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Lombardia. Riforma cronicità. “Abbiamo lanciato una sfida epocale e raccolto un consenso straordinario da parte dei medici”. Intervista all'assessore Gallera
L'assessore al Welfare, ribadisce la sua soddisfazione per le circa 2400 adesioni da parte dei medici di medicina generale per la presa in carico dei pazienti cronici all'interno del nuovo sistema messo in campo dalla Regione. "Tutto questo è avvenuto nonostante campagne a nostro danno portate avanti con metodi eticamente gravissimi da parte di alcuni sindacati medici". E sulle accuse di garantire solo un'assistenza minima ai pazienti: “Sarà tutto misurato attorno alle loro reali necessità. E di queste se ne occuperanno i loro medici di fiducia". 
04 AGO - "Il 45% dei medici di medicina generale, 2.393 su 5364, ha deciso di cogliere con Regione la sfida intrapresa per migliorare la qualità della vita degli oltre 3.000.000 di pazienti cronici lombardi, candidandosi alla loro presa in carico". Così lo scorso 1° agosto l'assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, commentava i dati relativi ai medici di medicina generale che si sono candidati a gestori o co gestori della presa in carico dei pazienti cronici lombardi, alla luce della legge di riforma del sistema sanitario regionale. Numeri che sono stati ieri illustrati in maniera più dettagliata a Milano nel corso di una conferenza stampa.
 
Non sono mancate le polemiche, da parte delle opposizioni e di alcuni sindacati medici che hanno invece additato queste adesioni come di un "flop" che denoterebbe la scarsa adesione dei camici bianchi a quanto messo in campo dalla Regione.
 
Assessore Gallera, sul piano cronicità va avanti da giorni una polemica sulle adesioni. Lei ieri ha risposto al Pd. Su Quotidiano Sanità anche lo Smi la ha accusata di non aver tenuto conto, nelle sue percentuali, dei 1200 pediatri di famiglia che lavorano in Lombardia. Cosa risponde?
Partiamo da un presupposto: quella che noi stiamo lanciando è una vera sfida epocale per la sanità. Stiamo di fatto cambiando il modo di lavorare di tutti i medici. È un percorso che mette in rete i diversi saperi e stravolge l'attuale paradigma da cui muove la sanità. Questo progetto regionale non è altro che il prosieguo della sperimentazione CReG iniziata nel 2012 che ha visto il coinvolgimento dapprima di circa 500 medici fino ad arrivare a circa 800 nel 2017 con la presa in carico di circa 200.000 pazienti cronici. Passiamo da 800 a 2400 medici e da 200.000 a un milione di pazienti trattati. Quanto alle polemiche su questi numeri, come ho già avuto modo di spiegare, quel 45% è una valutazione tendenziale che dà la misura delle adesioni che abbiamo ad oggi registrato. Non sono stati contemplati i 900 medici di medicina generale che, avendo compiuto i 65 anni, presumibilmente andranno in pensione nel giro di uno o due anni. Ma soffermarsi su questo è una strumentalizzazione politica. Quanto ai pediatri, ha sposato il progetto circa il 25% di loro ma bisogna sottolineare che, fortunatamente, non abbiamo un grande numero di bambini con cronicità.
 
Conferma quindi la sua soddisfazione per questi dati?
Assolutamente sì. Questi numeri vanno al di là delle nostre più rosee aspettative. A questo aggiunga che ci sono pervenute 330 domande di gestori, per fare alcuni esempi: San Raffaele, Auxologico, Galeazzi, San Donato, Humaintas, Maugeri e tanti altri ancora. Devo dire che questa nuova mentalità sta 'contaminando' i diversi stakeholders. C'è poi da dire che i numeri vanno anche inquadrati tenendo conto della campagna, a tratti vergognosa, condotta contro la riforma da diverse sigle sindacali.
 
Si spieghi meglio.
Ogni critica è lecita, così come la possibilità di far ricorso impugnando gli atti della Giunta come già avvenuto.Detto questo, reputo inaccettabile le pressioni verso i colleghi medici o addirittura l'utilizzo del Siss (sistema informativo sociosanitario) per l'invio di lettere con le quali si invitava i pazienti a non aderire al nuovo progetto. Ecco questo è eticamente gravissimo. Alla luce di questi accadimenti non posso che considerare un successo il fatto che tanti medici abbiano colto le positività di questa innovazione.
 
Tra l'altro si può parlare di risultato provvisorio, per le adesioni ci sarà tempo fino al prossimo 30 settembre, giusto?
Sì, anche perché solo a settembre si concluderanno le valutazioni sulle idoneità dei gestori, co-gestori ed erogatori. 
 
Tra le accuse mosse alla riforma, Ivan Cavicchi ha parlato di una sorta di cura di Stato di stampo mutualistico cioè menù fissi a costo fisso differenziati per classi di patologie. Cosa ne pensa?
Assolutamente non è così. Anzi direi il contrario. Il paziente si rivolgerà al suo medico che proporrà a lui un PAI (piano assistenziale individuale). Questo consisterà nella prescrizione di farmaci, di esami di laboratorio, visite specialistiche o prestazioni di diagnostica strumentale. Un abito cucito su misura sulla base dei suoi bisogni. Il punto di riferimento per il paziente resterà sempre il suo medico di fiducia per tutti i suoi problemi di salute, ma sarà supportato, per quanto riguarda la sua patologia cronica, dal centro servizi della cooperativa che provvederà a prenotare visite specialistiche ed esami previsti dal Piano Assistenziale Individuale, e a controllare che questi siano stati i fatti. Gli sarà anche chiesto se sarà stato soddisfatto del servizio ricevuto. Insomma a me sembra un bel passo in avanti soprattutto per i pazienti. Poi, ovvimanete abbiamo previsto dei set di riferimento all'interno dei quali verrà elaborato il PAI. Ma si tratterà unicamente di un 'menù' all'interno del quale il medico avrà libertà di muoversi a seconda delle esigenze del paziente. 
 
Il timore è che al paziente venga riconosciuto solo un livello minimo di assistenza, al di là del quale dovrà integrare personalmente con le proprie risorse.
Partiamo da un presupposto, quello odierno è un sistema fintamente universalistico. Noi con il PAI vogliamo andare a dare risposte a quelli che sono i reali bisogni dei pazienti. Bisogni che non verranno individuati a tavolino da noi, ma dai loro medici curanti. Poi, per intendersi, se sarà necessario qualcosa in più, il medico motivando scientificamente la sua richiesta sarà libero di agire sulla base delle necessità del paziente. Non esiste un 'menù' rigido all'interno del quale il medico sarà impossibilitato a muoversi. L'obiettivo è garantire in tempi certi tutto ciò che è clinicamente necessario, cosa che ad oggi il Ssn non garantisce quasi da nessuna parte. Poi è evidente che non si potranno, ad esempio, prescrivere decine di esami inutili ad un paziente solo magari per calmare la sua ipocondria. I set servono anche a questo, a misurare l'efficacia e la sostenibilità del sistema messo in campo. Questo credo sia un principio di equità ma anche di sostenibilità per la futura garanzia di un sistema sanitario pubblico efficiente.
 
Ha già avuto modo di confrontarsi con altre regioni, il modello Lombardia è già attenzionato da qualcuno in particolare?
Al momento posso solo dire che alcune Regioni ci hanno chiesto le delibere per studiarlo. Ma non solo, anche diverse realtà internazionali si sono interessate al nostro lavoro.
 
Giovanni Rodriquez
04 agosto 2017
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