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FarmacistaPiù. “Il futuro della farmacia è la farmacia dei servizi”. Intervista a Gerosa (Fofi)
"Il farmaco innovativo dispensabile sul territorio non può che tornare in una farmacia dei servizi per la natura stessa dei nuovi medicinali, che richiedono un monitoraggio differente da parte del professionista". Questo il pensiero del membro del Comitato centrale della Fofi che, proprio su questo tema, sarà protagonista di uno dei tavoli di lavoro organizzati in occasione del Convegno dei farmacisti italiani in scena a Milano dal 17 al 19 marzo.
15 MAR - Nella sessione del sabato pomeriggio di Farmacista Più, dedicata al Protagonismo dei territori, non poteva mancare un tavolo dedicato a “Servizi in farmacia e farmacia dei servizi”. Un tema che è stata la Fofi, con il documento federale sulla professione del 2006, a porre al centro dell’attenzione. “Da allora sono stati ottenuti molti risultati importanti, a cominciare dalla Legge 69/2009, al finanziamento dell’applicazione sperimentale dell’I-MUR previsto nella Finanziaria 2016, ma non siamo ancora arrivati al traguardo” dice Giovanni Gerosa, membro del Comitato centrale della Federazione degli Ordini, che presiederà questo tavolo.
 
Dottor Gerosa, perché distinguere servizi in farmacia e farmacia dei servizi?
Perché effettivamente in farmacia si possono rendere servizi senz’altro utili per il cittadino ma che prescindono dal ruolo del farmacista. Penso al servizio di CUP o alla riscossione dei ticket che, in effetti, in alcune regioni vengono già resi da tempo. Altri servizi, come l’ipotesi fantasiosa del pagamento delle utenze, mi paiono poi assolutamente al di fuori della funzione della farmacia come presidio sanitario, al di là della loro effettiva utilità. Cosa differente è il modello della farmacia dei servizi che invece fa leva proprio sulla preparazione del farmacista, sulla sua prerogativa di specialista del farmaco, e sulla natura di presidio sanitario della farmacia di comunità. Non a caso si parla di servizi cognitivi, cioè quelli che non dipendono da un gadget, da una app o da qualsiasi strumento materiale. Rientrano in questa sfera sia la revisione dell’uso dei medicinali, ormai nota anche in Italia, ma anche altre attività come quella che in Gran Bretagna è battezzata New Medicines Service, nella quale il farmacista prende in carico il paziente cui sia stato modificato il trattamento, per guidarlo alla conoscenza e al corretto impiego dei nuovi medicinali.
 
Qual è la situazione attuale nel percorso verso questo modello?
E’ evidente che manca un tassello fondamentale, cioè l’inclusione nell’operatività dei servizi sanitari regionali delle prestazioni della farmacia di comunità, dopo che sono stati inseriti nella revisione dei Lea di recente approvazione. Ci sono stati progressi significativi, come quello sancito dalla legge di evoluzione del sistema sanitario della Lombardia, dove queste potenzialità vengono messe a sistema, ma non è una situazione comune a tutte le Regioni. E soprattutto manca il riconoscimento della farmacia dei servizi, anche economico, all’interno della Convenzione. Questo aspetto è fondamentale non soltanto per la rete delle farmacie, ma per gli stessi cittadini che devono poter accedere a queste prestazioni indipendentemente dalla loro capacità di spesa. Va osservato che l’Atto di indirizzo per il rinnovo della Convenzione siglato lo scorso 8 marzo nella Conferenza Stato-Regioni va in questa direzione. Infatti vi si prevede la remunerazione sia dei servizi in farmacia – come le prenotazioni e la consegna dei referti – sia di quelli che fanno parte della farmacista dei servizi, come il supporto all’aderenza terapeutica o la farmacovigilanza attiva. Va considerata molto positivamente anche la scelta di vincolare la remunerazione alla dimostrazione di efficacia dei servizi stessi, oltre che alla loro documentabilità. Un criterio sul quale i è improntato lo stesso progetto I-MUR.
 
Che cos’è l’Osservatorio Nazionale sulla Farmacia dei Servizi di cui si parlerà in questo tavolo tematico?
E’ un istituto che si prefigge di valutare l’attuazione in tutta Italia della farmacia dei servizi, sviluppato dall’Alta Scuola di Economia e Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, al quale la Fofi ha concesso il suo patrocinio. In breve si tratta di valutare sia che cosa è stato fatto finora, per lo più su base privatistica, per servizi previsti dalla Legge quali, per esempio, la diagnostica di prima istanza o la telemedicina. Ma anche di un importante lavoro di analisi di quali sono le peculiarità locali che possono influenzare positivamente o negativamente lo sviluppo della farmacia dei servizi così come l’evoluzione del ruolo dl farmacista di comunità. E’ un lavoro fondamentale in un paese, come il nostro, in cui l’organizzazione sanitaria è fortemente regionalizzata e, prima ancora, si rileva un quadro epidemiologico piuttosto differenziato.
 
Che cosa risponde a chi sostiene che il punto centrale, per il futuro della farmacia di comunità, è il ritorno dei farmaci innovativi?
Rispondo che il farmaco innovativo, quello dispensabile sul territorio, non può che tornare in una farmacia dei servizi. Intanto per la natura stessa dei nuovi medicinali, che richiedono un monitoraggio e un’attenzione differenti da parte del professionista, un’opera di educazione-informazione e supporto del paziente ancora più intensa. E poi vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che per molte patologie e fattori di rischio di grande impatto, come l’ipertensione o la stessa ipercolesterolemia, si continueranno a impiegare per molto tempo ancora i farmaci di sintesi che conosciamo. Ed è dimostrato che i servizi cognitivi del farmacista, la presa in carico del paziente, danno un contributo significativo al successo terapeutico. Il futuro della farmacia è la farmacia dei servizi. 
15 marzo 2017
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