione dei soggetti appartenenti a culture diverse dal paese ospite. Infine, si potrebbe verificare un ridotto accesso ai trattamenti, alle risorse sanitarie e al supporto sociale dopo la diagnosi”.

La demenza in Italia e nel mondo
La demenza è in crescente aumento nella popolazione generale ed è stata definita nel Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità una priorità mondiale di salute pubblica: “nel 2010 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza con stima di aumento del doppio nel 2030, del triplo nel 2050, con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni 4 secondi) e con una sopravvivenza media, dopo la diagnosi, di 4-8-anni.

La stima dei costi è di 604 mld di dollari/anno con incremento progressivo e una continua sfida per i sistemi sanitari. Tutti i Paesi devono includere le demenze nei loro programmi di salute pubblica; a livello internazionale, nazionale regionale e locale sono necessari programmi e coordinamento su più livelli e tra tutte le parti interessate”.

Il maggior fattore di rischio associato all'insorgenza delle demenze è l'età e, in una società che invecchia, l'impatto del fenomeno si prefigura di dimensioni allarmanti, ed è facile prevedere che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica. Il sesso femminile, inoltre, rappresenta un importante fattore di rischio per l'insorgenza della demenza di Alzheimer, la forma più frequente di tutte le demenze (circa il 60%). 
 
La prevalenza della demenza nei paesi industrializzati 
è circa del 8% negli ultrasessantacinquenni e sale ad oltre il 20% dopo gli ottanta anni. Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali.

In Italia, nel 2015, gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22% del totale della popolazione. La simultanea presenza di una elevata quota di persone di 65 anni e oltre e di una bassa quota di popolazione al di sotto dei 15 anni età (8,3 milioni, il 13,7%) colloca il nostro Paese tra i più vecchi del mondo, insieme al Giappone e alla Germania. Sono pertanto in aumento tutte le malattie croniche, in quanto legate all’età, e tra queste le demenze. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.

Esistono comunque fattori di rischio della demenza legati allo stile di vita e pertanto potenzialmente modificabili quali diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo e basso livello di istruzione. E’ possibile oggi adottando strategie per la prevenzione primaria congiunta dei sette fattori di rischio stimare la riduzione del numero di casi di demenza a livello di ogni Regione italiana.

Le conseguenze del fenomeno anche sul piano economico ed organizzativo sono facilmente immaginabili. Rispetto alle terapie farmacologiche, sebbene ad oggi siano in corso numerosi progetti di ricerca, purtroppo gli interventi disponibili non sono ancora risolutivi. Soprattutto per le patologie cronico- degenerative come le demenze, dunque, appare necessario definire un insieme di percorsi assistenziali secondo una filosofia di gestione integrata della malattia inclusa operativamente nel Piano Nazionale delle Demenze promosso dal Ministero della Salute. Un elenco dei servizi dedicati alle demenze in ogni Regione Italiana è consultabile sul sito dell’Osservatorio Demenze.
 
Fonte: newsletter AIISS
21 settembre 2018
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