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Toscana. Rossi: “No a chiusura piccoli ospedali. Non voglio città in ‘salute’ e periferie povere di cure”
Ampia realzione del presidente in Consiglio regionale sulla riforma della sanità (vedi testo integrale). "Non so come faranno le altre regioni perché a tagli di questa entità si può far fronte solo con determinazione e coraggio. Non vorrei che alla fine venga fuori che, poiché è fallita la sanità pubblica, ci si debba inventare la sanità privata".
03 MAR - I costi dei servizi offerti ai cittadini toscani e il loro livello di qualità “non sono compatibili con la manovra prevista dal disegno di legge stabilità 2015” che prevede “complessivamente 441 milioni di risorse in meno”. In particolare per la sanità “la manovra vale 210 milioni che diventano circa 250 tenuto conto che dovrà coprire ulteriori costi crescenti, per esempio per farmaci anti epatite , stimati in circa 40 milioni per il 2015”. Sono le valutazioni espresse dal governatore, Enrico Rossi, nel corso della sua comunicazione in Consiglio regionale su ‘Il sistema sanitario toscano: un sistema sanitario pubblico, di qualità, per tutti”.

Per Rossi esistono margini “di ulteriore efficienza e di lotta agli sprechi anche nel Sistema Sanitario Toscano”, soprattutto per quanto concerne “farmaceutica, dispositivi medici e nuove tecnologie”. Si tratta di ambiti in cui è quindi possibile risparmiare, come anche “le innovazioni organizzative e gestionali nell’offerta dei servizi e il ridisegno dei sistemi macro organizzativi”. Tuttavia essi producono “un risultato solo parziale rispetto agli oltre 250 milioni previsti a carico del bilancio sanitario della Toscana”.

Il principio fondamentale evidenziato lascia infatti spazio a poche interpretazioni. “Le modalità tipiche della spending review non consentono una riduzione strutturale del costo del sistema sanitario toscano, a fronte, invece, di una riduzione strutturale e di lungo periodo del finanziamento sanitario nazionale”.

Per sbrogliare questa intricata matassa un’opzione potrebbe essere quella di “ridisegnare e ristrutturare l’offerta ospedaliera, con la chiusura dei piccoli ospedali”. Una possibilità che Rossi non vede però di buon occhio, in quanto determinerebbe “una separazione nella comunità toscana, incrinando la sua equità territoriale, con un centro ricco di salute e una periferia povera di cure”. E’ per questo che, ragiona il governatore, “altre devono essere le strade da percorrere”. Piuttosto è preferibile puntare su “un coerente ridisegno territoriale della disponibilità delle competenze e delle tecnologie necessarie”.

Il dato di partenza, spiega Rossi, è che “la funzione ospedaliera come luogo e dimensione per la cura della complessità e delle acuzie, non può ulteriormente progredire come sommatoria di attività separate, anche competitive”. Le patologie di interesse ospedaliero, infatti, “sempre più rappresentano una famiglia di patologie che necessitano risposte diverse offerte secondo un gradiente crescente direttamente per complessità e inversamente per frequenza”.

In questa ottica emerge l’assunto alla base della riorganizzazione del Ssr che ha in mente Rossi: “Le singole aziende sanitarie locali hanno sempre più difficoltà ad assicurare l’universo dei bisogni specialistici dei propri cittadini, in quei particolari che correlano, in termini di esito delle cure erogate, con un rapporto volume/esiti non congruente con l’epidemiologia demografica , e quindi il bacino, delle singole aziende. E’ infatti sempre più difficile avere un rapporto costo/efficacia sostenibile in ciascuna realtà territoriale”.

Il governatore ritiene che, strutturalmente, la dimensione media aziendale “mal si adatta alle attuali esigenze di programmazione dei servizi specialistici ospedalieri che trovano la loro dimensione ottimale in un bacino di circa 1 milione di abitanti”. E’ per questo che Rossi propone “una programmazione per territori più ampi, che evita duplicazione di competenze e ridondanze di tecnologie, più equa per i territori, non maggiore accentramento di servizi . E’ questa – ha sottolineato – la riforma toscana!”.

L’idea di fondo è quindi quella di implementare una programmazione “finalisticamente unitaria della Azienda ospedaliero-universitaria e/con l’unica azienda sanitaria locale di Area vasta risultante dalla fusione delle precedenti aziende sanitarie locali”. Un piano attuabile, però, soltanto mettendo in campo “una riorganizzazione delle dotazioni organiche sanitarie mediante strumenti come l’esubero che consentono di ristrutturare e ridisegnare la nostra organizzazione, in numero e ruolo del personale assegnato, nei nostri servizi, liberando risorse strutturali per circa 100 milioni”.
 
"Non so come faranno le altre regioni - ha concluso Rossi - perché a tagli di questa entità si può far fronte solo con determinazione e coraggio. Non vorrei che alla fine venga fuori che, poiché è fallita la sanità pubblica, ci si debba inventare la sanità privata. Al contrario, io sono convinto che il servizio sanitario pubblico, un servizio di qualità, per tutti i cittadini, debba essere salvaguardato. E si può farlo solo riorganizzandolo in profondità". 
 
Gennaro Barbieri
03 marzo 2015
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