30 SET - “Quanto accaduto in provincia di Caserta, con la donna che ha rifiutato la trasfusione, rappresenta l’ennesimo caso di un medico lasciato da solo a prendere decisioni difficili, senza la giusta tutela: viene da chiedersi cosa possa fare un medico costretto da un lato dal dettato dell'etica professionale di salvare delle vite, e dall'altra parte dalla volontà della paziente espressa chiaramente ma basata su opinioni religiose. Anche queste forme di mancata tutela sono uno dei motivi capaci di spingere i camici bianchi a fuggire dal sistema sanitario”. È quanto dichiara in una nota
Alessandro Garau del CoAS Medici Dirigenti, commentando la notizia della morte di una donna a seguito del rifiuto a sottoporsi a trasfusioni di sangue, in una situazione di emorragia acuta profusa.
“Da quando si apprende dai media, – continua Garau – pare che i parenti della paziente abbiano già denunciato il chirurgo per non aver praticato alla paziente l'eritropoietina, che non ha indicazione nei casi acuti; per tale motivo esprimiamo la piena solidarietà al collega che, peraltro, rischia ora un processo. Nei medici rimane quindi la sensazione che non possa esserci soluzione: la denuncia arriverà sia che il medico accetti di sottostare alle richieste del paziente, sia che agisca come gli detterebbe la sua etica”.
“Se è giusto che un paziente sia libero di rifiutare delle cure, allora è altrettanto doveroso che il medico sia tutelato da questi rischi,” commenta Garau. “Sono troppi i casi in cui i medici vengono sottoposti a lunghi e aleatori procedimenti giudiziari; tutta la narrativa sulla Sanità di questi ultimi anni, rende sempre più difficile il loro lavoro, e i giovani medici accettano sempre più l'idea di emigrare. Non è un caso che i medici italiani siano definiti come i più stressati d’Europa”.