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Liste attesa post Covid. Zampa: “Libera professione non deve sostituire attività ordinaria”
“Impedire che l'utente venga orientato di fatto verso la libera professione intramuraria, nel caso in cui l'attività istituzionale preveda tempi troppo lunghi per accedere alla prestazione necessaria”, così il sottosegretario alla Salute rispondendo a un’interrogazione dei 5 Stelle alla Camera.
27 LUG - La libera professione intramuraria non può essere la soluzione per rispondere alla domanda di assistenza e prestazioni crescente in questa fase post Covid. Questo il senso della risposta fornita venerdì scorso alla Camera dalla sottosegretaria alla salute Sandra Zampa all’interrogazione presentata da diversi esponenti del Movimento 5 Stelle con la quale si chiedeva al Governo “quali iniziative intenda assumere per risolvere il problema delle liste d'attesa ambulatoriali, valutando per esempio di contemperare la dignità professionale e il trattamento economico adeguato agli operatori sanitari con eventuali limitazioni alle prestazioni in libera professione e con intervento a titolo gratuito da parte dei servizi sanitari”.
 
Ma ecco di seguito la risposta integrale della sottosegretaria Zampa:
Signor Presidente, onorevole Zolezzi, onorevole Lapia, grazie per questa interpellanza, che offre al Ministero la possibilità di intervenire su un tema delicatissimo e di grande sofferenza in diverse zone dell'Italia, in particolare in questo caso in Sardegna.
L'emergenza sanitaria determinata dalla pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova il Sistema sanitario nazionale e ha causato una ricaduta su buona parte dei servizi sanitari a disposizione dei cittadini. In particolare, questo è avvenuto in materia di visite ambulatoriali, ma anche riguardo agli interventi chirurgici differibili, rispetto ai rischi e alle concrete difficoltà che derivavano dall'emergenza pandemica.
 
Diverse regioni, al fine di fronteggiare la crisi sanitaria ed incrementare la dotazione di posti letto di terapia intensiva, hanno rimodulato nei mesi scorsi, o sospeso - ma certamente vi è noto questo - le attività erogate, sia di ricovero, sia ambulatoriali; in questo caso, si tratta di attività o ricoveri differibili e non urgenti, incluse quelle offerte in regime di libera professione intramuraria.
 
Peraltro, ciò è avvenuto in attuazione di uno specifico obbligo di legge; mi riferisco all'articolo 13 del decreto-legge n. 14 del 2020, laddove si prevedeva che, al fine di impiegare il personale sanitario delle strutture pubbliche o private prioritariamente nella gestione dell'emergenza, le regioni e le province autonome erano autorizzate a rimodulare o a sospendere le attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti e in questo erano incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria.
 
Allo scopo di rendere omogenee sull'intero territorio nazionale le iniziative di riorganizzazione sia delle attività ospedaliere di ricovero diurno e ordinario, sia quelle ambulatoriali, il Ministero della Salute ha fornito una serie di indicazioni operative, che sono state condivise con il Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile.
 
Sempre il Ministero della Salute è, inoltre, intervenuto a disciplinare la materia con le circolari n. 7422 del 16 marzo 2020 e n. 8076 del 30 marzo 2020, concernenti la programmazione e la gestione delle liste di attesa, che sono state diramate per fornire indicazioni e chiarimenti volti a rendere coerenti e omogenei nel territorio nazionale i vari interventi di riorganizzazione adottati a livello locale per il contenimento dei rischi di diffusione del virus SARS-COV-2 nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.
 
Il Governo ha, inoltre, varato in questi mesi un articolato pacchetto di misure volte al rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, anche con specifico riferimento all'assistenza territoriale. In particolare, il decreto-legge n. 34, del 19 maggio scorso, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, proprio al fine di potenziare l'offerta dei servizi, ha destinato rilevanti risorse finanziarie all'efficientamento dell'assistenza territoriale e della rete ospedaliera, riconoscendo nel contempo specifici incentivi economici per gli operatori sanitari impegnati in questi mesi nell'emergenza da COVID-19.
 
Nella consapevolezza che i tempi di attesa costituiscono uno dei determinanti fondamentali della qualità dell'assistenza percepita dagli utenti del Servizio sanitario nazionale e, qualche volta, della salute stessa, gli interventi ora ricordati, assicurando una maggiore disponibilità di risorse umane e un'efficiente riorganizzazione dei servizi consentono alle regioni, alle province autonome e alle aziende sanitarie di incrementare l'offerta sanitaria, con conseguenti effetti positivi sulla gestione delle liste di attesa, così da garantire a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni certi, tempi certi e soprattutto appropriati.
 
Resta fermo che, come segnalato dagli onorevoli interpellanti, la libera professione intramuraria la cui ratio è quella di garantire un servizio aggiuntivo da parte delle stesse aziende, assicurando la possibilità ai cittadini di scegliere il professionista a cui fare riferimento, deve essere governata, al fine di garantire un corretto equilibrio tra le attese per l'attività istituzionale e per quella libero-professionale e impedire che l'utente venga orientato di fatto verso la libera professione intramuraria, nel caso in cui l'attività istituzionale preveda tempi troppo lunghi, come nel caso illustrato, per accedere alla prestazione necessaria.
 
In questo senso, il Piano nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 mette a disposizione delle aziende specifiche misure volte a garantire che “in caso di superamento del rapporto tra l'attività in libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi già individuati dalla regione, si attua il blocco dell'attività libero-professionale, fatta salva l'esecuzione delle prestazioni già prenotate”.
 
Al riguardo occorre considerare che, al fine di integrare l'offerta istituzionale per il governo delle liste e il contenimento dei tempi di attesa, le aziende sanitarie possono utilizzare prestazioni in regime libero-professionale, i cui oneri però devono essere sostenuti economicamente dalle aziende stesse, riservando al cittadino solo l'eventuale partecipazione al costo, cioè il cosiddetto ticket, secondo quanto previsto dallo stesso Piano nazionale e dai contratti collettivi nazionali di settore.
 
Ritornando alle iniziative avviate dal Ministero della Salute per risolvere il problema delle liste di attesa, determinato dalla sospensione delle prestazioni differibili durante il lockdown, voglio ricordare che, in seguito all'evoluzione della situazione sanitaria e con l'avvio della cosiddetta “fase 2”, il Ministero ha provveduto a diramare la circolare n. 11408 del 1° giugno 2020, concernente le “Linee di indirizzo per la progressiva riattivazione delle attività programmate considerate differibili in corso di emergenza da COVID-19”, finalizzata alla riattivazione in sicurezza dei servizi socio-sanitari, ridotti o sospesi a causa dell'emergenza causata dalla pandemia, nonché al progressivo ripristino della totalità dei servizi erogati nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza.
 
Le regioni e le province autonome hanno affrontato la ripresa delle attività assistenziali sanitarie ricorrendo a varie modalità, con l'emanazione di atti regionali, ovvero delegando alle proprie aziende sanitarie la formalizzazione di strategie e di interventi a livello locale. Nella piena consapevolezza che le difficoltà della situazione reale e la varietà degli interventi intrapresi possano determinare disuguaglianze erogative a svantaggio dei cittadini, il Ministero della Salute, molto di recente - mi riferisco, infatti, al 9 luglio 2020 - si è reso disponibile a un confronto con le regioni e con le province autonome al fine di poter dimensionare il fenomeno attualmente esistente e per condividere in sinergia gli interventi ritenuti maggiormente appropriati, tenuto conto delle iniziative in comune già contemplate nel Piano nazionale per il governo delle liste di attesa, a cui già ho fatto riferimento.
 
Al momento attuale è in corso l'esame delle indicazioni sulla questione pervenute dalle regioni e dalle province autonome. Segnalo, inoltre, che il 16 luglio 2020 si è riunito l'Osservatorio nazionale sulle liste d'attesa, che è stato istituito nel 2019, con il compito di supportare le regioni e le province autonome nell'implementazione delle disposizioni di cui al Piano che ho già più volte citato, il Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2019-2021, e nel contempo di effettuare l'analisi delle criticità rilevate, per fornire indicazioni tese a rendere omogenei i comportamenti sull'intero territorio nazionale, al fine di assicurare uniformità nell'erogazione dei LEA, dando una risposta tempestiva, efficace e appropriata ai bisogni assistenziali dei cittadini.
 
Nel corso della riunione l'Osservatorio ha condiviso le attività istruttorie relative al Fondo per l'implementazione e l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture sanitarie di cui all'articolo 1, comma 510, della legge 30 dicembre 2018 n. 145. In particolare, è stato condiviso il cronoprogramma delle attività dell'Osservatorio, da espletare entro il 31 dicembre 2020, rimodulato proprio in seguito alla specifica situazione scaturita dall'emergenza pandemica.
 
Da ultimo, attesa la complessità, la delicatezza e l'attualità di questa tematica, anticipo che è alle valutazioni politiche anche la possibilità di intervenire con specifiche disposizioni normative al fine di affrontare e risolvere in modo sistematico la questione delle liste d'attesa, e ciò anche attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie integrative.
27 luglio 2020
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