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FarmacistaPiù. “Necessario un riassetto complessivo del Codice deontologico in vista dei prossimi cambiamenti del settore”. Intervista a Carmagnini (Fofi)
"Siamo alla vigilia di una trasformazione radicale del servizio farmaceutico, con la possibilità per i non farmacisti di essere titolari di farmacia. Di qui la necessità di individuare il limite oltre il quale la deontologia professionale impedisce di adattarsi alle logiche dell’attività economica". Così il presidente dell'Ordine di Firenze affronta uno dei temi che saranno al centro di uno dei tavoli di lavoro organizzati in occasione del prossimo convegno dei farmacisti italiani.
15 MAR - E’ evidente che i principi fondamentali dell’etica professionale non cambiano, ma è difficile negare che il mutare del contesto e delle modalità in cui si svolge la propria attività non richiedano successivi aggiustamenti. Ed è in questo ambito che assume un particolare rilievo l’esperienza concreta dei farmacisti, su cui è centrata la sessione “Protagonismo territoriale” dove figura a buon diritto il tavolo intitolato”Il codice deontologico tra etica professionale, logiche della concorrenza e impulsi del mercato”. A presiedere i lavori, Andrea Carmagnini, presidente dell’Ordine di Firenze e membro del Comitato Centrale della Fofi.
 
Dottor Carmagnini, al di fuori della professione si ha l’impressione che il Codice deontologico dei farmacisti sia sfuggito al vento del cambiamento…
Ma non è vero, basta pensare al fatto che solo pochi anni fa sarebbe stata una violazione praticare uno sconto sui medicinali da banco, e non parliamo di quelli soggetti a prescrizione, come invece è divenuto possibile a partire dal cosiddetto decreto Cresci Italia del 2010. Ancora più evidente è il caso della vendita on-line dei medicinali da automedicazione, un cambiamento radicale: per la prima volta si consentiva la cessione di un medicinale senza la presenza del farmacista. Gli adeguamenti normativi di questi anni hanno imposto un costante adattamento ma è venuto il momento di un lavoro di riassetto complessivo, ma soprattutto di riflessione in vista di mutamenti ancora più grandi.
 
Vale a dire?
Come recita il titolo di questo tavolo, siamo alla vigilia di una trasformazione radicale del servizio farmaceutico, con la possibilità per i non farmacisti di essere titolari di farmacia, individualmente o come società di capitali, e con possibilità di integrazione orizzontale e verticale. Mercato, dunque, e concorrenza tra gruppi. Di qui la necessità di individuare il limite oltre il quale la deontologia professionale impedisce di adattarsi alle logiche dell’attività economica. In passato la situazione era quella dipinta dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea a proposito della riserva della titolarità della farmacia. Nel 2009 i giudici commentarono che l’esclusiva riservata al farmacista presentava per la collettività un vantaggio: nel professionista la ricerca dell’utilità economica era temperata dalla sua natura di professionista vincolato a un codice deontologico posto a tutela della persona che si rivolge a lui. Vedremo quale strada prenderà il DdL concorrenza, ma è evidente che il farmacista potrebbe trovarsi a rispondere a un datore di lavoro che non ha i suoi stessi obblighi deontologici, e per molti aspetti finalità differenti. Tracciare un confine richiede un lavoro complesso: la promozione commerciale, per esempio, deve trovare un limite nella normativa vigente, nella natura del farmaco quale bene esistenziale e naturalmente nella tutela del cittadino paziente, ma non si può eliminare. Trovare questo limite cui mi riferivo prima richiede un’analisi approfondita anche dei cosiddetti casi limite e soprattutto delle realtà concrete.
 
Mercato, concorrenza, ingresso dei capitali sono i soli aspetti che richiedono una rielaborazione?
No, anche l’implementazione delle prestazioni professionali del farmacista comportano un’ulteriore declinazione delle norme deontologiche. Se finora l’azione del farmacista è stata prevalentemente legata alla dispensazione del farmaco, con servizi come l’I-MUR si passa a una prestazione che il farmacista, sulla base delle proprie conoscenze e capacità rivolge direttamente, alla persona. Questo pone, per esempio, il problema della selezione dei pazienti ai quali proporre questo servizio. In Gran Bretagna, qualche tempo fa, si è discusso sulla possibilità che l’MUR fosse stato erogato a pazienti che non erano in grado di beneficiarne, per esempio perché affetti da deficit cognitivi. Se la professione giustamente vuole che questa e altre prestazioni vengano riconosciute e retribuite, non soltanto dovranno essere validate sul piano tecnico-scientifico, ma dovranno essere incardinate anche sul piano deontologico. E’ ovvio: resta fermo il “primo non nuocere”, ma il principio va tradotto nel nuovo contesto.
 
Un obiettivo da raggiungere subito?
Creare un maggiore coinvolgimento dei giovani su questi aspetti. Nel mio ordine, all’atto dell’iscrizione, consegniamo ai nuovi colleghi il codice deontologico. E’ una prescrizione, certamente, ma anche un invito a riflettere e discutere sulla deontologia, che dovrebbe trovare maggiore spazio anche nel corso di studi. Sono convinto che chi sceglie di essere farmacista lo faccia soprattutto perché vuole essere un professionista della salute. Il Codice deontologico tenuto al centro della nostra attività perché è la principale garanzia del farmacista e del cittadino di fronte a qualsiasi deriva mercantilistica. 
15 marzo 2017
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