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Covid. Tar Lazio boccia l’ordinanza regionale di marzo che non prevedeva la costituzione obbligatoria delle Usca
I giudici osservano come il Dl 14/2020 (ora legge 27) non conferiva alle Regioni la facoltà di “valutare” l’opportunità di creare le USCA, come invece previsto dall’ordinanza Z00009, bensì “ordinava” loro di farlo. I giudici bocciano quindi il progetto della Regione che attribuiva alle Aft e Ucp già presenti sul territorio il compito di gestire i bisogni di assistenza dei pazienti covid. Evidenziando come neanche l'istituzione delle Uscar possa essere considerata una alternativa alle Usca. LA SENTENZA
25 NOV - La Regione Lazio era obbligata a istituire le Uscar, e non ne aveva solo la facoltà. Pensando, peraltro, di attribuire la gestione dei pazienti covid alle Aggregazioni Funzionali Territoriali o Unità di cure primarie nonché Unità complesse di cure primarie”, formate da Medici di Medicina generale e Pediatri di Libera scelta, la Regione ha distolto i medici di famiglia dalle loro funzione, aumentando anche il rischio contagio.
 
È questa in sintesi la ragione per cui il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato dalllo Snami e dal Cipe nella parte in cui viene chiesto l’annullamento del punto 10 ultimo capoverso della Ordinanza Z00009 17/03/2020 in cui si ordina alla Direzione Salute di valutare l’eventuale attivazione delle Unità Speciali di continuità Assistenziale (Usca) per l’assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi, come stabilito obbligatoriamente del D.L. 14/2020 del 9 marzo all’art. 8.
 
Infatti, osservano i giudici, la Regione Lazio, come tutte le altre Regioni, non aveva alcun potere discrezionale in ordine alla “facoltà” di costituire le USCA, perché "il DL (ora legge 27/2020) non conferiva alle Regioni la facoltà di 'valutare' l’opportunità di creare le USCA ma 'ordinava' loro di crearle.”.

Un obbligo che ben rispondeva a precise esigenze, osservano i giudici. Distinguendo i medici di medicina generale e pediatri dai medici delle Usca, infatti, il Governo rispondeva ad “una duplice esigenza di tutela sanitaria: a) evitare sovrapposizioni di competenze che potrebbero determinare confusione e rallentamenti sia per gli operatori stessi, sia per quella parte della popolazione regionale che, sovente, deve affrontare simili situazioni in condizioni di certo non ottimali anche sul piano psicologico; b) evitare il più possibile che i MMG possano contrarre il virus, così assicurando quella continuità assistenziale di carattere più generale (ossia nei settori NON COVID) che – soprattutto in occasione di questa seconda ondata – si sta purtroppo rivelando sempre più precaria e periclitante. Per tale via alcune malattie – in certi casi anche piuttosto gravi – potrebbero dunque continuare a godere di una certa garanzia di cura ed assistenza”.

Ha sbagliato dunque la Regione Lazio, secondo il Tar, a pensare di poter lasciare alle “Aggregazioni Funzionali Territoriali o Unità di cure primarie nonché Unità complesse di cure primarie” il compito gestire i bisogni di assistenza dei pazienti e che di fatto potevano essere sfruttate per gli scopi stabiliti sin dal D.L. 14/2020.
 
Né le Usca potevano ritenersi sostituite dalle Uscar, il cui intervento, come si legge nell'atto che le regolamenta, “è rivolto alle comunità intese nel senso più ampio del termine: strutture sanitarie e socio sanitarie, RSA, case di riposo, comunità di anziani, comunità religiose, carceri, campi nomadi, residenze per pazienti psichiatrici, disabili, ecc.; solo in situazioni straordinarie, di bisogno non soddisfatto dalle ordinarie modalità organizzative, l’USCAR effettuerà interventi a domicilio”.
 
“Invero, le USCA - osserva ancora il Tar -, così come previste dal legislatore nazionale, rappresentano le figure centrali ed esclusive della gestione dei pazienti COVID non ricoverati in ospedale, consentendo ai MMG e i PLS di continuare a lavorare in piena sicurezza, gestendo soltanto i pazienti NON COVID, tenendosi lontani dal rischio epidemiologico derivante dalla gestione di pazienti con possibile promiscuità e sovrapposizione di patologie. In particolare, dette USCA assolvono alla funzione di coadiuvare, potenziare ed implementare la Medicina del Territorio facendosi carico della gestione – visite domiciliari incluse - dei pazienti affetti da COVID 19 (ovvero sospetti COVID-19) che non necessitano di ricovero ospedaliero. La puntualizzazione della dotazione del ricettario del Servizio Sanitario Nazionale in capo ai medici delle USCA chiarisce la loro natura ad adiuvandum della Medicina del Territorio (cfr. art. 8 D.L. 14/2020 trasfuso nell’art 4 bis della L. 27/2020). Pertanto, la Regione Lazio ben poteva - in piena legittimità e legalità di provvedimento - istituire la App Lazio doctor, il Referente Covid e le USCAR, ma avrebbe comunque dovuto dare attuazione all’art. 8 del D.L. 14/2020 ora art. 4 L.27/2020 istituendo (nel termine perentorio di 10 giorni) le USCA”.
25 novembre 2020
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