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Presa in carico paziente cronico. Gizzi (Assofarm): Escludere le farmacie è un errore
"La presa in carico del paziente cronico è un qualcosa che sta succedendo nel nostro paese. In questo percorso possono esserci stati errori da più parti, miopie e anche qualche sgambetto. La più o meno evidente esclusione della farmacia dai programmi in essere può essere il frutto di tutto ciò. Di certo però c’è che l’unica cosa che può fare la farmacia è lottare con più forza per meritarsi maggiore considerazione".
31 OTT - Ora che la Presa in Carico del Paziente è pienamente entrata nel dibattito farmaceutico, essa corre i rischi peggiori. Il nostro mondo ha un modo tutto suo per annichilire le buone idee: nel momento in cui indifferenza e diffidenza non riescono più a contrastare la loro avanzata, tutti iniziano improvvisamente a parlarne, a farle proprie, ad organizzare convegni e diffondere comunicati ricchi di punti di vista al riguardo. Un’immensa chiacchierata collettiva che ha l’effetto di trasformare l’idea in un qualcosa di mitico che si estende oltre l’orizzonte. Un luogo e un tempo irraggiungibili.
 
È successo con la nuova remunerazione. Quando Assofarm ne parlò per prima nel lontano 2006, venne liquidata come cosa non prioritaria, poi improvvisamente negli ultimi anni è diventata necessità nazionale senza però che, all’alba del rinnovo della Convenzione, sia stato davvero condiviso cosa si intenda con essa.

È successo con la Pharmaceutical Care. Altro termine importato dalla nostra Federazione dalle rappresentanze delle Farmacie sociali del Nord Europa che, come da copione, dopo aver vissuto primi difficili momenti, oggi è sulla bocca di molti senza che quasi nessuno si stia prendendo la briga di passare dalle parole ai fatti.

È successo con la farmacia dei servizi. Nel 2009 squilli di trombe condussero, addirittura, alla promulgazione di una legge, il cui futuro concreto ha più che altro chiarito quale misera concezione di servizi si intendesse riservare alla farmacia.

Sta succedendo con la Presa in Carico. Puntualmente, quando il progetto Adhere doveva muovere i primi passi, sono iniziate le disquisizioni, i ripensamenti regionali su chi voleva partecipare. Tutte cose che hanno sapientemente frenato il suo primo passo bloccandolo nel limbo delle parole. Ora, finalmente, sembra che si parta!
 
Perché tutto questo?
Certo, può esserci una mancata coesione del settore. Certo, possono esserci lobby che remano contro. La nostra impressione però è che l’ostacolo più grande stia nella sostanziale e mai apertamente dichiarata assenza di considerazione per la farmacia da parte del decisore politico.

Un paio di fatti tendono a dimostrare questa nostra tesi. La più grande novità strutturale degli ultimi anni è la strategia di deospedalizzazione delle cura delle cronicità dovute all’invecchiamento della popolazione. Ebbene, quante farmacie fanno parte attiva delle Case della Salute presenti in tutta Italia? Neanche una. Altro fatto è quello dei team di Assistenza Domiciliare Integrata ADI: ne fanno parte medici, infermieri, fisioterapisti, oss, ma non farmacisti.
 
Da anni Assofarm è convinta che la farmacia abbia perso terreno all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Ma è altresì convinta che se vuole recuperarlo deve dimostrare di meritarlo.

La partecipazione dei farmacisti ai programmi di presa in carico del paziente cronico impongono una loro maggiore formazione sulla somministrazione di farmaci innovativi che oggi non conoscono perché spesso esclusivamente distribuiti dalle farmacie ospedaliere. Lo diciamo da anni. Non esistono ragioni sanitarie perchè non siano distribuiti dalle farmacie territoriali.

Partecipare all’ADI, inoltre, significa saper lavorare in team con gli altri professionisti sanitari. Una competenza che non può essere demandata ai talenti relazionali dei singoli ma necessita anch’essa di essere certificata.

Infine, riteniamo che il farmacista debba anche aver accesso a strumenti tecnici relativi alle patologie affrontate dall’ADI. Ciò faciliterebbe il suo compito, a patto che egli sappia usare al meglio le informazioni contenute in questi database. Il tutto, ben inteso, nel rispetto dei ruolo dei singoli protagonisti. 
 
Il progetto sperimentale Adhere permette al farmacista di lavorare su questi aspetti critici, e pertanto gli offre la possibilità di dimostrare sul campo i suoi meriti. Meriti perdipiù validati da un comitato scientifico indipendente che avrà il compito di valutare, oltre alla’aderenza, le effettive efficace ed efficienze di spesa dalla presa in carico. E’ necessario dunque accellerare l’avvio di Adhere che significherebbe oggi, una volta tanto, produrre fatti concreti e passare dal Mito all’attuazione.
 
Viceversa non procededre in tale direzione significherebbe anche menomare fortemente il valore sanitario della farmacia italiana.
Quest’ultimo processo è già in atto. Negli ultimi nove anni la distinta contabile riepilogativa è calata del 35%. Nello stesso periodo però il fatturato medio è rimasto sostanzialmente inalterato. Lo scontrino al cittadino compensa quanto perso nello scontrino alla Regione. La cosiddetta “deriva commerciale” sta smettendo di essere un rischio ed è prossima a diventare realtà.
 
La presa in carico del paziente cronico è un qualcosa che sta succedendo nel nostro paese. In questo percorso possono esserci stati errori da più parti, miopie e anche qualche sgambetto. La più o meno evidente esclusione della farmacia dai programmi in essere può essere il frutto di tutto ciò. Di certo però c’è che l’unica cosa che può fare la farmacia è lottare con più forza per meritarsi maggiore considerazione.
 
Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm

 
Fonte: editoriale newsletter Assofarm
31 ottobre 2018
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