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Terzo Settore. Di Piazza (Sott. Lavoro): “No profit terza dimensione del nostro Paese dopo lo Stato e il Mercato”
"Il contributo fornito dal Terzo settore rappresenta una notevole fonte aggiuntiva e sussidiaria al sistema welfare del nostro Paese. E questo è molto importante ai fini dello sviluppo di una nuova economia nel momento in cui la crescente frafgilità sociale fa emergere nuovi bisogni che rischiano di restare insoddisfatti”. Così il sottosegretario al Lavoro intervenendo oggi all'Assemblea generale dell'Aris.
04 DIC - “Il settore no profit nel nostro Paese rappresenta la terza dimensione dopo lo Stato e il mercato. Ciò è dovuto alla costante crescita in questi ultimi anni delle organizzazioni del Terzo settore, in tutte le forme giuridiche previste dalla legge”: una realtà della quale la politica dovrà prenderne coscienza. Lo ha detto il sottosegretario al Lavoro Stanislao Di Piazza oggi all’Assemblea Generale dell’Aris dedicata al tema “Economia e carisma: Gestire bene per servire meglio”.  
 
In Italia operano oggi 350.000 organismi compresi nella formula del Terzo settore, tra i quali numerose le associazioni che operano nel settore socio-sanitario coinvolgendo un milione circa di addetti e facendo registrare un valore economico complessivo pari a circa 8 miliardi di euro. Una realtà “tradizionalmente forte” l’ha definita Di Piazza, “ambito vitale non solo per la solidarietà ma anche per l’economia e la tenuta stessa del sistema Paese”. 
 
Un settore che sta ora vivendo con slancio le novità introdotte dalla Recente riforma così come delineata dal Codice del Terzo settore. Il senso complessivo di tale riforma “è quello di aiutare le associazioni – ha specificato il senatore – a passare da una visione soggettivistica ad una visione sistemica e collettiva basata su una gestione manageriale e sulla capacità di attivare partecipazione e coinvolgimento”. Naturale dunque il legame esistente tra il Terzo settore e l’area dei servizi socio-sanitari. Un legame basato su relazioni che hanno “carattere dinamico dipendendo dall’organizzazione del sistema di protezione sociale che – ha precisato Di Piazza – è mutevole nella sua articolazione in quanto legata alle autonomie locali e alle risorse messe a disposizione”.

Effettivamente il welfare rappresenta una componente sostanziosa del bilancio dello Stato in termini di spesa. Una spesa che “seppur dovuta – ha riconosciuto Di Piazza – difficilmente potrà essere sostenibile nel prossimo futuro, soprattutto se pensata con un costante aggravio sulle casse dello Stato”. Di qui la proposta di dare vita “ad un welfare integrato da parte degli operatori del settore e da parte della politica”. Innegabile che da questo punto di vista il contributo fornito dal Terzo settore rappresenta una notevole fonte aggiuntiva e sussidiaria al sistema welfare del nostro Paese. E questo è molto importante “ai fini dello sviluppo di una nuova economia – ha sottolineato il sottosegretario al Ministero del Lavoro – nel momento in cui la crescente frafgilità sociale fa emergere nuovi bisogni che rischiano di restare insoddisfatti”. 
 
Per questo “vanno sostenute le potenzialità delle organizzazioni che operano in questo campo - ha concluso Di Piazza - dal momento che possono rappresentare un prezioso strumento per diffondere il welfare con un’ampia offerta tarata su specifiche esigenze del territorio” e costituire nell’ottica del mercato “un’industria competitiva capace di attrarre investimenti e trainare a lungo termine la crescita”. Naturalmente c’è bisogno di individuare forme di collaborazione in particolar mondo con le Associazioni che sono “impegnate nell’area della salute” con le quali promuovere “forme di co-programmazione e co-progettazione, accreditamento e convenzionamento nel rispetto delle reciproche specificità”. 
 
“Su questa strada – ha sostanzialmente risposto Padre Virginio Bebber, Presidente dell’Aris- incontrerà certamente le Istituzioni socio-sanitarie che fanno riferimento alla Chiesa Italiana, che da circa sessanta anni lavorano no profit accanto alle strutture pubbliche per offrire servizio e assistenza alla fragilità umana. E che attendono un concreto e reale riconoscimento della loro opera, piuttosto che essere ancora considerate come qualcosa al di fuori del servizio pubblico nonostante la piena integrazione dal punto di vista normativo”.
04 dicembre 2019
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