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Nota aggiornamento Def. Mandelli (FI): “Sanità sotto soglia di sicurezza indicata da Oms. E c'è il problema del super ticket”
"La spesa sanitaria si riduce sotto la soglia del 6,5%, livello soglia per Oms di riferimento rispetto alla sostenibilità del sistema". Così il vicepresidente della Commissione Bilancio  intervenendo oggi in Aula al Senato nel corso delle dichiarazioni di voto sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.
04 OTT - "La spesa sanitaria che è agganciata al PIL e che quindi dovrebbe crescere e invece si riduce sotto la soglia del 6,5%, livello soglia per Oms di riferimento rispetto alla sostenibilità del sistema. E giusto per enunciarlo c'è il grande problema del super ticket. Concludendo, questa Nadef programma i conti pubblici, non su interventi strutturali, ma ancora sulle variabili esogene, che vedono l'economia del mondo in un ciclo favorevole di crescita".
 
Così il vicepresidente della Commissione Bilancio, Andrea Mandelli (FI), intervenendo oggi in Aula al Senato nel corso delle dichiarazioni di voto sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.
 
Riportiamo di seguito il discorso integrale di Mandelli:
 
"Anche questo secondo documento previsionale del Governo Gentiloni conferma la ratio della politica economica dei governi di centro sinistra dal 2014 ad oggi. Con l'intento di fare crescita è stata utilizzata soprattutto la leva del deficit di bilancio. Ma l'effetto espansivo sul PIL si è rivelato quantitativamente inferiore a quanto raccolto in più sul mercato finanziario.
 
Per capirci con qualche semplice numero: dopo 4 anni e oltre 164 miliardi di spesa in deficit abbiamo un PIL a 1.716,5 miliardi, cioè 26 miliardi in meno di quanto atteso nel 2014.
Tutti i documenti programmatici, e le relative manovre, hanno via via posticipato l'obiettivo del pareggio di bilancio che, inizialmente previsto per il 2018, viene ora rinviato al 2021.
E il maggior deficit per il prossimo anno (0,6 in più sul tendenziale), in realtà è di 1,9 punti percentuali maggiore rispetto al dato previsionale del primo DEF di Renzi.
 
Buona parte del maggiore indebitamento netto verrà utilizzato per coprire la clausola di salvaguardia per il 2018, scongiurando il previsto aumento delle aliquote IVA all'11,5 e al 25 per cento, e una parte dell'aumento per il 2019.
E, quindi, rimangono ulteriori 45 miliardi di clausole dal 2019 al 2021, che dovranno essere disinnescate dal prossimo governo.
Guardando la tabella allegata all'audizione di ieri del Ministro alla 5^, l'aumento dell'IVA avrebbe avuto un effetto depressivo sul PIL dello 0,3 per cento.
E l'intera manovra - quasi 20 miliardi - vale lo 0,31. Cioè tutte le altre misure, lodate e decantate, avranno un impatto dello 0,01 del PIL!
 
Si avranno nuove entrate per 5,1 miliardi e ciò significa: nuovi condoni fiscali ovvero nuove tasse ovvero riduzione di agevolazioni fiscali, cioè, comunque maggiori tasse che si abbatteranno su professionisti, sui lavoratori e sui lavoratori autonomi.
E intanto lo stock del debito è salito oltre i 2.300 miliardi, grazie a una spesa pubblica cresciuta senza sosta.
 
Riassumendo, dal 2014 al 2017 si sono avuti:
156 miliardi di maggiore PIL, 
164 miliardi di maggiore spesa in deficit, 
233 miliardi aggiunti allo stock del debito.
Questi dati, quindi, sconfessano i "partigiani" della spesa ad ogni costo.
 
La spesa deve essere "di qualità" e consentire di avvalersi di "moltiplicatori" sulla crescita economica.
Altrimenti non si tratta di spesa, ma di sprechi e di clientele. 
Così come è stato vanificato il favore della BCE, perché, nonostante gli interessi sul debito siano scesi di 24 miliardi in quattro anni, essi sono ancora di circa 20 miliardi annui superiori a quello dei nostri principali competitori europei. 
Si tratta di risorse "vere" tolte agli investimenti. Non basta quindi la riduzione del rapporto debito/PIL. È necessaria una riduzione dello stock prima che risalgano gli oneri per farvi fronte. 
Sempre in tema di riduzione dello stock appare timida la politica sulle privatizzazioni.

A chi chiede un nuovo intervento sulle pensioni rispondiamo di no, perché adesso serve un serio lavoro di razionalizzazione delle quasi 8 mila amministrazioni che partecipano al conto consolidato dello Stato, per liberare risorse per gli investimenti.
A questo va aggiunto un responsabile intervento sulle società partecipate, per le quali le cosiddette riforme di questa legislatura si stanno rivelando assolutamente inadeguate. 

E preso atto che sono previsti circa 500 mila esodi dalla PA verso gli enti di previdenza pubblica, prima di ogni turn over su piante organiche ormai obsolete, andranno verificate le effettive necessità del perimetro pubblico, che conta 1 lavoratore su 7 in Italia.
Così come bisognerà eseguire interventi per rendere dinamico ed inclusivo il mercato del lavoro, regolato ormai dalla legge Fornero, che impedisce agli ultracinquantenni di andare in pensione e dove 8 nuovi lavoratori su 10 sono a tempo determinato.

Accenno solo velocemente al problema di una spesa sanitaria che è agganciata al PIL e che quindi dovrebbe crescere e invece si riduce sotto la soglia del 6,5%, livello soglia per Oms di riferimento rispetto alla sostenibilità del sistema. E giusto per enunciarlo c'è il grande problema del super ticket.
Concludendo, questa Nadef programma i conti pubblici, non su interventi strutturali, ma ancora sulle variabili esogene, che vedono l'economia del mondo in un ciclo favorevole di crescita.

Le riforme credibili sono mancate in questi quattro anni caratterizzati da bonus in uscita, una tantum in entrata e una spesa pubblica improduttiva in crescita, al posto di una oculata spending review.
La fuga degli investimenti dal nostro Paese - pari a una cifra che è quasi un decimo del PIL italiano - è, purtroppo, il giudizio più obiettivo, ma anche più severo, che viene dato all'azione dei governi di centrosinistra. 

Si tratta di somme che torneranno in Italia per innescare una crescita permanente dell'economia, quando ci saranno politiche di governo autorevoli e riforme autentiche".
 
04 ottobre 2017
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